Cinefilia, Roma e tanta, tantissima voglia di capire il Mondo che ci circonda. Possibilmente da più vicino possibile. Studies for a Close Up è il cortometraggio di Nicolò Bressan Degli Antoni, ennesima piccola chicca presente allo ShorTS International Film Festival Maremetraggio, in programma dal 28 giugno al 5 luglio, nella categoria Italia in ShorTS.
Roma, primi piani e Super8
Partiamo da Roma, luogo imprescindibile per chi ama la Settima Arte. All’ombra del Colosseo, infatti, troviamo un aspirante giovane regista, Matteo. Tra assoluti capolavori della letteratura italiana e camaleonti dai nomi felliniani, il ragazzo si mantiene lavorando come gelataio, ma non ha alcun dubbio sulla strada da intraprendere: cinema, cinema e ancora cinema.
E c’è un preciso aspetto che ossessiona Matteo, probabilmente la tecnica più potente mai esistita sul grande schermo: il primo piano. Decine, centinaia, migliaia di volti possibili, tutti da catturare grazie alla vecchia Super8 regalata da nonno John. Ed è qui che nasce la stravagante e genuina avventura di Studies for a Close-Up.
Studies for a Close Up, il cinema abbraccia la vita
Si parte da otto elementi, otto parole fondamentali per comporre la domanda chiave del cortometraggio: ‘Che cosa racconta di noi il nostro volto?’. Quesito senza epoca, a dir poco impeccabile, soprattutto se legato alla società d’oggi. La ricerca di Bressan Degli Antoni, infatti, è in primis emotiva, esistenziale, un primo piano – per l’appunto – sull’essere umano in continuo cambiamento.
E quale universo migliore, se non il cinema, per raccontare tutto ciò? Perché uno dei messaggi più belli che passa attraverso i quindici minuti di Studies for a Close Up è che tutti noi, in realtà, viviamo davanti/dietro una macchina da presa. Una macchina guidata da sguardi, pensieri, paure e infinite ambizioni. Come quelli di Gabriele Rollo – nei panni di Matteo -, Ania Rizzi Bogdan – malinconica e assorta madre del protagonista -, oppure Francesca Alati, dolce e profonda tra i quadri museali. Nel cast, inoltre, troviamo Silvio Orlando, Edoardo Purgatori e Arianna Ilari.
Sullo sfondo, una cinefilia che non si nasconde, anzi, propone continui rimandi a veri e propri mostri sacri. Un improvviso look all’Akira Kurosawa, l’identità ‘sdoppiata’ di Bibi Andersson e Liv Ullmann in Persona, la leggerezza mista a inquietudine di Jean Seberg in Fino all’ultimo respiro, i lineamenti scolpiti ma mai rigidi di Anouk Aimée in 8½. Loro potrebbero essere noi, noi potremmo essere loro, in un continuo vortice metacinematografico, orchestrato perfettamente dal montaggio di Elia Risato, le musiche di Lelio Luttazzi e la fotografia di Petref Begaj.