Un giorno, forse, si scriverà la storia del cinema a partire dai nomi propri di persona. Barbara Stanwyck era una delle regine degli anni noir; Barbara Steele, icona dell’horror italico, Barbara Bouchet, sex symbol della commedia erotica all’italiana. Ai giorni nostri si è imposta Barbara Ronchi. Messa da parte Barbra Streisand, una carriera divisa tra cinema e canto, la slovacca Barbora Bobulova è una delle attrici più amate e apprezzate dalla cinematografia nostrana. Ora ospite d’onore alla premiazione della 11° Edizione delle Giornate della Luce di Spilimbergo.
Ha interpretato spesso personaggi legati a storie molto dolenti. Penso a La regina degli scacchi di Claudia Florio, il suo primo film da protagonista, fino al recentissimo Per il mio bene di Mimmo Verdesca. Non mancano, inoltre, storie di conflitti familiari come Cuore sacro di Ferzan Ozpetek, grazie al quale è stata premiata con un David e un Nastro d’argento. e Fratelli di sangue di Davide Sordella. É lei che cerca questo tipo storie o sono loro a cercarla?
Forse un po’ tutte e due le cose. Anche la mia storia personale è un po’ particolare. Mai mi sarei sognata da bambina di trovarmi un giorno in Italia a fare l’attrice e recitare in una lingua che non è la mia A diciannove anni ho ricevuto una proposta di lavoro in Italia, e non sono cose che succedono così abitualmente. A volte, mi viene da pensare che c’era qualcuno da lassù che muoveva i fili del destino. E mi chiedo spesso: “Perché mi trovo in Italia a lavorare?”. Non ero così spavalda da andare alla ricerca della fortuna in Italia. Anzi, come persona, sono sempre molto cauta e prudente. Avevo già studiato in Accademia, facevo già l’attrice in Cecoslovacchia, da quando avevo dodici anni. Fabiola Banzi venne a Bratislava perché cercava un’attrice slava per un Tv-movie che si chiamava L’infiltrato, per la regia di Claudio Sestrieri. Mi hanno portato per la prima volta a Roma a girare questo film con Valerio Mastandrea. Poi sono tornata nel mio paese. Mi piace portare a termine le cose e volevo finire l’Accademia. Poi è arrivata un’altra telefonata dall’Italia per il provino de Il principe di Homburg di Marco Bellocchio.
Era quello un film del periodo più oscuro di Bellocchio…
Ricordo che non parlavo ancora l’italiano. Forse questo mi ha salvato. Non capivo quello che Marco mi diceva e tutto avveniva tramite un’interprete che traduceva. Mi ricordo che, a un certo punto, dissi all’interprete che non c’era bisogno della traduzione, perché lo capivo dalle sue espressioni e dai suoi gesti.
Solo per citare alcuni dei film da lei interpretati, in Anche libero va bene di Kim Rossi Stuart, è una madre anaffettiva, che non riesce a prendersi cura del marito e dei figli. Ne La bellezza del somaro di Sergio Castellitto, è una paziente un po’ svitata, e, in Cuori puri di Roberto De Paolis, una madre dura, inflessibile e fanatica. Credo che la sua forza recitativa sia quella di non caricare, mai, in maniera melodrammatica, i personaggi che le vengono affidati. La loro sofferenza si vede, c’è, ma è come se non avesse peso. Anche in quei film dove le affidano ruoli minori, grazie alla sua raffinata eleganza, la sua entrata in scena è sempre un’epifania e qualcosa di magico.
Non amo molto rubare la scena, perché dentro di me c’è un lato oscuro che, grazie a questi personaggi, riesco a far emergere, senza essere giudicata. Confesso che quando sono venuta in Italia avevo un po’ paura, perché avevo visto Sophia Loren, Anna Magnani e avevo pensato che qui la recitazione è tutta un’altra cosa. Si può dire che vengo da un tipo di recitazione più anglosassone. Forse anche per questo mi sono arrivati personaggi e storie che hanno, probabilmente, bisogno di una recitazione più asciutta. In questo, gioca un ruolo importante anche la mia indole. Mi piace la discrezione, magari non sempre funziona. Non so.
Nei film corali (ad esempio, Manuale d’amore 2 – Capitoli successivi di Giovanni Veronesi, Immaturi e Immaturi – Il viaggio di Paolo Genovese, a Scialla! (Stai sereno) di Francesco Bruni, Una piccola impresa meridionale di Rocco Papaleo….) non essendo al centro della storia, sembra avere più difficoltà a trovare uno spazio.
Sì. Sono una persona e un’attrice molto generosa. Fatico un po’ a farmi avanti, quasi come se facessi tutto perché gli altri si sentano a loro agio, a discapito mio. Nelle storie più intime e solitarie non mi succede. É anche un mio problema, relazionarmi con tante persone. Si, è vero, nelle storie corali devo cercare il mio posto. Dalla serie “Scusate, se esisto, se ci sono anche io.” Non ho questa furbizia. Lascio sempre troppo spazio agli altri. É più forte di me.
Ha la curiosità di rivedere i film che interpreta?
No. Perché ci soffro, Non è piacevole guardarsi perché mi verrebbe da dire: “No, ma che ho fatto!” É molto raro che mi piaccia e trovo sempre qualche difetto. É da masochisti andare e rivedersi.
Vorrei qualche sua riflessione su un film che adoro: La spettatrice di Paolo Franchi. Lei è Valeria, una giovane donna innamorata, platonicamente, di Massimo, il dirimpettaio. Quando lui le proclama il suo amore, invece di iniziare una relazione con lui, scappa e ritorna a Torino. Secondo lei, la sua scelta è dettata dal fatto che preferisce il sogno alla realtà o perché crede di non essere attrezzata emotivamente per viversi una storia con lui?
Credo siano valide entrambi le ipotesi.
C’è un ruolo che vorrebbe interpretare e non ha mai recitato?
É quasi un sogno irrealizzabile. I miei personaggi da sogno sono Kill Bill, Nikita e con strapoteri.
Non ha mai interpretato il genere “basso”: horror, giallo, western. Una sua scelta?
Non credo di ispirare questa fantasia nei registi. Penso che in Italia gli unici registi che potrebbero realizzare il sogno di supereroe sono Gabriele Mainetti e Gabriele Salvatores.
Il regista che l’ha sorpresa maggiormente?
Nanni Moretti. Lavorare con lui è stato bellissimo. Mi ha proprio dato una nuova linfa, cosa che non credevo soprattutto dai racconti su di lui. L’ho apprezzato così tanto, forse, perché mi aspettavo tutt’altro. Mi dicevano: farai cinquanta ciak. Invece, sono stati sette, otto, in media. Un gran signore, un regista dal quale mi sono sentita accudita, sicura e guidata. É stata per me l’esperienza più bela negli ultimi anni.
I prossimi film?
Dopo ventotto anni, sono ritornata sul set di Marco Bellocchio in Portobello. Ho appena finito a marzo, un film bellissimo, attualmente in fase di montaggio: Separazioni di Stefano Chiantini.