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Trento Film Festival

‘Paura dell’Alba’ gli ottant’anni della Liberazione

Uno sguardo visionario che dilata lo spazio filmico. Primissimi piani, con l’obiettivo della cinepresa in simbiosi con i personaggi, tra fughe, assalti e fucilazioni, si alternano a un progressivo allontanamento dall’azione, ottenendo una narrazione composta da luci e ombre, tra realtà e visione

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Paura dell'Alba

In concorso al Trento Film Festival il mediometraggio di finzione dedicato alla Resistenza, Paura dell’Alba diretto da Enrico Masi e scritto con Pier Giorgio Ardeni. Prodotto da Caucaso e Stefano Migliore, con il sostegno della Regione Emilia-Romagna, Regione Toscana e l’Unione Europea

Una ricostruzione filmica, realistica e suggestiva per celebrare l’anniversario degli ottant’anni della Liberazione.

Paura dell’Alba: la Resistenza tra Emilia e Toscana

Nell’estate del 1944, durante i 45 giorni della Repubblica partigiana di Montefiorino, si combatte una guerra civile. Nelle montagne tra Emilia e Toscana avviene il controverso episodio di cui è protagonista il gruppo di Nello Pini, colpevole di avere ucciso senza processo un gruppo di miliziani fascisti che si erano arresi. Un racconto nel silenzio degli alti crinali dell’Appennino, formalmente ibrido tra astrazione e urgenza memoriale di un frangente delicato in cui prende forma l’identità della Repubblica Italiana.[sinossi ufficiale]

Astrattismo, realismo e memoria

I partigiani erano degli esaltati, ma di buon cuore, però c’erano anche gli altri”.

Con Paura dell’Alba Enrico Masi dà il suo prezioso contributo alla celebrazione degli ottant’anni dalla liberazione dal nazi – fascismo, realizzando un film poetico, tra astrattismo, realismo e memoria. Squarci, crepe che uniscono il presente con un passato – che non deve essere dimenticato – in uno spazio simbolico, volutamente atemporale.

Come sottolinea lo stesso regista, Paura dell’Alba è una specie di eredità che lo caratterizza come artista, ma soprattutto come cittadino. La prima tappa di un itinerario che, dalle montagne tra l’Emilia e la Toscana, si estenderà fino alla Spagna, per passare dai Balcani e concludersi in Francia.

Paura dell’Alba: la sacralizzazione di un fatto reale

Si parte da un fatto realmente accaduto nel 1944, un anno cruciale per la storia del nostro Paese. I fascisti ormai in fuga, protetti dai nazisti in quel fantoccio Stato della Repubblica Sociale Italiana, i partigiani che si danno alla macchia per liberare il Paese e alcuni di loro che sognano la realizzazione del comunismo, per poi svelarsi come una pura illusione, un sogno e basta.

La realtà della cronaca viene elaborata, sacralizzata in un processo di astrattismo, di liricizzazione raffinata e commemorativa, in cui la concretezza dei fatti, fondamentale, viene trasfigurata in una dimensione visionaria, tra visibilità, sonorità e simbolismo, come una pistola di legno, un drappo rosso, un fucile e una fonte sorgiva. Uno sguardo visionario che dilata lo spazio filmico. Primissimi piani, con l’obiettivo della cinepresa in simbiosi con i personaggi, tra fughe, assalti e fucilazioni, si alternano a un progressivo allontanamento dall’azione, ottenendo una narrazione composta da luci e ombre, tra realtà e visione.

Cinema, teatro e letteratura sulla Resistenza

In questo modo Paura dell’Alba riesce a commemorare l’anniversario della Liberazione del nostro Paese in modo originale e autoriale. Nel film sono rintracciabili le innumerevoli vicende della Resistenza, della tradizione, dell’identità e della collettività dell’Italia, durante la guerra civile tra le montagne della linea gotica.

Quello di Enrico Masi è un esperimento, ben riuscito che miscela le potenzialità del cinema, del teatro e della letteratura, con brani letti da attori – testimoni che richiamano lo stile di Beppe Fenoglio. E poi la musica, curata dal regista e la compositrice Sara Ardizzoni, membro della band cult Massimo Volume, che compensa la mancanza di dialoghi, rimarcando la formula astratta su cui si basa l’intero film. Allo stesso tempo, però, utilizzando un montaggio (Carlotta Guaraldo, Enrico Masi, Ida Pellegrino) variegato, con l’utilizzo anche di materiale d’archivio, Paura dell’Alba non perde mai il contatto con la realtà.

In questo modo Enrico Masi riesce a commemorare la Resistenza, riducendo al minimo, anzi evitando del tutto, gli elementi agiografici. I Partigiani non erano guerrieri, tanto meno romantici cavalieri, ma semplicemente giovani, a volte sbandati, che nella lotta al nazi – fascismo incarnavano il proprio bisogno di riscatto in senso collettivo. Desiderio di rivendicazione per nulla confortevole, anzi disseminato di trappole ed errori. Un esempio sono i tanti giudizi sommari, già mostrati in altri film sulla Resistenza, come Mussolini ultimo atto, in cui gerarchi fascisti vengono giustiziati dai partigiani senza alcun processo.

La memoria della collettività

In Paura dell’Alba a essere ammazzato è un gruppo di ragazzi, come i partigiani, che avevano scelto, inconsapevolmente o meno, di stare dalla parte sbagliata, per poi disertare e oltrepassare la linea. Ma vengono considerati delle spie e passati per le armi da parte dei partigiani. Un errore, uno dei tanti, che ricorda la vicenda di Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo, mai stato fascista, ma ammazzato dai partigiani della Brigata Garibaldi, perché faceva parte del gruppo di Osoppo, una brigata d’ispirazione cattolica – socialista.

Conflitti interni al variegato universo della Resistenza durante la guerra civile, tutta italiana, esasperata, con tragiche conseguenze, sul finire del secondo conflitto mondiale. Così Enrico Masi realizza un valido contributo artistico e storico su un periodo complesso su cui si è basato il ritorno alla democrazia. Paura dell’Alba aiuta a celebrare la Liberazione dal nazi – fascismo, non solo come festa, ma soprattutto come riflessione su una condivisione in toto del potere della collettività.

Paura dell'Alba

  • Anno: 2025
  • Durata: 44 minuti
  • Genere: storico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Enrico Masi