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Tulipani di seta nera

‘Fiabexit’: la linea sottile tra sanità e pazzia

E se i personaggi delle fiabe uscissero dalle fiabe?

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Fiabexit è una produzione indipendente, realizzata grazie alla collaborazione registica di Lorenzo Giovenga e Giuliano Giacomelli. Figura tra i 65 corti presentati al Festival dei Tulipani di Seta Nera 2025. Tra il genere fantasy e quello drammatico, questo corto mette in scena, in modo originale, un’amara verità e un’importante reminder che colpiranno dritto al cuore dello spettatore.

Sinossi di Fiabexit

Non si sa bene dove e in che tempo ci troviamo, sembra di essere immersi in uno spazio-tempo sospeso. Nell’incipit una ragazza, Alice, si dispera: tutte le pagine dei libri delle fiabe sono diventate bianche, nessun disegno, nessuna creatura, nessun principe o principessa.

Geppetto è alle prese con la sua creazione, a cui cerca di infondere il soffio della vita… un bambino, Pinocchio, esce da un oscuro antro e spaventato corre per tutta la città, imbattendosi in curiosi incontri: Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe. Cenerentola siede davanti la sua solita finestra e lascia correre liberi sogni e fantasie, mentre la matrigna e le sorellastre sembrano metterle il bastone tra le ruote. Il Cappellaio Matto sembra alludere continuamente a qualcosa di perduto. Forse nulla è come sembra… Improvvisamente, i personaggi si ritrovano all’interno di una clinica psichiatrica e i toni si fanno più gravi e malinconici.

Incidente tra fiaba e realtà

Fiabexit, dacome dice il titolo stesso, indica che le fiabe sono uscite. Sono uscite dai loro castelli, dai loro paesaggi e boschi incantati, per approdare nella realtà nuda e cruda. O forse è il contrario e tutti i noti personaggi sono persone vere, avvolte da un’aura fiabesca e stravagante che devono uscire dalla realtà, allontanarsi, perché non c’è spazio per loro e per il loro modo di guardare alla vita e sono costretti a rifugiarsi nelle fiabe. Forse, queste, in verità, sono l’unico luogo in cui immaginare sia socialmente accettato e non schernito.

I personaggi di questo corto incarnano dunque indole e sogni di qualche personaggio fiabesco…C’è però qualcosa che stona: sembrano essere fuori luogo, posizionati in un mondo non loro, dove le altre persone appaiono e vivono secondo valori e idee differenti.

Inoltre, si capisce che sono fuori dal loro habitat naturale, perché continui sono i riferimenti alla contemporaneità (spia luminosa di un reale incombente e minaccioso, sempre dietro l’angolo): si parla di zumba, kizomba, sushi, tatuaggi, soldi, pilates e addirittura “la principessa che puliva la cenere” indossa delle Converse, al posto delle iconiche scarpette con tacco. Cenerentola, che rappresenta pienamente l’anima sognante, cita anche un riferimento cinematografico (non casuale): Nuovo Cinema Paradiso. Il corto sembra far rivivere le fiabe, compagne di viaggio di ogni bambino, ma probabilmente le cose stanno in un altro modo. 

Non sempre tutto è come sembra

La scena che ribalta la visione delle cose è preceduta da un’altra che rasenta la magia: è chiaro il riferimento alla scena della Fontana di Trevi ne La Dolce Vita, che vede Anita Ekberg e Marcello Mastroianni protagonisti di un momento quasi onirico. Assolutamente simboliche sono le battute che pronuncia Geppetto/Marcello omaggiando il film citato: “Sì, vengo anche io…vengo anche io! Mah si ha ragione lei, sto sbagliando tutto…stiamo sbagliando tutti!”. Forse, nella vita abbiamo bisogno solo di un po’ di follia e di un animo sognante, che ci facciano evadere dalle difficoltà di tutti i giorni..

Nel mezzo di questa atmosfera fiabesca 3 infermieri interrompono l’incanto, per portare via di forza Cenerentola e Marcello. 

Una clinica psichiatrica sembra ospitarli tutti: il vero matto è chi ha il coraggio di sognare, di proiettare il proprio sguardo oltre ogni limite possibile, chi desidera rubare il fuoco agli dei. E proprio per questo merita di essere punito, emarginato. Nella clinica, i personaggi appaiono tutti sedati, senza nessuno slancio vitale, con visi tramortiti e svuotati di ogni gioia. Saranno rinchiusi lì perchè usciti dalle fiabe hanno trovato un mondo non pronto alle loro menti intrise di fantasia, o sono impazziti vivendo in una realtà fredda e che si preoccupa di “ius soli, traffico di migranti e rimpatri”?

A interrompere la bellezza della fiaba è anche l’incursione della “fata”, in camera di Cenerentola: la donna, in realtà un’infermiera che le porta qualcosa da bere, la asseconda nel suo fantasticare.

Lo statuto incerto dell’immagine

Lo statuto stesso dell’immagine appare incerto: spesso le inquadrature sono oblique come a creare una dimensione non totalmente reale. Questo espediente traduce poi efficacemente l’ambiguità degli eventi interpretabili in maniera non univoca. 

Infine, altra parola-chiave del corto è “perturbante”: è ma non è, qualcosa sembra familiare ma è altro. Il Gatto e la Volpe sono davvero due personaggi o è in realtà la messa in scena di un disturbo di doppia personalità? L’annunciatore del casting alla ricerca di una matrona per il principe è una specie di arrotino o il nobile inserviente del reale? Cenerentola è davvero in compagnia della matrigna e le due sorellastre o ha attribuito carne e voce ai manichini presenti nella sua stanza? 

Un cerchio perfetto

L’inquadratura finale, che ritrae l’incontro del Cappellaio Matto e Alice, chiude il cerchio rispetto all’incipit: adesso comprendiamo la disperazione iniziale di Alice nel vedere svanite tutte le fiabe dalle pagine, che adesso esprimono il nulla: sono bianche e vuote, nessun colore e nessun incantesimo.

Il Cappellaio Matto è afflitto e ripone tutta la sua speranza nell’unico suo faro: Alice. Allo stesso tempo, sempre lui sembra rivendicare un diritto universale, proprio anche dei personaggi di fantasia: poter sognare e non solo far sognare.