Tratto dal romanzo autobiografico “A Captain’s Duty: Somali Pirates, Navy SEALS, and Dangerous Days at Sea” di Richard Phillips, Captain Phillips è interpretato dall’ottimo e maturo Tom Hanks e diretto da Paul Greengrass.
E’ la cronaca dell’assalto alla nave MV Maersk Alabama da parte di pirati somali, durante il tragitto che avrebbe dovuto compiere al largo del Corno D’Africa per trasportare acqua, cibo, medicinali e aiuti umanitari.
Lo stile di Paul Greengrass
Lo stile è quello aspro e documentaristico che contraddistingue il regista inglese Paul Greengrass fin dai suoi precedenti lavori. t
RicordiamoBloody Sunday, Orso D’Oro a Berlino nel 2002, ricostruzione in stile reportage del massacro dei pacifisti cattolici irlandesi compiuto dall’esercito britannico nel 1972 a Derry; e United 93 (2006) che ripercorre il dirottamento e lo schianto dell’aereo destinato a colpire la Casa Bianca, l’11 settembre 2001.
La fotografia di Captain Phillips è curata da Barry Ackroyd, che già aveva collaborato con Greengrass in United 93.
La sua esperienza di documentarista di tematiche sociali traspare proprio dalla fotografia realista e essenziale.
La narrazione lineare e fedele
E non è soltanto la fotografia essenziale a restituirci la realtà dei fatti.
La narrazione si sviluppa in modo lineare, fedele agli accadimenti e al loro susseguirsi e senza gli intrecci tipici della finzione di un puro film d’azione.
Fanno eccezione le scene iniziali, la preparazione alla partenza per il comandante Phillips e la preparazione all’attacco piratesco del somalo Muse (Barkhad Abdi).
I “personaggi”, se possiamo definirli tali, comunicano più volte tra loro (e allo spettatore) che quello che stanno mettendo in atto non è finzione.
Captain Phillips lo dichiara durante quella che poteva sembrare un’esercitazione – “questa non è un’esercitazione, è una situazione reale”.
Così come è sempre lui a mettere in atto una finzione, quando afferra la radio e fa finta di chiedere soccorso ad una nave da guerra, per spaventare i pirati in avvicinamento.
Non c’è niente di innaturale in tutti e due i momenti, perché sono entrambi autentici nei sentimenti che li muovono.
La paura del capitano Phillips, che rischia la vita per i suoi uomini e la nave che comanda, e la paura di Muse, che deve necessariamente portare a casa un ricco bottino che ingrassi i suoi capi.
Lasciati soli in situazioni critiche
Nel film si sviluppano le tematiche sociali e politiche generate nell’ambito del lavoro in situazioni critiche.
Affrontare in mare aperto il rischio di essere assaltati dai pirati non è poi così distante dai rischi che in altri ambiti lavorativi si è costretti ad correre in prima persona dietro il marchio di un’azienda che prima ti chiede di esporti perché hai firmato un contratto, e poi ti lascia solo.
Il personaggio di Tom Hanks ricorda alla moglie che le aziende oggi vogliono “velocità e risparmio”.
Questo è infatti lo stesso stile con il quale conduce i suoi uomini sulla nave, opponendo ai marinai “sindacalisti” la sua visione scientifica della gestione delle criticità: “seguiremo le procedure e resteremo blindati fino all’arrivo dei soccorsi”.
Una guerra su due fronti
E se da un lato troviamo la “guerra” tra diritti e doveri, e un mercato del lavoro sempre più flessibile, dall’altro sulle coste della Somalia c’è una guerra ancora più crudele.
Quella per la sopravvivenza in un Paese sfruttato (anche da chi poi si pulisce la coscienza con gli aiuti umanitari), dove il lavoro quotidiano è quello di tentare l’assalto a qualche ricca nave occidentale, comandati da oscuri criminali locali.
E nel frattempo sognare il “sogno americano”.