Presentato alla quindicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival, Sparks in the Darkness si distingue per la sua combinazione di tensione investigativa e introspezione psicologica. Il cortometraggio di Vladislav Emelin, studente della St. Petersburg State University of Film and Television, fonde abilmente il thriller neo-noir con una riflessione profonda sul confine tra giustizia e vendetta, verità e autoinganno.
Sparks in the Darkness: la riflessione della giustizia
Due investigatori, agli antipodi per carattere e metodo, si ritrovano a lavorare insieme al caso di un brutale omicidio avvenuto in una casa di campagna. Max, il più anziano, è un uomo dal temperamento irascibile, incline a superare i limiti del proprio ruolo. Nemov, invece, è giovane, freddo e calcolatore, dotato di un approccio metodico che porta risultati.
Nonostante le differenze, entrambi i protagonisti di Sparks in the Darkness condividono una solitudine profonda: Max ha perso la moglie, mentre Nemov si prende cura del fratello affetto da disabilità. Durante le indagini, i due riescono a trovare un equilibrio e arrivano alla cattura del sospettato principale. Ma proprio quando sembra che il caso sia chiuso, Max inizia a nutrire dei dubbi, mentre Nemov appare deciso a mettere fine all’indagine.
Lo scontro tra i due è inevitabile e ha conseguenze devastanti. Max, accusato di metodi investigativi troppo aggressivi, viene licenziato e si ritrova a perdere l’ultimo legame con la sua vita precedente. Ma è proprio in quel momento che scopre un dettaglio inquietante: il vero colpevole potrebbe essere molto più vicino di quanto immaginasse. Il dilemma che lo attende è spietato: denunciare l’assassino e distruggere la vita di un altro uomo, oppure rimanere in silenzio e salvare sé stesso?

La giustizia come percorso interiore
Vladislav Emelin firma un’opera in cui la ricerca di giustizia diventa un processo personale, spesso influenzato dalle emozioni e dalla percezione soggettiva di colpa e redenzione. La solitudine, la fragilità della moralità, il confine sfumato tra bene e male emergono con forza, rendendo il film un’esperienza tanto coinvolgente quanto stimolante.
I due protagonisti, seppur diversi, sono entrambi mossi dalla rabbia e dal dolore, elementi che annebbiano la loro visione e li spingono a prendere decisioni estreme. Nemov sembra condurre un’indagine non solo sull’omicidio, ma anche su se stesso. La sua ostinazione nel portare avanti il caso cela un’ambivalenza inquietante: sta cercando di nascondere la verità o di comprendere se stesso e il peso delle proprie azioni? Max invece, immerso nella sua oscurità, trova la forza per spezzare il ciclo della vendetta e abbracciare il perdono. Ed è proprio questo il fulcro della storia: la consapevolezza che in certe situazioni non esiste un confine netto tra giusto e sbagliato, ma solo scelte personali dettate dalla propria interpretazione della giustizia.
Ambientato nello scenario cupo ma suggestivo del costruttivismo degli Urali, Sparks in the Darkness si presenta come un thriller avvincente e dall’eccellente costruzione estetica, capace di scavare nella psicologia dei suoi protagonisti e di interrogarsi su uno dei dilemmi più antichi: la giustizia è un principio universale o una scelta personale?
Giorgia Artusi