Presentato in anteprima a Karlovy Vary 2024 nella sezione Proxima Competition, il documentario Lapilli firmato Paula Ďurinová sbarca al Trieste Film Festival 2025.
Debutto della regista, Lapilli arriva in anteprima italiana e in concorso nella sezione Documentari.
Di cosa parla Lapilli
La regista berlinese di origine slovacca Paula Ďurinová intraprende un viaggio spirituale e fisico dove dolore e geologia si intrecciano. Il titolo è un riferimento ai frammenti di roccia espulsi da un vulcano, il fulcro centrale della narrazione e attraverso il quale la regista affronta il lutto familiare.
Questo viaggio attraversa il mare, esplora caverne oscure e deserti vulcanici, in seguito a una morte inaspettata che spinge la regista a ricoprire il ruolo di esploratrice per rivelare nuovi orizzonti emotivi. Lungo il racconto, Ďurinová sviluppa e affronta le fasi del lutto, accompagnate da un paesaggio forte e d’impatto che permette a lei stessa e al pubblico di farsi trasportare da una prospettiva piena di empatia per chi ci lascia troppo inaspettatamente.
Dove la natura e l’animo umano combaciano
Attraverso inquadrature ravvicinate delle formazioni geologiche, spesso fisse e prolungate, il documentario funge da vera e propria esperienza visiva, quasi un’opera di videoarte. Questo stile già distintivo – nonostante si tratti di un film di debutto – offre a Ďurinová spazio per dar vita a un messaggio, a una riflessione sulla perdita e sulla resilienza.
Non a caso si tratta di un omaggio spirituale ai suoi nonni, già protagonisti del precedente cortometraggio Constant: An Homage to the Apartment (2023). Anche qui Ďurinová ricorda i nonni in seguito alla loro morte improvvisa durante la pandemia di COVID-19.
La perdita fornisce, dunque, l’impulso per il film, in cui Ďurinová utilizza un mezzo visivo per elaborare qualcosa di apparentemente nascosto, ovvero il suo dolore, nel mentre intrecciando la storia della sua famiglia con la natura duratura delle formazioni geologiche. La loro memoria persiste, si rigenera, o meglio si reinventa col tempo, proprio come le rocce e i vulcani.
In Lapilli la convergenza tematica delle narrazioni personali e ambientali si rispecchia nella struttura del film in quanto si basa, appunto, sulle diversi fasi del lutto in parallelo con quelle dei processi geologici.
Nel mentre, la regista interviene occasionalmente con voci fuori campo che oscillano tra lettere ai nonni e riflessioni filosofiche sul mondo naturale. Gradualmente, l’opera passa da osservazioni scientifiche a un’esplorazione geologica intima e profonda, proprio come i crepacci sotterranei che fungono da protagonisti.

Il dolore che prende forma (terrena)
Attraversando le fasi del lutto, Ďurinová fa allusioni al tema della morte con diverse inquadrature simboliche, tra cui le formazioni di pietra in superficie o sottoterra. Questo sottile ma chiaro simbolismo permette di fondere il dolore personale con i processi immutabili del mondo naturale.
Man mano che il film procede, Ďurinová fa una sottile apparizione fisica, dando finalmente un volto alla voce che ci ha accompagnato. Questa transizione approfondisce il legame tra dolore personale e ambientale, poiché al suo corpo si aggiungono foto dei nonni, dando vita a una più ampia contemplazione delle tematiche centrali, in quanto non più mere riflessioni poetiche. Proprio come le rocce che nascono dal magma, il dolore prende così forma, oltrepassando la sottile arte del simbolismo naturale per mostrarsi al pubblico in una forma ancor più concreta.
Sebbene Lapilli sia stato girato in varie località, la videocamera sembra restare su un punto fermo, che viene documentato lungo la sua trasformazione. Non solo, ma l’opera funge da sorta di esercizio meditativo, dove sia il pubblico che la regista sono invitati a contemplare le proprie emozioni a livello viscerale; come se venissero “scavate”, proprio come le rocce alla base della storia.
Un debutto equilibrato
Nonostante un lungometraggio di debutto, Lapilli trova un equilibrio unico tra il personale e l’ambientale, dove le diverse fasi del dolore si sviluppano tra correnti marine, grotte oscure e terre desolate. Come una sorta di veglia funebre in stile tipico della videoarte, il lavoro di Ďurinová rappresenta un vero e proprio saggio antropologico.
Lapilli eccelle per l’aspetto comunicativo, in quanto la mutevolezza della natura si sovrappone a quella della vita con facilità. Una condizione apparentemente spaventosa, ma che nasconde un ciclo rassicurante di continuità grazie al potere della memoria e alla possibilità di crescita.
Curando il terreno arido, il ciclo naturale è destinato a continuare e a trasformarsi senza sosta, proprio come nel caso di un animo distrutto che si reinventa per superare la perdita grazie ai ricordi e all’amore provato.