Dopo la premiere al Locarno Film Festival, in cui ha ottenuto anche una menzione speciale, When The Phone Rang fa tappa anche al Trieste Film Festival. Scritto e diretto dalla cineasta serba Iva Radivojević, è stato già presentato in numerosi festival europei e internazionali, raccogliendo vari premi e calorosi apprezzamenti.
Quando il telefono squillò…
Quando il telefono squillò erano le 10:36 di un venerdì mattina. Era il 1992, e lo Stato in cui viveva l’undicenne Lola (Natalija Ilinčić) esisteva ancora. Quella telefonata comunicò la morte del nonno di Lola, a cui seguì il trasloco della famiglia a Sofia, Bulgaria. Ma questo avvenimento, in realtà, non è nient’altro che un lontano ricordo. E a questo ricordo se ne aggiungono mille altri, di quando Lola viveva ancora in quello stato che ora non esiste più.

Il peso della memoria storica
Siamo in un’epoca che pullula di operazioni nostalgia che basano la loro esistenza esclusivamente sul fanservice. Parliamo di numerosi film e serie tv che tentano di appagare e affascinare sia chi in un dato periodo ci ha vissuto sia chi in quegli anni non ci ha vissuto affatto. E spesso ci dimentichiamo quindi di che bizzarro e ambiguo strumento sia quello della nostalgia, che facendo riaffiorare i nostri ricordi, tanto quelli allegri quanto quelli infelici, ci permette di indagare noi stessi e le nostre radici. In anni recenti, questo percorso era stato seguito da Charlotte Wells nel suo splendido Aftersun. E anche When The Phone Rang sembra inserirsi in questo tracciato.
Ma Iva Radivojević, prima ancora che dagli eventi personali, vuole partire dalla memoria del contesto storico. Ci viene detto infatti, fin da subito, che i ricordi di Lola sono legati a uno Stato che ormai non esiste più. Nel film non ha nome questo Stato. Solo per una volta, viene chiamato stato X. Ma dietro a quest’incognita si nasconde ovviamente la Jugoslavia, la fu patria della cineasta ora serba. Iva Radivojević, come già fece Emir Kusturica in Underground, racconta una nazione che continua a esistere veramente, non sui libri di storia o sui materiali d’archivio, ma nel cuore e nei ricordi di quelli che furono i suoi abitanti. Ma quei ricordi, un tempo vividi, stanno ora invecchiando e morendo. Il lavoro della regista sembra quindi quello di voler dare forma e sostanza alla memoria jugoslava, a quelle strade, quei palazzi, quei parchi, per poi cristallizzarla nel suo film.

Il peso della memoria personale
Ma non è solamente la memoria storica della Jugoslavia che si vuole concretizzare all’interno di When The Phone Rang. C’è anche, e soprattutto, la memoria personale di Iva Radivojević. Il film mette in scena alcuni dei ricordi più intimi e personali della regista stessa, riguardanti un’epoca che fu, uno stato che fu, un mondo che fu.
Everything in the film is based on real events, memories, and people. Although the events happened at different time intervals – perhaps two days apart, three weeks or five months apart – in memory they are all squeezed in and around the event of the phone call.
Sotto stessa ammissione della regista, quindi, il film vuole evitare la soluzione, fin troppo semplicistica, di una narrazione lineare. Al contrario, Iva Radivojević cerca invece di racchiudere, attraverso la forma del linguaggio cinematografico, la complessità dell’essenza stessa della memoria. Ne deriva quindi una riflessione formale sul meccanismo dei ricordi, i quali non seguono nessuna regola logica né tantomeno cronologica. In When The Phone Rang, i ricordi della cineasta si susseguono tra di loro senza alcun ordine preciso, proprio come riemergerebbero all’interno della mente umana. Ma a tutti questi ricordi fa da richiamo e da cardine un ricordo, anzi, il ricordo, quello più significativo e doloroso di tutti, che si ripete più volte nel corso del film, in maniera ciclica e puntuale: quando il telefono squillò.

Immagini di un tempo che fu
La scelta di Iva Radivojević di girare il film in formato 4:3 su una pellicola 16mm risulta particolarmente efficace in funzione al discorso sulla memoria. Difatti, il risultato che ne esce fuori è reminiscente dei vecchi home movies, di quei vecchi filmini girati in famiglia, in occasione di festività, vacanze e celebrazioni, per immortalare questi momenti preziosi. When The Phone Rang finisce quasi per sembrare, dunque, una compilation di vecchi filmati, girati da una videocamera che è riuscita a infiltrarsi nella mente della cineasta, con lo scopo di imprimere su pellicola i ricordi della sua infanzia e della sua terra natale.
A livello estetico, When The Phone Rang si dimostra un lavoro di pregio. Per ogni inquadratura assistiamo a un lavoro di eleganza, formalismo, precisione e geometria. Sotto questo aspetto, pare quasi di ritrovarsi dinanzi al film di una versione est-europea di Wes Anderson. Ma a questa caratteristica si contrappone un montaggio volutamente discontinuo, rappresentazione di un racconto fortemente frammentato. Frammentato come lo può essere una nazione che non esiste più da circa 30 anni, e che si è divisa in svariati nuovi Stati. Frammentato come lo possono essere i sentimenti di una bambina di 11 anni, che si vede la vita stravolta per colpa di una telefonata. Frammentato come, in fin dei conti, sono i ricordi.
