Coraline e la porta magica è un film horror in stop-motion del 2009 diretto da Henry Selick e tratto dal romanzo per ragazzi di Neil Gaiman ‘Coraline’, vincitore del Premio Hugo e del Premio Nebula per il miglior romanzo breve.
Gaiman si è dichiarato entusiasta della pellicola , non solo perché le modifiche alla storia sono minime e ben integrate (come il personaggio di Wyborn, letteralmente perché nato?, che nel libro non esiste), ma soprattutto perché il regista è riuscito a riproporre in chiave cinematografica il tono gotico e inquietante della storia originale.
La lavorazione del film, tra riprese e post-produzione, è durata quasi tre anni ed è costata 60 milioni di dollari, una cifra ben più alta della media per un film d’animazione. Il costo elevato è da attribuire alla tecnica di ripresa utilizzata, che permette la visione del film anche in 3D. Ciò rende Coraline e la porta magica il primo film d’animazione in stop-motion ad essere girato in stereoscopia con una doppia fotocamera digitale.
La trama di Coraline e la porta magica
Coraline Jones è una bambina di undici anni che si è appena trasferita a Pink Palace, una vecchia casa isolata e abitata da vicini bizzarri. Senza più gli amici d’infanzia e ignorata dai genitori apparentemente anaffettivi, Coraline scopre una minuscola porta murata nel salotto della nuova casa. Quella stessa notte, però, la porticina si apre: Coraline attraversa il passaggio magico che sbuca in
una casa identica alla sua, abitata da persone identiche ai suoi genitori e ai vicini, ma coi bottoni al posto degli occhi. Nell’Altro Mondo tutti le vogliono bene e ogni cosa è perfetta, ma a volte è meglio fare attenzione a ciò che si desidera…
La regia di Selick e le influenze di Tim Burton
A firmare la regia di questo gioiello dell’animazione stop-motion è Henry Selick, conosciuto già all’epoca dell’uscita del film per aver diretto The Nightmare Before Christmas. Nonostante il soggetto di quest’ultimo fosse scaturito dalla mente di Tim Burton, il regista del gotico per eccellenza era già impegnato nelle riprese di Batman – Il ritorno. Per questo volle affidare a Selick la regia di un progetto così personale, sapendo che entrambi condividevano l’amore per il bizzarro e i freaks, oltre ad uno uno stile abbastanza simile. Probabilmente è per questo motivo che molti credono, erroneamente, che Tim Burton abbia diretto Coraline e la porta magica. La pellicola sarebbe dovuta essere il primo vero grande progetto di Selick, visto che, oltre a curarne la regia, fu lui ad adattarne la sceneggiatura. Un lavoro che gridasse “ci sono anch’io!”. Ma forse, purtroppo, il risultato non è stato ottenuto.
La vera influenza che Burton ebbe sul film non è, in realtà, da attribuire a qualcosa di tecnico, ma piuttosto ad un’amicizia (che anni dopo cesserà) e uno scambio reciproco di opinioni. Tra tutti, Selick ricorda un prezioso consiglio che negli anni conservò e che riassume efficacemente il fascino delle storie di entrambi gli autori.
I maggiori successi sono film che sembrano normali, con una storia normale. Ma chi è interessato
a farli? Certamente non lui né io. Oppure puoi avere un film che sembra davvero strano, e ha una
storia davvero strana. E questo avrà il minor successo, coinvolgendo poche persone. Ma puoi avere
un film con uno di questi due elementi che è normale e l’altro strano, e puoi avere un film cult
piuttosto grande.”
L’elemento perturbante più evidente è quello dei bottoni al posto degli occhi, oltre ad essere un’efficace metafora di “cecità selettiva”, un modo per escludere dalla mente ciò che non piace. Ma l’inquietudine è trasmessa validamente anche grazie alla fisionomia grottesca dei personaggi, con bocche spalancate in forzati sorrisi o urli di terrore. È trasmessa dalla fotografia, cupa nel mondo reale e dai colori psichedelici nell’Altro Mondo. Un ambiente che dovrebbe essere famigliare, ma che cambia aspetto semplicemente guardandolo da un’altra prospettiva, che cambia forma come argilla modellata da mani sapienti.
E quando Coraline svela la trappola che si cela nell’Altro Mondo, lo spettatore è già pronto a sapere che per lei le cose andranno sempre peggio.
La fiaba Coraline
Coraline nasce dalla penna di Neil Gaiman e dal desiderio dello stesso di scrivere una fiaba per le sue bambine. La struttura ha le basi ben solide di qualsiasi storia: c’è una protagonista in cui immedesimarsi, l’inizio di un viaggio attraverso il varco della soglia (il tunnel che porta nell’Altro Mondo), l’iniziale diffidenza e la presa di coraggio, oltre alle varie prove e alla risoluzione finale. C’è un mentore (all’occasione più di uno), uno shapeshifter (un personaggio mutevole e ambiguo) e, ovviamente, un antagonista. A differenza della favola, in cui la morale viene esplicitata nelle ultime righe, la fiaba non ha questa funzione. Il messaggio arriva al pubblico senza che l’autore debba esasperarlo. Ma come ci si comporta quando il pubblico dovrebbe, in teoria, essere composto da bambini?
Facciamo un passo indietro. Coraline e la porta magica ha concorso nel 2010 per l’Oscar come miglior film d’animazione. Il premio fu però dato a Up, poetico film della prestigiosa Pixar che racconta del sogno di un anziano venditore di palloncini e di come riuscirà a realizzarlo. A rendere così diversi, e a loro modo unici, i due film non è solo la tecnica di animazione e l’approccio ad un determinato tema, ma anche la figura dell’antagonista. In Up non c’è un vero e proprio cattivo, almeno per come lo intendiamo normalmente. Non è, insomma, cattivo per natura, ma piuttosto lo diventa per ciò che è costretto a fare. Niente a che vedere con l’Altra Madre di Coraline, antagonista subdolo e perfido, orribile anche nell’aspetto.
La tendenza a creare personaggi non realmente cattivi in prodotti destinati ai bambini sta prendendo piede alla Disney. Come se fosse sbagliato delineare così chiaramente “il buono” e “il cattivo”.
Dovremmo invece capire che un pubblico composto da bambini non si soffermerà su implicazioni morali che la storia non ha nemmeno l’intento di trasmettere. È piuttosto un filtro che mettono gli adulti. Un eroe diventa tale non nel momento in cui sconfigge il male, ma quando decide di agire nel modo più giusto. Coraline lo diventa quando torna nell’Altro Mondo per salvare i genitori, non
nello scontro con l’Altra Madre. E quindi perché non si dovrebbe dare all’antagonista un aspetto mostruoso, come se uscisse
direttamente dalle nostre paure?
Aprire gli occhi
Nonostante non si prefigga l’obiettivo di impartirci una morale, è normale che Coraline e la porta magica trasmetta un messaggio. Semplice o complesso che sia, è inevitabile che le storie lo facciano. Quello di Coraline e la porta magica è un racconto di formazione in cui la giovane protagonista matura la consapevolezza di non poter sempre ottenere quello che desidera.
Io non voglio tutto ciò che desidero. Nessuno lo vuole. Non veramente. Che divertimento sarebbe, se potessi avere tutto ciò che desidero, senza problemi? Non avrebbe nessun valore.
Eppure il film non inizia mostrando una Coraline viziata e arrogante, come invece fanno altre pellicole d’animazione dal tema simile. Ad esempio ne La città incantata, la protagonista subisce un cambiamento radicale anche a livello caratteriale.
Coraline sviluppa indubbiamente un cambiamento durante la storia, ma non viene introdotta come la classica bambina ingenua delle fiabe. Arguta esploratrice si lascia attrarre dalla trappola dell’Altra Madre non per arroganza, ma anelando a ciò che più desidera ogni bambino: le attenzioni e il gioco. E infatti chi rimane imprigionato nell’Altro Mondo è destinato a morire bambino. Un po’ come in Peter Pan, i fantasmi che Coraline incontra sono bambini mai cresciuti, abbandonati da una Madre che non li ha amati davvero ma che ha semplicemente concesso loro ogni desiderio. Rifiutare di farsi cucire gli occhi è un gesto ancor più coraggioso che scegliere i bottoni. Segna il passaggio cruciale tra l’infanzia e l’adolescenza, quando sviluppiamo una maggiore consapevolezza del mondo che ci circonda. Il primo passo incerto da fare se si vuole crescere.
L’Altro Mondo e il Paese delle Meraviglie
Una giovane protagonista attraversa una piccolissima porta che la condurrà in un mondo fantastico pieno di insidie e governato da una donna potente quanto terribile. In questo modo la storia non ci suona poi così nuova. Così come Coraline e la porta magica, anche Alice nel Paese delle Meraviglie è un racconto di formazione, nonostante si soffermi su altre tematiche legate alla crescita.
I mondi in cui però le protagoniste vivono la loro avventura sono diametralmente opposti. Quello di Alice è un mondo bizzarro di cui lei deve imparare mano a mano le regole. È il mondo degli adulti, che per una bambina come lei è comprensibile solo pensando al contrario di ciò che è abituata a pensare. Coraline, invece, rischia di rimanere per sempre intrappolata nel mondo dell’infanzia.
Nell’Altro Mondo tutto appare più bello, ma è solo una trappola. Per questo l’obiettivo di Coraline diventa fuggire e chiudere una volta per tutte la porta che collega i due mondi, al contrario di Alice che impara ad ambientarsi e vi fa addirittura ritorno.
L’ironia sta anche nel modo in cui i due ambienti vengono raccontati. Il mondo degli adulti è il Paese delle Meraviglie, in cui tutto può succedere. Strambo, rumoroso, colorato. Mentre il mondo dell’infanzia di Coraline si tinge di grigio appena ne viene svelato il tranello. Le regole vengono ribaltate.
Coraline e la porta magica è un film per bambini?
Coraline usa un linguaggio e uno stile forse inusuale per un racconto per bambini, ma è anche questo che lo rende unico. La paura e l’inquietudine che, inevitabilmente, trasmette sono un mezzo come un altro per emozionare il pubblico. Ci sono storie che lo fanno attraverso la risata, altri con una carezza al cuore. Togliere la possibilità ad un pubblico più piccolo di provare questa emozione in modo innocuo, è privarli di un’esperienza cinematografica di qualità.
Coraline e la porta magica non è solo un originale racconto di formazione, ma è in primis un film horror magistralmente riuscito. I ragazzi che l’hanno visto da piccoli ora scherzando lo definirebbero “il film che mi ha traumatizzato”. Sono gli stessi ragazzi che, col ritorno nelle sale di Coraline, saranno i primi ad acquistare il biglietto. Perché il bizzarro e l’inquietante può farci inizialmente paura. Ma il fascino che emana ha un richiamo che non può essere ignorato.