Sulla carta, We Live in Time non spicca per originalità nel vasto panorama delle storie d’amore. Tuttavia, grazie all’eccellente sceneggiatura di Payne, che si concentra nel cogliere i piccoli e talvolta curiosi dettagli che compongono la quotidianità di una coppia, il film riesce a raccontare un’intimità autentica e genuina, intimità che è la vera protagonista di questa storia.
Quello che rimane impresso nello spettatore non è tanto, o solamente, il dramma attorno al quale si sviluppa la trama, quanto piuttosto il racconto dei gesti quotidiani che segnano dieci anni di vita insieme: Almut, incinta, che si immerge nella vasca da bagno con Tobias, mentre entrambi mangiano nervosamente biscotti appoggiati sul suo ventre. O ancora lei che, all’alba, raccoglie uova fresche e le rompe con la cura di una chef esperta. La precisione quasi ossessiva di Tobias, il suo amore per le penne e il taccuino sempre a portata di mano, o una proposta di matrimonio mai pronunciata per via del nervosismo.
In definitiva, We Live in Time racconta una storia straordinariamente normale, condita da momenti memorabili, come la scena del parto (che non anticiperemo, ma vale la pena vederla), la cui semplicità è, in definitiva, proprio ciò che la rende indimenticabile.
I ricordi si costruiscono dalle piccole cose
Le piccole cose sono, detta in poche parole, tutto.
Un buon film, per esempio (e We Live in Time lo è) si compone di mattoncini: dialoghi brillanti, una colonna sonora perfetta al momento giusto, atmosfere coinvolgenti, luci e costumi evocativi, interpretazioni intense.
E proprio perché anche una persona è, a suo modo, un’opera d’arte, la sua unicità risiede nei suoi piccoli dettagli, come ci spiega egregiamente Robin Williams in Will Hunting:
[…]una serie di piccole cose così, però sono queste le cose che più mi mancano, le piccole debolezze che conoscevo solo io, questo la rendeva mia moglie[…]
Almut, portata sullo schermo dalla straordinaria interpretazione di Florence Pugh, è una donna forte, determinata, che fatica ad accettare le proprie vulnerabilità. Ma soprattutto, vuole lasciare un segno indelebile, nonostante la malattia che la consuma lentamente.
Alla fine, We Live in Time ci prende per mano e ci mostra, come lo mostra ad Almut, dove guardare, e chiudendosi così com’è cominciato, ci ricorda che l’eternità risiede proprio in quei gesti apparentemente insignificanti, quelli che facciamo senza pensarci, perché sono parte di noi, spontanei e naturali.
Di Almut ci restano infatti i ricordi delle uova sbattute, le sue corse all’alba, e la sua incontenibile voglia di junk food nonostante la sua abilità come chef. Di Tobias, rimangono le sue penne e i biscotti all’arancia.
Le persone che amiamo sono composte da frammenti, proprio come il tempo, che è troppo vasto e complesso per noi.
Siamo piccoli, e delle piccole cose abbiamo bisogno.