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Giornate del Cinema Muto | Pordenone Silent Film Festival

‘Folly of Vanity’ e fantasie acquatiche

Grazie alle Giornate del cinema muto riscopriamo con ‘Folly of Vanity’ una piccola perla sottomarina dai ruggenti anni ’20

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All’interno del minuto sottogenere delle allegorie acquatiche Folly of Vanity di Maurice Elvey e Henry Otto è un caso eccezionale per almeno due motivi.

Il primo è che a differenza di alcuni suoi colleghi è sopravvissuto al passaggio del tempo (si pensi all’invece perduto The Temple of Venus del 1923 che con Folly of Vanity condivide il regista Henry Otto) ed è conservato in una copia parziale ma ancora custode delle cromie originali presso l’archivio nazionale della Repubblica Ceca (Národní filmový archiv).

Il secondo sta in una co-regia che divide il film in due sezioni distinte, tra la frenesia anni Venti della terra e le magie sfavillanti ed edoniste del sottomarino.

Interpretato da Billie Dove, che conquista ogni uomo in pellicola con la sua bellezza, Folly of Vanity torna in proiezione alle Giornate del cinema muto di Pordenone, grazie al prezioso prestito proprio del Národní filmový archiv.

Il film in questa occasione è sonorizzato dal vivo dal pianoforte di Philip Carli.

Finte follie di vanità…

I due giovani sposi Alice e Robert sono invitati alla stravagante festa in barca del ricco Ridgeway. I festeggiamenti, annaffiati da champagne e animati dalle danze finiscono quando Ridgeway dona ad Alice una collana di perle, scatenando le gelosie di Robert. Ridgeway non demorde e cerca di conquistare Alice che per sfuggire l’uomo sprofonda nel fondale marino ove Nettuno, innamoratosi di lei, la salva e l’accoglie nel suo regno. Le perle donate da Ridgeway hanno però lasciato un marchio di vanità sulla pelle della donna, che non può quindi rimanere nel mondo scintillante blu e ambra di Nettuno e viene riportata sulla terra ferma.

Seguendo questa scarna narrazione, Folly of vanity mima nel racconto una prassi che si lega alla necessità tecnica ed estetica della pellicola dividendo il film in quattro sezioni, o tre atti di cui il secondo diviso in due.

Il film inizia con una sezione che ci introduce a tutti i protagonisti del pericoloso gioco di seduzione e ai vizi cardine dell’epoca e della storia: eccessi, sensualità e vanità. Il passaggio di location dalla casa di Alice e Robert alla nave di Ridgeway ci porta nella seconda sezione, ove il gioco della vanità costa la vita ad Alice. Da qui Folly of vanity entra in una terza sezione che per estetica, tema e regia diviene un caso a parte, un film nel film. Una fantasia acquatica ricolma di scenografie maestose, immagini magiche e sognanti, lunghissimi capelli, perle e pietre preziose.

Nella quarta e ultima sezione Alice e lo spettatore vengono strappati dal sogno marino e tornano nella realtà asciutta e consolante della terraferma e, come vuole la tradizione, tra le braccia del legittimo sposo.

Spiega bene nel suo commento al film il direttore delle Giornate del Cinema Muto, Jay Weissberg, Folly of Vanity:

“Si presenta come un racconto morale che esorta le donne sensibili a questa tentazione a moderare il proprio amore per i gioielli, ma nessuna prende sul serio tale ammonimento”.

… diventano sogno sottomarino

La sezione di fantasia acquatica è la vera perla cinematografica di Folly of vanity. Affidata unicamente a Otto, mentre la sezione “moderna” è a cura di Maurice Elvey, l’inciso acquatico è una sezione affascinante che contiene quel gusto eccessivo e manieristico del cinema di fantasia anni ’20.

Il reame di Nettuno è mondo di onde, giochi di ambra, verde e blu. Un turbine di tuffi e acrobazie sovrascritte e sovrapposte che ci lasciano un bel ricordo di cinema irripetibile.

Folly of vanity ci trasporta in un genere che non ha avuto sue evoluzioni contemporanee, ma che ha costruito un immaginario che riporta a esempi modernissimi: una certa fascinazione per acqua e pellicola e le magie che con i due elementi possono creare, passando dalla celebre scena di Scarlet Johnson in Ave, Cesare! dei fratelli Coen agli studi avveniristici di Peter Jackson.

Come spesso accade con il cinema muto, Folly of vanity si fa custode storico, vezzo di ricerca profonda ma al contempo intrattenimento puro.

Segui le Giornate del cinema muto su Taxi Drivers.

  • Anno: 1925
  • Durata: 60'
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Maurice Elvey, Henry Otto