‘Terminator Zero’: un ritorno alle origini tramite l’animazione

La saga di Terminator è costellata di alti e bassi. Se da un lato i primi due capitoli di James Cameron, rappresentano dei veri e propri cult del cinema di fantascienza, dall’altro è anche vero che tutti i successivi non si sono rivelati alla loro altezza. L’ultimissima uscita legata al franchise è la nuova serie Terminator Zero, prima serie animata della saga, diretta da Masashi Kudō  e creata da Mattson Tomlin (The Batman II, Project Power). Prodotta da Skydance e IG Productions è disponibile su Netflix dallo scorso 29 agosto. Data iconica per la saga in quanto è quella del Giorno del Giudizio, giorno dell’Olocausto nucleare provocato da Skynet.

Di cosa parla Terminator Zero

Dal futuro (il 2022) dove imperversa la guerra fra umani e macchine, la guerriera della resistenza Eiko (Sonoya Mizuno) torna indietro nel tempo, nel Giappone del ‘97. Dove deve proteggere lo scienziato Malcom Lee (André Holland), che sta cercando di lanciare online l’AI Kokoro (Rosario Dawson) programmata per contrastare e sconfiggere Skynet. Malcom è costretto a confrontarsi con la complessità morale della sua creazione per prevenire il Giorno del Giudizio e cambiare il destino del suo mondo. Mentre lui e i suoi figli Kenta (Armani Jackson), Hiro (Carter Rockwood) e Reika (Gideon Adlon) sono braccati da un letale Terminator (Timothy Olyphant) mandato nella loro epoca da Skynet per eliminarli e cambiare il futuro.

Una rinascita più moderna e più violenta

La formula che ha caratterizzato la maggior parte del franchise, con l’eroe ed un macchina mandati indietro nel tempo per cambiare il futuro, non cambia neanche in questo nuovo prodotto. Così come molte delle tematiche affrontate, i discorsi sul fato o sulla possibilità di cambiare il futuro. Ma a differenza dei suoi predecessori, Terminator Zero (che s’inserisce a ridosso di Terminator II: Il Giorno del Giudizio) offre anche molti punti di innovazione. La famiglia Connor, ad esempio,  non viene mai menzionata ed anche l’omonima macchina assassina non ha più il volto di Arnold Schwarzenegger. Allontanandosi dai personaggi già conosciuti, l’universo della storia si espande, nel presente e nel futuro. Immergendoci anche nel Giorno del Giudizio, evento che è sempre stato “profetizzato” nei film ma mai vissuto assieme ai suoi personaggi.

La guida dell’AI

Come dimostra l’inizio del primo episodio, l’animazione giapponese si sposa perfettamente con il mondo cyber-futuristico della saga e permette alla serie di tornare alle atmosfere horror del primo capitolo. E di espanderle con una violenza particolarmente brutale e cruda, mai vista prima nel franchise. Come lo stesso creatore Mattson Tomlin aveva precedentemente dichiarato, parlando della serie. Anche le tematiche vengono trattate con uno sguardo più contemporaneo, complice anche il periodo storico che stiamo vivendo con l’AI e l’ambientazione giapponese, da sempre un paese con uno stretto dialogo con la tecnologia. E per la prima volta è il punto di vista dell’intelligenza artificiale che guida la trama. Tramite i dialoghi fra Malcom e l’AI Kokoro, che cerca di comprendere appieno la specie umana e giudicare se sia meritevole di salvezza o meno.

Col suo stile ed atmosfere cupe, esaltate dall’animazione, e tematiche riviste con uno sguardo più odierno, Terminator Zero non redime la saga dai suoi passi falsi. Ma sicuramente la rinnova. E rappresenta un ottimo punto di partenza per la saga, per un “futuro per cui valga la pena lottare”. Come, lo stesso Malcom, si auspica per il suo mondo.