L’invenzione di Morel di Emidio Greco usciva cinquant’anni fa nelle sale. Ed ora, le Giornate degli Autori a Venezia sono precedute da un omaggio al regista.
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L’invenzione di Morel La trama
Un naufrago, ricercato (Giulio Brogi), approda su un’isola che sembra disabitata. Alla vista di alcuni ospiti di una villa-museo, temendo di essere denunciato, si nasconde tra gli anfratti della scogliera.
Dopo qualche giorno, l’uomo è colpito dalla bellezza di Faustine (Anna Karina), una signora elegante che sembra ignorarlo. Dopo alcune esitazioni, il naufrago s’inoltra nella villa-museo che svetta sull’isola brulla e scopre che le stanze, impolverate, sono vuote.
Intanto gli uomini, in smoking, e le donne in abiti lunghi, ballano a ritmo di jazz, felici e spensierati e non danno importanza alla presenza dello sconosciuto. Morel (John Steiner), proprietario dell’isola, convoca poi gli ospiti e comunica quanto accaduto durante la loro permanenza sull’isola.
Un film in bilico tra immaginazione e realtà
A loro insaputa infatti gli ospiti sono stati ripresi da una macchina di sua invenzione, che utilizza la luce e l’energia delle onde e dei venti. L’apparecchiatura non solo ha registrato gesti e parole, ma ha anche memorizzato le percezioni, dagli odori alle sensazioni tattili.
Così facendo, Morel ha donato una sorta di illusoria immortalità. Di fronte a questa rivelazione gli ospiti si indignano e protestano, anche perché hanno scoperto che, una volta imprigionati in quelle immagini proiettate, sono destinati a morire.
Solo allora il naufrago comprende che gli ospiti non sono reali, ma delle presenze eteree, degli ologrammi cristallizzati di chi, in quel luglio del 1929, ha soggiornato in quell’isola.
Sul finale, innamorato di Faustine, proverà a unirsi a loro, ma rimarrà vittima della macchina che, poi, distruggerà.
L’invenzione di Morel: un film di fantascienza che anticipa, in qualche modo, l’A.I
Un film dell’allora esordiente regista tarantino, dai toni fantascientifici, insolito per il panorama italiano, tratto dal romanzo del 1940 dello scrittore argentino Adolfo Bioy Caseres.
Un’invenzione, quella di Morel, che potremmo definire, in qualche modo, antesignana dell’l’A.I per la capacità del suo ideatore di catturare le immagini di viventi e utilizzarle, poi, all’infinito per i suoi scopi.
Al di là della tematica affrontata, il film è certamente rivolto ai palati fini. I primi trentadue minuti sono infatti immersi nel silenzio, spezzati solo dal suono del vento e delle onde del mare. I dialoghi sono centellinati e, solo verso metà film, s’intuisce il mistero che avvolge la pellicola.
L’invenzione di Morel, girato a Malta, è ricco di citazioni. Il visionario Morel rimanda, inevitabilmente, al folle scienziato de L’isola del dottor Moreau di John Frankenheimer (1996) e le atmosfere fredde, spettrali e irreali che pervadono la pellicola ricordano quelle di L’anno scorso a Marienbad di Alain Resnais (1961).
Nel cast, Roberto Herlitzka e Enzo Marano. Musiche di Nicola Piovani.
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