Nell’aprile 2019, l’Academy ha apportato un importante cambiamento alla categoria conosciuta come miglior film in lingua straniera. Il marzo successivo, ai 92esimi Academy Awards, Parasite ha fatto la storia degli Oscar quando è diventato il primo film non inglese a vincere il premio come miglior film – e il primo film a vincere l’Oscar per la categoria recentemente designata di miglior film internazionale.
La decisione di rinominare la categoria è nata dagli sforzi dell’Academy per diversificare e abbracciare la comunità cinematografica globale. “Crediamo che il ‘lungometraggio internazionale’ rappresenti meglio questa categoria e promuova una visione positiva e inclusiva del cinema e dell’arte del cinema come esperienza universale”, Larry Karaszewski e Diane Weyermann, allora co-presidenti del comitato cinematografico internazionale (Weyermann è morta nel 2021), parlavano così della decisione presa dall’Academy.
Un cambiamento duro a compiersi
L’Academy ha sì abbracciato più film in lingua straniera nella sua competizione – dalla vittoria di Parasite nel 2020, la categoria miglior film ha visto candidati internazionali (o in gran parte non inglesi): Minari, Drive My Car e All Quiet on the Western Front, e quest’anno le candidature vedono film come Anatomy of a Fall, Past Lives e The Zone of Interest – ma la categoria internazionale è, in realtà, tutt’altro che “internazionale”, con le produzioni europee che guidano il numero di film vincitori e nominati.
Dalla vittoria di Parasite un solo altro film asiatico ha vinto il premio, il giapponese Drive My Car nel 2022, mentre il danese Another Round ed il tedesco All Quiet on the Western Front hanno vinto rispettivamente nel 2021 e nel 2023.
Dei restanti 12 film nominati, otto provenivano dall’Europa, due dall’Asia e uno dall’Africa e dal Sud America.
I candidati di quest’anno seguono un modello simile: quattro dei cinque film nominati sono europei, uno asiatico e nessuno da un paese africano o latino-americano. Ci sono, però, due precisazioni da fare: il candidato giapponese Perfect Days è stato diretto dal tre volte candidato all’Oscar Wim Wenders, una delle figure più importanti della storia del cinema europeo; l’italiano Io Capitano, diretto da Matteo Garrone, che segue due adolescenti senegalesi che migrano in Italia, è stato girato in gran parte in Senegal e Marocco. Questi sono nominati insieme al tedesco The Teachers’ Lounge , lo spagnolo Society of the Snow ed il britannico The Zone of Interest.
L’Europa domina la categoria internazionale
Il dominio dell’Europa sulla categoria non è solo una tendenza, ma lo status quo. Da quando La Strada di Federico Fellini ha vinto il primo Oscar internazionale nel 1957, il premio è andato a un paese europeo 57 volte, un numero impressionante rispetto ai nove vincitori asiatici, i cinque delle Americhe e i tre africani. La vittoria inaugurale dell’Italia ha iniziato il dominio del Belpaese, con La Strada che è stato il primo dei 14 film vincitori, mentre la Francia segue con un totale di 12 premi. Gli unici paesi non europei vincitori di più di una statuetta sono il Giappone (cinque), l’Argentina (due) e l’Iran (due).
Di contro, tutti e cinque i candidati per il miglior documentario sono produzioni internazionali. Bobi Wine: The People’s President segue la campagna presidenziale del rapper ugandese. The Eternal Memory di Maite Alberdi esamina il rapporto tra il giornalista cileno Augusto Góngora e la moglie e attrice Paulina Urrutia, mentre affrontano la battaglia di Augusto contro l’Alzheimer. Four Daughters di Kaouther Ben Hania parla di una donna tunisina le cui due figlie più grandi sono fuggite dal paese d’origine per unirsi all’ISIS. To Kill a Tiger, prodotto dal National Film Board of Canada mostra un uomo indiano che lotta per la giustizia dopo l’aggressione sessuale della figlia. Infine 20 Days in Mariupol di Mstyslav Chernov raffigura una squadra di giornalisti catturata nella città ucraina dopo l’invasione della Russia.
Quando l’Academy ha cambiato il nome della categoria, ha anche permesso ai paesi stranieri di presentare documentari per le nomination, e non solo film di finzione; nel 2020, Honeyland della Macedonia del Nord è diventato il primo lungometraggio ad essere nominato per entrambi i premi. Da allora, il rumeno Collective ed il danese Flee, entrambi documentari, hanno guadagnato la nomination.
Una richiesta inascoltata?
Settimane prima che vincesse il suo Oscar, il regista di Parasite, Bong Joon Ho, vinse il Golden Globe per un lungometraggio internazionale e nel suo discorso sfidò Hollywood ad abbracciare i successi mondiali del cinema: “Una volta superata la barriera di pochi centimetri di altezza dei sottotitoli, sarete introdotti a tanti altri film sorprendenti.”
I membri dell’Academy potrebbero non essere più bloccati dai sottotitoli, ma forse molti hanno ancora bisogno di guardare oltre i propri confini per scoprire film che rappresentano i paesi e le culture che non hanno ancora lasciato il segno sul cinema riconosciuto dagli Oscar.
Fonte: The Hollywood Reporter