Una sinfonia di paesaggi di oggi e di ieri, filmati d’archivio e musiche elettroniche, terre vicine e lontane. Una lingua inventata, né italiano né dialetto, musicale ed espressiva come quella di un cantastorie. Nato nel 1899, l’analfabeta siciliano Vincenzo Rabito racconta il Novecento attraverso migliaia di fitte pagine dattiloscritte raccolte in quaderni legati con la corda. Dall’estrema povertà al boom economico, è un secolo di guerre e disgrazie, ma anche di riscatto e lavoro. Il punto di vista inedito è quello di un ultimo che, scrivendo la propria autobiografia, rilegge la storia d’Italia in una narrazione appassionata e travolgente che emoziona e commuove, obbligando a fare i conti con verità contraddittorie e scomode.
Ta-ta. Ta-ta-ta-ta. Ta-ta-ta-ta-ta…delle dita invisibili e ferme colpiscono i tasti di una macchina da scrivere creando sculture di parole sgrammaticate ma quanto mai vive. Parole che corrono via, che scivolano sullo sfondo di immagini di luoghi e persone in un dialogo continuo tra passato e (quasi) presente, tra bianco&nero e colori, tenuto stretto insieme solo dalla calda voce narrante di Roberto Nobile, alias Vincenzo Rabito, nato a Chiaramonte Gulfi nel 1899.
“Classe del 99”, quindi, quella del nostro eroe: bracciante da piccolo, partito appena maggiorenne per il Piave, soldato della guerra d’Africa e della Seconda Guerra Mondiale.
Un libro di storia intero, la storia di un secolo quasi, che si scava a chiari colpi nella vicenda umana di una persona.
Questo è TerraMatta, un monumentale dattiloscritto, lo sforzo epocale di un semi-analfabeta che ci ha lasciato una delle più vivide testimonianze storiche del nostro tempo, e su cui la regista Costanza Quatriglio ha composto il suo documentario, un dolce saluto ad una vita che Rabito stesso definisce “maletratata e molto travagliata e molto desprezata”.
Nella pellicola la voce impolverata di Nobile scandisce il susseguirsi delle immagini di repertorio, che ci guidano come Caronte in un viaggio nel tempo verso l’Inferno. L’inferno della miseria, della guerra, dell’ignoranza, di un dramma appena trascorso eppure così superficialmente dimenticato.
Perché noi abbiamo dimenticato. La distruzione delle bombe, la paura della notte sotto un cielo illuminato dalla guerra, la morte prematura dell’infanzia, la fame dei dopoguerra.
E le immagini fornite dall’Istituto Luce ci costringono a riguardare la verità, a risentirne il peso addosso. Costringono il nostro benestante e laccato pudore a gridare il rimorso per aver così sfacciatamente sputato sul sacrificio umano appena trascorso e a provare il rimpianto per un’esistenza difficile ma semplice. Umile. Così lontana dalle nostre vite di abiti e balocchi.
È complicato, in effetti, non rimanere ammaliati dai sorrisi della gente che davvero ha vissuto ‘una vita violenta’ e che con un misto di coraggio-imprudenza-ironia l’ha sempre guardata negli occhi.
Un po’ come Rabito, il cui flusso di pensieri e parole alterna senza mai stancare la consapevolezza del dramma e il sorriso della comicità.
Infatti in questo diario di 1027 “pagene”, ritmate da una punteggiatura e da una sillabazione inventate, l’uomo detta a questo impossibile, eppure quanto mai indubitabile scrittore, le pagine belle e brutte della quotidianità, la sua, da quella più ‘cattiva’ della gioventù a quella più ‘facile’ della maturità e della vecchiaia.
“Che belle epiche che sono per i miei figli; che belle epiche hanno capitato tutta questa gioventù”, scrive Rabito a cavallo tra gli anni ‘60/’70.
Così, parallelamente, nel docu-film della Quatriglio le immagini d’archivio sul finire diventano quelle personali di Rabito, quelle di sangue dei suoi tre figli.
Dal tocco delicato e tipicamente femminile, la pellicola della regista siciliana così acclamata a Venezia ha in sé la bellezza del dono: la Quatriglio ha in effetti ricordato ai meno e mostrato ai più la grandezza di una testimonianza storica che può contare pochi eguali.
Negativa, invece, la poco ricercata e per niente adatta colonna sonora. Fatto che stupisce se si pensa che il suo film d’esordio,L’isola, presentato al Festival di Cannes del 2003, fu premiato con il Nastro D’Argento per la colonna sonora originale.
Da vedere, ma soprattutto da ascoltare.
Uscita al cinema: 14 Settembre 2012
Dalila Lensi
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