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Mubi Film

‘La collezionista’: la lussuria gioca nella campagna francese

Quarto tassello della serie dei racconti morali di Rohmer. Disponibile su MUBI una storia di intellettualismo e passione

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La collezionista (1967), disponibile su MUBI. É il quarto capitolo dei “Sei racconti morali”, nonché il primo lungometraggio a colori di Éric Rohmer. Il regista francese si avvale, alla fotografia, dal futuro premio Oscar Néstor Almendros (Days of heaven).

‘La collezionista’: trama

Adrien è un antiquario che, quando la sua ragazza parte per Londra, decide di prendersi una vacanza nella villa concessagli dall’amico Rodolphe. Insieme a lui nella villa ci sono, l’amico Daniel e una giovane ragazza sconosciuta, di nome Haydée. Lo scopo di Adrien, è di lasciarsi andare all’ozio più totale. In questo soggiorno nella campagna di Saint-Tropez, sarà Haydée a scombussolare i piani di Adrien.

L’estetismo come unica via

La collezionista si apre con un prologo che sa molto di una dichiarazione di intenti. L’antecedente viene raccontato da questi brevi intermezzi, precedenti all’arrivo nella location principale del film, la villa a Saint-Tropez. In uno, il corpo di Haydée in costume da bagno, viene dissezionato attraverso diverse inquadrature. In un altro, si vede Daniel discutere con un critico d’arte. Nell’ultimo c’è Adrien, che insieme a diversi amici e alla fidanzata, ascolta una loro conoscente, affermare come lei non riesca a stabilire alcun rapporto umano con individui sgradevoli esteticamente.

Finito questo prologo, Rohmer mette subito in chiaro come l’arte e il bello siano le tematiche centrali del film. Il tutto immerso in un ostentato intellettualismo, rappresentato dai personaggi di Adrien e Daniel. Soprattutto nel protagonista, è possibile rivedere quella figura di dandy decadente, alla ricerca, in questo caso, dell’atarassia. Una ricerca che sembra appunto solo estetica, Adrien pare essere attirato più che altro dall’idea di questo idillio ozioso, come se fosse un gioco per stimolare la propria intellettualità, attraverso la sua stessa negazione.

A contribuire a questa dimensione estetizzante, c’è lo stesso film, che nella sua ambientazione, ripropone quasi un locus amoenus. La campagna, i giardini, la spiaggia, la villa, sono tutti luoghi esaltati dalla regia di Rohmer e dalla fotografia di Néstor Almendros. La collezionista è un piacere per gli occhi. Ma non solo le ambientazioni, essenziale in tutta questa dimensione estetica, è il corpo di Haydée. La ragazza è ritratta in modo voyeuristico, ma mai malizioso, nella piena dimensione intellettuale ed estetica, perpetrata dai protagonisti del film, la giovane diventa una musa.

Ars amatoria (l’arte di amare)

Ed è proprio attraverso la presenza di Haydée, che la pellicola inizia a ragionare sul gioco dell’amore, ma un amore che non è più quel canonico, “romantico struggimento”, è un amore carnale, votato alla passione, alla tattica e alla guerra. L’intellettualismo dei protagonisti si oppone all’istintività di Haydée. Adrien e Daniel riflettono costantemente sulla figura della ragazza, su come nella sua bellezza, ci sia qualcosa anche di ripugnante, a volte in maniera più superficialmente estetica, altre invece, sul piano prettamente morale.

Il film quindi ragiona su due tipi di estetismo (anche tre se contiamo le differenze fra Adrien e Daniel). Da un lato ci sono i due uomini, che non possono fare a meno di intellettualizzare tutto, dall’altra c’è Haydée , che come una collezionista, “raccoglie” i corpi degli uomini per aggiungerli alla sua serie di amanti. Lei è un elemento attivo, che fin dall’inizio si scontra con la staticità, la frivola contemplazione di Adrien. Ciò è ben mostrato nel prologo, quando Adrien, dopo aver parlato con la sua ragazza, torna nella villa degli amici. Passeggia per i corridoi e le stanze, ispezionando vari oggetti da comodino che ripropongono i corpi di figure femminili (dimensione statica, passiva, contemplativa), quando, proprio in una di queste stanze, è presente Haydée, in un letto, insieme a un uomo (dinamismo, azione, carne).

Haydée è una predatrice, colleziona senza proporre una qualsivoglia selezione, ma allo stesso tempo, ricerca qualcosa in ogni uomo con cui intraprende un rapporto. Adrien e Daniel la guardano, la giudicano, la insultano, ma contemporaneamente, alternano momenti in cui stanno al suo gioco seduttivo, ad altri in cui cercano di resisterle, di non finire nella sua collezione.

L’arte della conversazione

Con La collezionista, Rohmer costruisce una pellicola in cui le parole, come nel resto della sua filmografia, sono il centro nevralgico. Il quarto capitolo dei “Sei racconti morali”, ovviamente non è da meno. Adrien, Daniel e Haydée, si confrontano costantemente, esponendo ognuno le proprie idee. Da queste tre figure, il film risulta quasi come una sorta di gigantesco brainstorming sui temi della seduzione, dell’amore e del bello.

Se non sono i dialoghi a parlare, ci pensa la voce narrante di Adrien, ad accompagnare le immagini. Come all’inizio, arrivato alla villa, espone per diversi minuti il suo intento di acquisire, nella sua vacanza, l’ozio estremo.

Ma importanti in questo film sono anche i silenzi, momenti che di solito si caratterizzano per lo sguardo della macchina su Haydée. Uno sguardo che a volte viene veicolato attraverso delle soggettive di Adrien, come quando passeggiando nel corridoio della casa, sbircia nella camera della ragazza.

Dolce far niente

La collezionista è un film elegante, seducente e intelligente. La campagna, il sole, e l’amore, sono messi in scena da Rohmer con maestria. È questa un’estetica che pone le basi di film come Chiamami con il tuo nome di Luca Guadagnino o di alcune delle pellicole della regista Mia Hansen-Løve. Tutte prove autoriali che si rifanno a quest’ozio estivo, passionale e discorsivo.

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La collezionista

  • Anno: 1967
  • Durata: 86'
  • Genere: Drammatico, commedia
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Éric Rohmer