Tra i tanti riconoscimenti assegnati durante il Trieste Science + Fiction Festival vi è anche il Premio CineLab Spazio Corto. Riservato per l’appunto al miglior cortometraggio italiano presentato nella sezione Spazio Corto, il premio viene conferito da una giuria composta da studenti del DAMS, Corso di studi interateneo Università degli Studi di Udine e Università degli Studi di Trieste.

Premio e motivazione
Al termine di questa edizione del Trieste Science + Fiction Festival il Premio CineLab Spazio Corto è stato assegnato a Starr di Riccardo Grippo, con la seguente motivazione: “Starr è un corto che si presenta a schermo come una denuncia tragicomica alla spettacolarizzazione dell’individuo e alla conseguente perdita di sé, per soddisfare le richieste di un pubblico deumanizzante, che esige un intrattenimento sempre più estremo. La violenza grottesca e splatter va di pari passo con la comicità slapstick, in un mix di sangue e risate, lame e smile.”
Una giuria molto giovane, come vi abbiamo anticipato, che ha saputo cogliere bene la per certi versi drammatica attualità del corto in questione.

Social disumani e loro grottesca rappresentazione
Nei migliori cortometraggi italiani visti quest’anno a Trieste il “dark side” dei social pare averla fatta da padrone. Con esiti talvolta illuminanti, sebbene di una luce sinistra si tratti. Abbiamo già parlato ad esempio in altra sede di quanto ci abbia colpito Selfie di Giulio Manicardi.
Per vie simili ma decisamente più “gore” si muove Starr di Riccardo Grippo, geniale cortometraggio in cui un’aspirante “influencer”, appena firmato il contratto con una misteriosa società intenta a lanciare nuovi talenti (o più che altro nuovi fenomeni da baraccone, in stile TikTok) nel caos rappresentato oggi dal web, viene rapito da due loschi dipendenti dell’azienda, il cui incarico è proprio questo: sequestrare le aspiranti star costringendole a uccidersi tra di loro, per ottenere più visualizzazioni e più successo all’interno di un format luciferino.
A dirla tutta, di lavori cinematografici così orientati se ne sono visti anche altri, negli ultimi tempi. Il segreto di Starr però è l’accentuare la chiave grottesca facendola scorrere in parallelo coi litri e litri di sangue (finto) versati in scena. Un montaggio psichedelico ci accompagna nella progressiva discesa agli Inferi del protagonista. Ma a sorprendere più di ogni altra cosa è la recitazione straniante dei due silenziosi sgherri che gli fanno da guardiani: la loro clownerie è tale, da ricordare a tratti i personaggi delle comiche del cinema muto. Tutto un susseguirsi di “gag” dal sapore slapstick, che alla fine rende ancora più assurda e alienante la violenza associata qui al mondo dei social.