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Interviews

Intervista con Leandro Picarella regista di ‘Segnali di vita’

Un documentario che non è solo un documentario. Da uno sguardo al presente alla mescolanza di finzione e realtà. Del titolo e dei suoi temi abbiamo parlato con il regista

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leandro picarella

Presentato nella sezione Freestyle della Festa del cinema di Roma 2023, Segnali di vita è il film diretto da Leandro Picarella. Si tratta di una produzione Qoomoon con Rai Cinema in coproduzione con Soap Factory. Al suo terzo lungometraggio Leandro Picarella realizza un film sull’empatia. Al regista abbiamo fatto alcune domande.

Il film è in sala dal 29 Aprile.

Leandro Picarella e il suo Segnali di vita

Volevo partire con il chiederti qualcosa da proposito della musica iniziale che richiama l’idea di fantascienza. Non a caso poi si parla di astrofisica, quindi sembra esserci già un legame iniziale che strizza l’occhio anche a qualcosa di fantastico. Non a caso, per certi aspetti, a me ha ricordato la sigla di Stranger Things.

Non era mia intenzione richiamare Stranger Things (ride, ndr), ma l’idea è che anche dal punto di vista musicale mi interessava provare a lavorare su sonorità legate a Vangelis.

Siamo in un ambiente scientifico, in una valla isolata e l’idea di legare i sintetizzatori a uno strumento come il sassofono tra le montagne a 2000 metri mi affascinava molto. Penso che il tipo di sonorità, soprattutto il sax, che è uno strumento solista, all’interno di composizioni molto ricche sul piano dell’elettronica potesse restituire l’idea della voce del protagonista. Non c’era in partenza l’idea di richiamare Stranger Things.

Lo dicevo perché è una musica che richiama il fantasy, per certi versi, e fa riflettere sul fatto che Segnali di vita non è del tutto un documentario, almeno all’inizio.

No, non lo è. Da anni lavoro molto sulla mescolanza tra realtà e finzione: a me interessa l’idea della verosimiglianza e della realtà. Non credo che questa possa esprimersi soltanto attraverso una ripresa del reale, ma mescolando elementi che fanno parte della realtà. Questo non vuol dire creare una struttura fittizia o non autentica. Punto sull’autenticità e questo luogo, questo laboratorio umano oltre che scientifico, mi sembrava ideale per poter lavorare con questi elementi e mettere insieme alto e basso, grande e piccolo, macroverso e microverso.

Umano e artificiale

Rimanendo sempre sull’inizio del film, dopo questa musica c’è una ripresa interessante che funge un po’ da anticipazione del film. Si vede un posto asettico, artificiale, vuoto, senza persone. La voce arriva da fuori campo e, soltanto in un secondo momento, si vedono delle persone. C’è un importante e interessante rapporto tra umano e non umano.

Sì, e anche un importante rapporto con il luogo. Nei miei lavori ho sempre ricercato prima i luoghi. Sono convinto che le storie siano nei luoghi. Penso che connettendosi e vivendo in un luogo anche per un lungo periodo (io, per esempio, ho vissuto tanto tempo lì prima di cominciare le riprese) si possa entrare in relazione intima con esso, con le persone, rispettando entrambi. Quindi nasce da lì, dal contemplare il luogo, dal rendersi conto di ciò che può restituirci.

leandro picarella

Una struttura scientifica in mezzo a un luogo così isolato di per sé è molto affascinante. Era interessante scoprire cosa c’era oltre.

All’inizio, quando sono arrivato, ero alla ricerca di storie che non trovavo perché le persone erano molto chiuse in tutti i sensi. Appena sono entrato nelle loro vite, le storie sono cominciate a uscire, sono emerse.

Leandro Picarella si racconta attraverso Segnali di vita

Quindi la storia è nata in questo modo. Si può dire che è un racconto di te?

Sì, assolutamente. E Paolo, l’astrofisico protagonista, potremmo dire che è il mio alter ego, cioè la persona che arriva da fuori e che offre uno sguardo esterno su quel mondo lì.

È un racconto personale.

Sì, anche io sono stato accolto dalla comunità dopo un po’. All’inizio ero un oggetto estraneo, poi ho imparato a vivere in montagna. Per esempio c’è una scena nel film in cui Paolo sta male dopo una sbronza e viene aiutato dalle persone del luogo. Allo stesso modo anche io sono stato quasi salvato per un problema (ho preso sotto gamba gli estremi atmosferici caldo-freddo in estate). Questo per sottolineare quanto è importante vivere nei luoghi. Prima va vissuto in prima persona, altrimenti il film non verrà mai.

Il cinema nel cinema

A tal proposito volevo dirti che mi è piaciuta molto l’idea di far riprendere a lui le persone. Con la telecamera che riprende i vari personaggi intenti a rispondere alle sue domande. È una sorta di documentario nel documentario.

Sì, è praticamente metacinema. Ho puntato anche su questi incontri filmati che mettono in relazione persone che non si conoscono oppure che si conoscono in maniera vaga attraverso l’intervista. Il questionario secondo me è interessante e nasce da un mio film precedente Divinazioni, in cui il protagonista per altre esigenze (era un cartomante) mi ha permesso di trovare una cifra, un ambiente di ricerca interessante. Sono state messe in relazione persone che non si conoscono in situazioni non abituali, non preparandoli a quello che sarebbe potuto accadere. Ho dato delle coordinate, ma poi ho lasciato che le cose si manifestassero per quello che sono per cui può essere finzionale il pensiero primigenio, ma poi non lo è l’attuazione perché quello che accade accade veramente. Io lavoro in questo modo, almeno per quanto riguarda il cinema del reale credo che sia un ottimo modo per sperimentare, anche linguisticamente.

Si può dire che in base alle riprese che Paolo fa sembra che il documentario sia diviso in capitoli. In base a quello che chiede c’è un tema diverso ogni volta e anche le persone, con l’andare avanti del documentario, crescono, si evolvono così come il loro pensiero.

Certo, ed è anche un elemento interessante. Hai colto una cosa importante: la divulgazione scientifica, se espressa e divulgata in un certo modo, può creare tante cose.

Molto nasce dalla pandemia: l’empatia, l’entrare in contatto, l’incontrarsi, ma allo stesso modo anche per quanto riguarda i temi scientifici. C’è stato molto dibattito, anche acceso, da questo punto di vista.

Anche uno come Paolo, che all’inizio è sulle sue, è uno scienziato per cui esiste solo la scienza, il metodo scientifico, piano piano scopre l’umano e scopre che le differenze che ci sono tra tutti noi avvalorano anche le sue stesse tesi. Solo che non lo sapeva. Lo scopre vivendolo. Ed ecco l’idea di essere tutti polvere di stelle. Anche una persona che non conosce delle cose non deve essere giudicata perché non le conosce, magari comunicandole bene quelle cose le conoscerà e accresceranno la sua cultura.

Musica e paesaggio

Ritorno sul discorso del rapporto tra musica e paesaggio. C’è un contrasto anche tra i rumori e il silenzio che corrispondono rispettivamente ai momenti in cui ci sono persone e quelli in cui Paolo è da solo. Quindi c’è un contrasto tra l’immensità di quello che c’è intorno a lui e il silenzio.

Esatto. L’idea di avere un impianto sonoro che potesse valorizzare gli ambienti e differenziarli e, quindi, essere anche narrazione esiste fin dall’inizio.

Ho sempre lavorato con il suono in questo modo, a maggior ragione in questo ambiente. Poi qui ti permette di valorizzare certe cose e sottrarne alcune. Identificare ambiente scientifico e ambiente naturale era importante.

Riflettevo su quello che mi hai detto relativamente al fatto che il film è nato anche a seguito della pandemia. Si può considerare una sorta di metafora?

Sì, lo è. Non volevo fare un film post covid, ma uno dove questo potesse emergere naturalmente. Siamo stati distanziati durante la pandemia e alcuni hanno colto al volo l’occasione. Paolo, per esempio, è una persona chiusa che arriva con un atteggiamento e va via con un altro.

leandro picarella

L’esperienza del covid per molti ha insegnato anche il valore dello stare vicini, dell’incontrarsi, oltre che cercare di limare i contrasti e le differenze. Tanto siamo tutti polvere di stelle (ride, ndr).

Finzione e realtà alla base dei lavori di Leandro Picarella

Segnali di vita sembra un film di finzione. Anche per la struttura, come lo hai costruito. Lui e l’ambiente all’inizio sono in equilibrio, poi c’è una rottura e lui che è costretto a rapportarsi agli altri. Quindi c’è questa mescolanza di cui parlavi tra finzione e realtà.

Sì, è presente e voluta ed è secondo me l’aspetto interessante anche dal punto di vista creativo. A me piace prendere elementi della realtà, scoprire delle cose, con curiosità, appartenenti alla vita di Paolo, delle persone e metterle e mescolarle. Per esempio, la tesi di dottorato di Paolo era sulle misconcezioni scientifiche e l’idea del questionario nasce da lì (è una cosa reale). Questo elemento ha fatto sì che Paolo, che non aveva rapporti di amicizia e confidenza, attraverso quell’elemento che sembra finzionale, ha degli incontri veri.

Per cui cosa è importante? La realtà documentaria o quella finzionale? Secondo me nessuna delle due e, al tempo stesso, entrambe le cose. Faccio mia l’idea del cinema della realtà che ormai negli ultimi 15 anni ha anche espresso il miglior cinema italiano.

Segnali di vita non è il classico documentario statico. Anzi non lo definirei nemmeno un documentario a 360°.

No, infatti. Direi che è un film. Anche perché l’idea del documentario di insegnare qualcosa è obsoleta. Nessun documentario esiste davvero perché, nel momento in cui, per fare un documentario, stai posizionando la camera in quel modo, stai scegliendo che non racconterà mai la totalità della realtà. Siamo nell’era della mescolanza, dell’ibrido, del non genere.

L’attualità

Ed è anche attuale sotto tutti i punti di vista, dalla struttura ai temi. Non so quando è nata l’idea.

Un anno e mezzo fa. Lo sviluppo c’è stato nel 2019, poi c’è stata la pandemia e abbiamo ricominciato nel 2021. Mi sono trasferito a inizio 2022 nel paese dove è ambientato Segnali di vita e sono tornato a marzo 2023.

Hai anticipato alcuni dei temi caldi del mondo.

Secondo me se si vuole raccontare il mondo in cui viviamo, essere connessi con quello che accade è importante. Poi questi piccoli luoghi, che sono così distanti dalla città, dai nuclei nevralgici, sono anche e soprattutto luoghi di frontiera. Quello che accade arriva con un’altra forma: è un modo per capire come gli effetti di quello che accade nel mondo si riflettono sulle piccole comunità. Nei luoghi di frontiera questa cosa accade ancora di più.

L’idea è nata prima del tuo spostamento o dopo?

Io mi sono spostato dopo lo sviluppo del film, quando avevo le idee più chiare. Ma il film si è sviluppato quando ero lì.

Paolo è vittima delle aspettative disattese. Quando una persona è impegnata a guardare troppo in alto non si rende conto di quello che gli sta accadendo attorno. E la pandemia, secondo me, è stato riportare molte persone sulla terra per le cose importanti.

Nuovi progetti

Stai già preparando qualcosa?

Sì, sempre su una piccola comunità, sempre con mescolanza di realtà e finzione. Vorrei concludere questo viaggio con le piccole comunità estreme. Ora sono concentrato sull’isola di Linosa. Sto girando con due bambini dell’isola. Ho già girato questa estate una fase, ma il film si dipana in più fasi e, quindi, ci devo tornare. Anche lì arrivano i riflessi della nostra contemporaneità.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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Segnali di vita

  • Anno: 2023
  • Durata: 105'
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Leandro Picarella