Si sa, Stranger Things (2016-), la famosa serie ideata dai Fratelli Duffer, basa molta della sua estetica su rimandi e sulla nostalgia per l’immaginario degli anni’80.
Non tutti però sanno riconoscere tutte le citazioni, spesso perché i film a cui si fa riferimento non sono famosi come una volta; quindi si è deciso di fare da ciceroni nel fantasioso mondo del cinema di genere, con una serie di approfondimenti sul tema.
In questo, esamineremo l’ispirazione che la terza stagione ha preso dal capolavoro horror di John Carpenter del 1982: La cosa.
Citazioni generazionali
Gli anni’80 sono a loro modo una riproposizione dei ’50:, consumismo, maschilismo, ascesa della televisione commerciale, patriottismo eroico nel cinema e paura del comunismo con isterismi annessi.
Non stupisce poi così tanto scoprire quindi, che La cosa (1982) di John Carpenter sia un remake di un omonimo film di Howard Hawks del 1951. Per comprendere l’amore di Carpenter per questo film, basti pensare che nel suo originale Halloween (1978) Jamie Lee Curtis nel ruolo della protagonista appare in una scena dove lo guarda alla televisione.
I Duffer, essendo nati nel 1984, non poterono fare altrettanto negli stessi anni (Holly, la sorellina di Mike nella loro serie, avrebbe oggi più anni di loro), ma di sicuro li hanno visti e ne sono stati ispirati. Infatti, la terza stagione di Stranger Things li cita a sua volta per bocca di Lucas, con una metafora in pura salsa anni’80.
Nella scena del supermercato (3×07, Il Morso), i ragazzi stanno aspettando che Undi abbia una delle sue visioni. Lucas sorseggia una lattina della nuova versione della Coca Cola. Ne nasce una discussione con Mike, che non si capacità di come possa piacergli, se paragonata alla ricetta originale.
Lucas gli risponde: “E’ come La cosa di Carpenter: l’originale è un classico, su questo non c’è dubbio, ma il remake…è più dolce, più audace, migliore.”
Certo, Carpenter avrà imprecato sentendo un suo film paragonato in un product-placement alla bibita commerciale per eccellenza, essendo fortemente anticapitalista e consumista. Basti pensare alla sequenza degli occhiali in Essi vivono (1988) per capire cosa pensi della pubblicità. Comunque, un ragazzino degli anni’80 come Lucas, avrebbe comunque potuto realisticamente dire quella frase, non comprendendo pienamente il significato del film. Diamo ai Duffer il beneficio del realismo. Il problema viene quando non si cerca almeno di farlo capire a quelli dei giorni nostri quando se ne ha l’opportunità.
Quando non sai da cosa nasconderti
Cosa collega quindi queste due pellicole? Il mostro? Probabilmente no, considerando che sotto questo punto di vista, differiscono molto. Nella versione di Hawks è un’entità umanoide, in quella di Carpenter, beh, cambiando forma di continuo, non è proprio chiaro cosa sia. l’horror di questi due capolavori proviene da qualcosa di più istintivo: la paura del mostro.
La cosa è ambientato in una base metereologica artica, dove un gruppo di scienziati libera accidentalmente una creatura aliena, rimasta ibernata nel ghiaccio. Presto scopriranno che questa “Cosa” è mutaforma. Quando è nella sua versione più aliena, si presenta come un orribile amalgama di creature diverse che ha assorbito. Il suo potere è la virulenza stessa, il riuscire a adattarsi a ogni condizione, di infiltrarsi d’ovunque e in chiunque.
Ultimamente, si sente dire spesso che il cinema di genere americano sia in decadenza perché troppo immischiato con la politica. Niente di più falso. Il cinema in generale, e quello di genere in particolare (americano e non), contiene da sempre punti di vista e opinioni politiche. Questo non è il luogo per addentrarsi in un discorso così complesso, ma ci serve tenere a mente questo punto di partenza per capire il vero significato dietro le due “cose”.
Due decenni a confronto
Gli anni’50 e ’80, vivevano di una dicotomia esistenziale: da un lato l’ottimismo capitalistico che portava alla ricerca della felicità tramite il consumismo più sfrenato, dall’altro allo spaesamento di chi non credeva in questi ideali. Come se non bastasse, la minaccia della guerra nucleare e delle infiltrazioni comuniste, conduceva a esaurimenti nervosi molti benpensanti e madri di famiglia, convinte che i russi avrebbero mangiato i figli, o trasformatili in estremisti politici.
“Ma in La Cosa, non ci sono i comunisti” diranno alcuni di voi, giusta osservazione. Il punto è che non serve che ci siano, perché il mostro e la sua ambiguità sono essi stessi la paura del comunismo. Sia Hawks, ma soprattutto Carpenter, non erano poi così timorosi di per sé del comunismo. Erano spaventati dalla paura del comunismo e dalle conseguenze sulla mentalità delle persone. La caccia alle streghe del maccartismo non è poi così diversa da quella dei protagonisti di questi due film, mentre cercano di capire chi di loro sia stato infettato ed è in realtà il mostro sotto spoglie umane.
Sranger Things e la paura del comunismo
Stranger Things non è solo una nostalgica serie di citazioni all’immaginario cinematografico fantascientifico degli anni’80, ma riprende questi temi nel loro contesto storico più o meno direttamente.
In casa Wheeler la paura del comunismo è presente come in altre. Sennò, non si spiegherebbe perché il padre di Mike, si debba giustificare di fronte agli agenti dell’FBI alla fine della prima stagione, dicendo che la sua è una famiglia patriottica e che non hanno nessun collegamento con la presunta spia comunista che vanno cercando, ossia Undi.
Quest’ultima è direttamente vittima della lotta ai sovietici: esperimento umano in un progetto segreto del governo per lo sviluppo di spionaggio psichico (che nella versione originale della serie, avrebbe dovuto chiamarsi “Mk Ultra”, ossia il progetto della CIA realmente esistito per il controllo mentale delle masse), per poi finire braccata dalle autorità una volta che questo ha aperto una breccia verso una dimensione demoniaca.
Nella terza stagione, la trama prevede due minacce: da un lato, una vera e propria infiltrazione dell’armata rossa (per quanto inverosimile per la sua portata e per essere in combutta col sindaco), che costruisce un laboratorio per costruire un teletrasporto per una futura invasione degli Stati Uniti, sotto il simbolo di questi: un mega supermercato.
Dall’altro. Il Mind Flayer (l’entità che domina il Sottosopra), inizia una sua infiltrazione del mondo reale, mandando dei parassiti che infettano gli abitanti di Hawkins per possederli mentalmente. Tra questi c’è Billy, il fratellastro di Max, stravolgendo il loro rapporto e i capi redattori del giornale locale, datori di lavoro di Nancy e Jonathan. Una volta catturate abbastanza persone, questi si sciolgono in una massa di materiale organico, che darà un corpo mostruoso al Mind Flayer, dotato di tentacoli e artigli.
Così, mentre tutti sono distratti dalla fiera per la festa del 4 luglio, solo un gruppo degli abitanti di Hawkins potrà salvare la situazione, cercando di capire chi sia stato corrotto quando nessuno può credergli.
Vi ricorda qualcosa?
La metafora dello starcourt
Ma quindi, Stranger Things cita solo i film di Carpenter e Hawks per il gusto postmodernista del rimando cinematografico ed effetto nostalgia? O c’è qualcosa di più?
Se a primo acchito potrebbe sembrare giusta la prima ipotesi, comunque Stranger Things vuole quasi sempre commentare l’eredità degli anni’80. Non è un caso che il laboratorio dei sovietici sia sotto il centro commerciale, che tra i primi ad essere posseduti dal Mind Flayer ci siano i proprietari di un giornale, interessati a vendere pagine piene di sciocchezze, trascurando eventi più seri e importanti, o che lo scontro finale avvenga proprio nel suddetto Starcourt Mall.
Credo che i fratelli Duffer abbiano voluto usare il centro commerciale come una metafora degli anni’80. Dove in un primo momento abbiamo visto Undi e Max divertirsi e scoprire la loro identità tramite lo shopping sulle note di Material Girl di Madonna, nell’ultimo episodio, le loro certezze sul luccichio della loro vita crolleranno assistendo all’orrore della morte di persone a loro care.
Sempre allo Starcourt, nel primo episodio, abbiamo visto i ragazzi assistere alla proiezione, all’interno del cinema, di Day of The Dead (1985) di George A. Romero, altro classico anti-militarista e critico nei confronti dell’America di quegli anni.
Forse, vedere Lucas fare paragoni tra la Coca Cola e La cosa o Max spaventarsi e ridere del film di Romero, in modo spensierato, senza capirne il peso ideologico, è un commento stesso agli anni’80.
I ragazzi dell’epoca non li avevano compresi, erano ipnotizzati dalla società americana reaganiana, e quindi, quando ne avvenne il crollo, vennero colpiti come un fulmine a ciel sereno.
Gli archi narrativi
Undi perderà anche i suoi poteri a causa del mostro, mente Max inizierà un nuovo arco narrativo, che la porterà ad alienarsi dal mondo che la circonda e a chiedere all’inizio della quarta stagione a Lucas perché gli importa tanto di cose triviali come la pallacanestro, quando succedono cose orribili tutt’intorno a loro.
Ritroveremo Hopper vivo nella stagione successiva di Stranger Things, ma internato in un gulag sovietico che l’ha cambiato profondamente nel corpo e nella mente. Laggiù, dovrà affrontare soldati e demogorgoni imprigionati insieme a lui, in un’ambientazione che rimanda (benché solo visivamente), quella de La cosa. Lo vedremo uccidere i mostri con un lanciafiamme, come Kurt Russel nel film di Carpenter.
In conclusione, forse si sarebbe potuto fare qualcosa di più, ma Stranger Things non è comunque solo una vetrina acritica sugli anni’80, ma una serie postmoderna che vuole commentarli e mostrarne anche i lati più oscuri.