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Interviews

Massimiliano Palmese. Intervista al regista di ‘Bellezza, addio’

Un film che parla di poesia e di vita

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Bellezza

Massimiliano Palmese torna alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, con Bellezza, addio, scritto e diretto con Carmen Giardina e prodotto da Zivago Film e Luce Cinecittà.

Bellezza, addio' il film-documentario dedicato a Dario, il grande poeta - la Repubblica

Un film poetico

Il nuovo film di Massimiliano Palmese, scrittore, poeta e da alcuni anni regista, è un film poetico e ciò non solo perché il suo protagonista è Dario Bellezza, ma perché riesce a trasmettere con le immagini la suggestiva potenza della poesia, l’arte più semplice, fatta di sole parole.

Bellezza, addio racconta la vita di un grande poeta, uno spirito lucido, sempre disobbediente, ironico e vitale. Interviste ai suoi amici, spezzoni delle trasmissioni dell’epoca e interventi dello stesso Bellezza danno forma a un film che parla di poesia e di vita.

La Roma anni Settanta fa da sfondo, ma nel corso di Bellezza, addio acquista sempre più spazio e diventa un personaggio collettivo, rappresentato da tanti artisti che accompagnano Dario Bellezza nella sua vita pubblica e privata.

Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Alberto Moravia, Amelia Rosselli e Anna Maria Ortese sono solo alcuni suoi amici, che davano forma a una straordinaria sorellanza e fratellanza .

Bellezza, addio è stato proiettato, come evento speciale, durante la 59° Edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema e Taxidrivers ha avuto il piacere di incontrare Massimiliano Palmese.

Il caso Braibanti - Carmen Giardina

Massimiliano Palmese: da Il caso Braibanti a Bellezza, addio

Era il 2020, quando hai presentato il tuo primo film, Il caso Braibanti al Pesaro Film Festival. Oggi a distanza di tre anni torni alla Mostra Internazionale del Nuovo film con Bellezza, addio. Pesaro è per te un appuntamento a cui non vuoi mancare?

L’edizione del 2020 fu condizionata dell’emergenza del covid; infatti, il festival si svolse ad agosto. Il caso Braibanti fu accolto abbastanza bene. Purtroppo il film, dopo Pesaro, ha avuto poche proiezioni pubbliche a causa della pandemia, ma è circolato molto in streaming, dove è riuscito ad attirare l’attenzione di molti.

La vetrina della Mostra di Pesaro aiutò molto il film e oggi tornarci è per me una grande emozione. Era una mia ferma intenzione tornare a Pesaro e quando è arrivato l’invito sono stato molto contento di accettare. La Mostra internazionale del Nuovo Cinema ha portato fortuna tre anni fa e sicuramente sarà il nostro amuleto anche oggi e per questo non posso che ringraziare il Direttore Artistico, Pedro Armocida.

Bellezza addio recensione documentario [PesaroFF59]

I disubbidienti

Il caso Braibanti e Bellezza, addio sono due film con vicende diverse. Non tanto diversi, invece, appaiono i due protagonisti. Cosa accomuna Aldo Braibanti ad Dario Bellezza?

Il caso Braibanti è un film nato da una lunga esperienza teatrale. Avevo lavorato sulle carte del processo e il frutto di questo lavoro è stato un testo teatrale. Uno spettacolo indipendente, che nonostante le molte difficoltà, ha avuto un buon successo. Poi, è arrivata l’idea di dargli un’altra veste. Iniziammo a girare qualche scena, successivamente abbiamo aggiunto una voce narrante e così è nato il mio primo film.

In ogni modo, sia per Il caso Braibanti, che per Bellezza, addio, sono stato attratto dalle voci forti, originali e irregolari di Aldo Braibanti e Dario Bellezza, due intellettuali di cui si era persa memoria.

Il primo, ormai, lo si conosce solo per il celebre processo; il secondo, invece, capita di incontralo ripercorrendo il mondo della cultura omosessuale. Entrambi, comunque, non sono figure impresse nella memoria collettiva, nonostante le loro voci hanno ancora molto da dire. Aldo Braibanti e Dario Bellezza sono stati due grandi disobbedienti e questo ha catturato il mio interesse nel comprendere la loro vita.

I due film, poi, hanno molti punti in comune anche nella struttura narrativa. Il caso Braibanti ricostruisce la biografia, che ripercorre tutto il Novecento, del suo protagonista e poi ha il cuore narrativo nel processo.

Con Bellezza, addio abbiamo tentato di proporre lo stesso discorso. La vita di Dario Bellezza rappresenta il cuore del film, ma si prova a tratteggiare un profilo di carattere generazionale sull’Italia, su Roma, e su un’epoca in cui si viveva per la letteratura e per l’arte.

Bellezza Addio: La recensione del documentario dedicato a Dario Bellezza

La vita al servizio dell’arte

Oggi che valore ha la letteratura?

Il film fa riferimento a un’epoca in cui poeti e scrittori vivevano in funzione della letteratura; oggi, invece, si mette la letteratura al servizio della propria vita. È diventata un mezzo qualsiasi per fare soldi e avere visibilità.

In Bellezza, addio ci sono tanti personaggi che affiancano il protagonista: Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Amelia Rosselli, Anna Maria Ortese e tanti altri. Tutti questi grandi scrittori, però, non hanno mai mostrato interesse a fare soldi attraverso la letteratura e tantomeno erano ossessionati dalla visibilità. Esisteva in loro un certo pudore che oggi manca del tutto. Per esempio, quando Elsa Morante ottenne un grande successo con La Storia, provò una certa timidezza, che non le consentiva di uscire da casa.

Mettersi al servizio della propria arte procurava una condizione economica molto precaria e questa è un’altra caratterista che accomuna Dario Bellezza e Aldo Braibanti. Entrambi hanno messo davanti a tutto la loro passione, come ha fatto anche Anna Maria Ortese, oggi ritenuta una grande poetessa, ma che in vita non ha guadagnato nulla dalla sua letteratura.

Le esistenze di Dario Bellezza e Aldo Braibanti sono state segnate da un forte spirito di sacrifico. La loro vita, la loro opera potrebbero essere viste come una missione?

Per un certo senso senso sì. In ogni missione, però,  c’è sempre uno scopo che sia sociale, politico o pedagogico, poco importa. La loro era passione pura, che in certa misura li rendeva anche vittime.

Pier Paolo Pasolini si poneva lo scopo di compiere la sua missione salvando il mondo; Dario Bellezza, invece, era convinto che il mondo fosse ormai perduto. Nel film, infatti, lo ascoltiamo dire: L’unica speranza è Dio, ma io non credo.

Le lettere tra Anna Maria Ortese e Dario Bellezza

Come nasce il titolo del film?

Il titolo è ripreso dall’epistolario tra Anna Maria Ortese e Dario Bellezza. È qui che ho ritrovato lettere, in cui spesso si fa riferimento alla precaria condizione economica in cui vivevano i due scrittori.

L’argomento è trattato inizialmente con ironia, come quando la Ortese scrive a Bellezza di farsi regalare una casa da Moravia. Poi il registro si fa serio e si parla di dolore, causato da una società ingiusta e non civile. Tutti dovrebbero avere il diritto al sostentamento economico.

L’addio del titolo, poi, trova la sua corrispondenza narrativa all’interno del film. L’addio a un’epoca e l’aprirsi al cambiamento di una nuova civiltà.

Dario Bellezza - Wikipedia

Lo scontro con Aldo Busi

Questo mutamento della società crea un discrimine anche nel mondo della letteratura dell’epoca che nel film viene evocato mostrando lo scontro tra Dario Bellezza e Aldo Busi in una trasmissione televisiva, condotta da Arnaldo Bagnasco.

Siamo ormai negli anni Ottanta. Pasolini, grande ammiratore di Bellezza, considerato il più grande poeta della sua generazione, era morto da tempo e le regole del mercato iniziavano a dettare legge anche in letteratura. Dario Bellezza, invece, rappresentava ancora l’arte dello scrivere nella sua forma pre – industriale, era un artigiano della parola.

Aldo Busi, dal canto suo, era il tipico esempio di un mondo in cui il mercato aveva occupato la scena. I due scrittori, dunque, rappresentavano gli ideali di mondi in contrapposizione e lo scontro fu inevitabile.

Dunque, attraverso il racconta della biografia di Dario Bellezza si vuole dare addio a un’intera epoca?

Il tema dell’addio e la rievocazione di un’epoca è solo uno dei temi del film. Accanto a questo, infatti, c’è quello della memoria che dà vita alla necessità di fotografare quel passato, gettando un’ancora e creando un legame con il presente.

La memoria

L’importanza della memoria in Bellezza, addio emerge dall’uso che abbiamo fatto dei tanti archivi consultati. C’è prima di tutto quello della famiglia che ha messo a disposizione fotografie e diari. Poi abbiamo consultato l’archivio della RAI, di Mediaset e della Fondazione Consoli, dove ho trovato un filmato a colori del funerale di Pasolini.

Gli archivi hanno la stessa funzione dell’ancora di cui parlavo prima. Purtroppo questa a volte si spezza e la memoria degli archivi viene tralasciata, nelle peggiori ipotesi persa. Lo Stato e le sue istituzioni più di una volta hanno dimostrato il loro disinteresse nel tutelare questa preziosa memoria. Come è successo per l’archivio di Dario Bellezza, che quando fu messo all’asta non giunse nessuna proposta dalle Istituzione e l’archivio è sopravvissuto solo grazie all’intervento di Giuseppe Garrera.

Dario Bellezza viene descritto come una persona vitale, ironica, ma già nei primi minuti del film si percepisce un sentore mortifero. Una lotta tra vita e morte?

Dario Bellezza è stato perennemente in lotta tra vita e morte. Già nelle sue prime poesie la morte è un tema centrale. Negli anni Settanta scrive Morte funesta. Il film, poi, inizia con un brano tratto da Nozze con il diavolo, un testo autobiografico, dove il poeta evoca un episodio della sua infanzia in cui la morte ha un ruolo centrale.

Lui, insomma, è stato sempre perseguitato dall’idea della morte, come avviene per ogni mente geniale. È il tema principe, che trasmette il senso di precarietà. Alberto Moravia diceva che l’artista va all’estremo delle cose e lì c’è la morte.

Dall’altro canto, Dario Bellezza era anche molto vitale. Tutti lo ricordano per la sua risata e possedeva un grande senso dell’ironia. Passare del tempo con lui era sempre piacevole.

Bellezza, addio - Film (2023) - MYmovies.it

Il pudore della malattia

Il film non tralascia di raccontare la malattia, vissuta con estremo pudore. Poi viene pubblicato un articolo sul Messaggero e tutti vengono a sapere che Dario Bellezza è malato di AIDS. Questo fu un episodio che accelerò il processo della malattia?

Sicuramente incassò un duro colpo. Quando si è malati è fondamentale cercare di essere sereni, aiuta moltissimo e purtroppo per Dario essere sbattuto in prima pagina fu un vero trauma, con gravissime conseguenze. Il padre malato di cuore non sapeva nulla della malattia del figlio e apprenderlo dalla stampa, causò la sua morte.

Erano gli anni in cui si sapeva poco di AIDS e molte persone avevano persino paura di toccarlo, spesso veniva insultato per strada. Per Dario Bellezza tutto ciò fu bruttissimo, decise di non uscire più di casa e ciò sicuramente lo fece morire prima.

Tu nasci come scrittore, drammaturgo e poeta, poi da alcuni anni sei passato dietro la macchina da presa. Com’è stato il passaggio dal racconto fatto di parole a quello fatto con l’immagine?

È fantastico, il documentario mi permette di rimanere nel mio ambito, la letteratura. Posso studiare le opere che mi affascinano. Il cinema in generale ha poi il potere di svelare alcuni retroscena della vita dei poeti e di trasmetterli al pubblico.

È un lavoro duro, ma che mi sta dando tante soddisfazioni. Spero di continuare a lavorare in questo ambito e ringrazio la Zivago Film e Luce Cinecittà che hanno creduto nei miei progetti.

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