Paradise Highway è un film del 2022 scritto e diretto da Anna Gutto e interpretato da Juliette Binoche, Frank Grillo e Morgan Freeman. Coprodotto a livello internazionale tra Stati Uniti, Germania e Svizzera da Silver Reel, ma totalmente girato in Mississippi (USA).
Norvegese di nascita ma da lungo tempo residente negli Stati Uniti, la regista nota per i suoi lavori teatrali, si cimenta in una prima prova cinematografica con un thriller dalle premesse interessanti. Il premio Oscar Juliette Binoche intepreta Sally, una camionista costretta a trasportare un carico misterioso per salvare la vita del fratello, in procinto di uscire dal carcere. Scoprirà suo malgrado che non si tratta di un carico di droga, ma di un’adolescente vittima di un traffico di esseri umani.
Il trailer di Paradise Highway è stato rilasciato in Italia durante l’edizione del Festival di Locarno 2022, nella sezione fuori concorso.
Un camion si muove lungo una striscia d’asfalto nelle lande dell’America selvaggia, isolata e nuda. Sally (Juliette Binoche) è alla guida del truck, dove lavora e vive. Un lupo solitario che comunica soltanto con qualche amica/collega tramite radio durante le ore alla guida.
Sally è anche la sorella di Dennis (Frank Grillo), detenuto in prigione per una serie di reati accumulati in passato. Tra i due c’è un legame fortissimo, fatto di mutuo soccorso in un contesto familiare doloroso. Il fratello sta per essere scarcerato, quando chiede a Sally un ultimo favore.
S’intuisce che non è la prima volta che Sally aiuta Dannis ad uscire dai guai. Tuttavia acconsente, convinta che si tratti dell’ennesimo ed ultimo carico di droga. E invece si trova davanti una ragazzina di 12 anni di nome Leila (Hala Finley): un pacco da consegnare all’acquirente in un giro ignobile di prostituzione lontano dall’immaginazione della protagonista.
Eventi a cascata causano il coinvolgimento dell’FBI, introducendo allo spettatore l’agente speciale Gerick (Morgan Freeman), consulente delle indagini, e il giovanissimo Finlet Sterling (Cameron Monaghan), a capo dell’azione.
Sally è ben presto nel mezzo, tra la necessità di proteggere suo fratello e il dilemma morale relativo allo sfruttamento a cui andrà incontro la bambina dopo la consegna.
La regola n.1 del genere thriller è fare in modo che sia una direttrice plot driven a guidare la storia
In questo senso, Paradise Highway centra il bersaglio, piegando personaggi e azioni secondo le finalità del racconto, che in quanto appartenente alla categoria necessita di una conclusione che risolva gli eventi.
Quest’assunto ha una prima conseguenza inesorabile: il rischio di tratteggio trasandato dei personaggi. Non basta servirsi della generosità di due stelle del calibro di Juliette Binoche e Morgan Freeman per dipanare il bandolo della matassa, né per ammansire lo spettatore rispetto a quello a cui non sta assistendo. Nessun problema, se non fosse che nelle intenzioni della regista si anima la volontà di abbozzare la critica ad un sistema specifico che conduce inevitabilmente l’audience a confrontarsi con temi universali. In tal senso, i personaggi restano il viatico affinché questo accada.
C’è uno scarto tra il film che Anna Gutto ha immaginato e quello realizzato
La realtà da cui provengono tutti i personaggi del film è una caverna oscura a cui appare negata ogni possibilità di luce. Quello che insiste fuori dalla storia principale è un mondo fatto di ingiustizia, dolore e squallore. Anche se talvolta bussa alla porta per farsi spazio, resta fondamentalmente sullo sfondo dal punto di vista drammaturgico, non sfruttato appieno. La scrittura privilegia un approccio narrativo più standard e meno “insolente” o coraggioso. Avrebbe potuto indugiare, ad esempio, sulla negazione o l’indifferenza che Sally, proveniente dalla stessa desolazione, sembra nutrire per ciò che le sta intorno. Il dilemma morale che attanaglia la protagonista avrebbe presentato conseguentemente sfumature differenti rispetto allo schema ricorrente del rapporto madre-figlia.
Il ruolo di outsider è giocato forzatamente dal personaggio di Gerick, che si contrappone non solo al contesto descritto, ma anche ai connotati della polizia che indaga sugli eventi, con cui spesso è in disaccordo. La sua umanità, anche a costo di mettere a rischio se stesso, è una fiammella accesa contro la desolazione. Pur essendo apprezzabile il tentativo di offrire allo spettatore un barlume di speranza, non è sufficiente per elevare un dramma con momenti credibili ma che non ha tenuta complessiva.
Inoltre, lo script abbozza la linea narrativa di questo gruppo di donne e amiche che si fanno forza quotidianamente e nelle derive piu critiche. Eppure non la esplora adeguatamente, se non per districare alcuni plot twist nella parte finale del racconto.
In conclusione, si tratta di un thriller che rispetta gli stilemi della categoria, con slanci argomentativi concretizzati solo in parte. Le performance attoriali sono convincenti, la trama si avvolge su se stessa “come da copione”. Resta tuttavia l’amaro in bocca per le intuizioni non colte.
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