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Visioni Fantastiche Ravenna

Visioni Fantastiche 2023: i cortometraggi vincitori

Focus sulla categoria 15+, ricca di lavori meritevoli

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La voix de son maitre, l’opera prima di Philibert

Sono passate già un paio di settimane dalla nostra permanenza a Ravenna per la terza edizione di Visioni Fantastiche, nel frattempo altre immagini provenienti dall’Emilia Romagna si sono sedimentate, purtroppo, nella memoria collettiva: fiumi usciti dagli argini, interi paesi alluvionati, tetri elenchi di persone decedute o disperse, interventi della Protezione Civile, povera gente sfollata.
La nostra solidarietà va naturalmente a chi ha subito e sta ancora affrontando una simile prova. Ma forse, in momenti del genere, non è nemmeno sbagliato indirizzare l’attenzione verso qualcosa di bello, poetico. E siccome l’esperienza ravennate che aveva preceduto di poco il precipitare degli eventi aveva voluto dire anche, per noi, immergersi assieme agli studenti delle scuole locali in una variegata selezione di corti d’animazione o comunque a tema fantastico, ci fa davvero piacere poterne fare menzione in questa sede.

Le classifiche

Queste, suddivise a seconda delle differenti fasce d’età del pubblico, erano le categorie in gara a Ravenna: 6+/9+, 12+ e 15+.
Vale la pena quindi di riportare innanzitutto i cortometraggi che hanno vinto i vari concorsi, ottenendo il maggiore numero di voti della giuria e da parte degli studenti in sala:

Concorso 6+/9+
Spoon di Arthur Chays
Lovely Rita di Elena Madrid
I’m not afraid di Marita Mayer

– Concorso 12+
La greve du minotaure di Raphaël Lozano
Rest in peace di Deborah Balboa e Karien Benz
Reduction di Réka Anna Szakály

– Concorso 15+
Backflip di Nikita Diakur
Zoon di Jonatan Schwenk
Night di Ahmad Saleh

Premio Weshort

Vi è in ogni caso un’altra realtà che da tempo si interfaccia positivamente con Visioni Fantastiche. Direttamente dal comunicato stampa del festival si può infatti apprendere il nome del cortometraggio che si è aggiudicato l’importante Premio della piattaforma Weshort. Trattasi di Shackle2 di Ainslie Henderson, per la seguente motivazione: “quando con estrema semplicità si riesce a raccontare il potere della collaborazione. Un film di animazione adatto a tutti, in grado di catturare il cuore di ogni età, con schiettezza e poeticità”. Ainslie Henderson è uno sceneggiatore/regista/animatore scozzese. Nel 2012 ha ricevuto un BAFTA per la sceneggiatura di The Making of Longbird. I suoi successivi cortometraggi, I Am Tom Moody e Monkey Love Experiments, sono stati premiati da moltissimi festival internazionali, tra cui Annecy. Il suo ultimo cortometraggio Stems è stato premiato con il McLaren Award all’Edinburgh International Film Festival. Ainslie predilige l’animazione stop frame e attualmente sta sviluppando due progetti di lungometraggio.

Le nostre impressioni: la prima tranche

Cominciamo col dire che particolarmente stimolante è stato, per chi scrive, poter visionare alcuni lavori assieme agli studenti ravennati, rivelatisi esemplari per senso critico, per onestà e per genuinità dell’approccio, ogniqualvolta siano intervenuti nelle analisi collettive e nelle discussioni successive alla proiezione dei corti. Non sempre un pubblico formato da giovanissimi partecipa a tali eventi con tanto rispetto e attenzione. A Ravenna, fortunatamente, si è percepito da parte loro un atteggiamento davvero pronto, maturo. Anzi, magari si relazionassero al cinema allo stesso modo, quei giornalisti e critici cinematografici tanto maleducati quanto ignoranti, che ci capita di intercettare ogni tanto ai festival maggiori…
Senza pretendere, a questo punto, di eguagliare l’acutezza e la sensibilità che i ragazzi hanno espresso in tale occasione, ci piacerebbe comunque condividere qualche impressione sulle due brevi tranche di corti cui abbiamo assistito il 5 maggio al cinema Mariani. Il primo impatto è peraltro avvenuto tramite una delle opere più intense e riuscite: Night del regista e scrittore palestinese-tedesco Ahmad Saleh, classificatosi meritatamente terzo nella sezione 15+. Notturno, sognante, poetico, carico di disperazione esistenziale, il corto in questione si rapporta a scenari di morte, guerra e devastazione urbana in Medio Oriente attraverso l’animazione a passo uno, resa con un taglio surreale e in modo da far dialogare microcosmo e macrocosmo, resi uno tramite la così sofferente dimensione umana e l’altro in chiave misterica, quale forza cosmica mossa a compassione dal misero destino dei mortali. Macrocosmo e microcosmo potrebbero essere riferimenti validi anche per lo humour di Think Something Nice, il “divertissement” dello svizzero Claudius Geninetta in cui lo stress di una seduta dal dentista viene parafrasato in un’avventura nell’infinitesimamente piccolo. Suggestiva anche la psichedelica, mefistofelica proposta di cui U-Trip Go! si fa portavoce. Accompagnati da una musica ipnotica e da una ritmica ossessiva, ci si fa trascinare volentieri dalla regista ucraina (ma attiva in Germania) Maria Naidyonova, autrice di un trip lisergico che riesce a stilizzare patti col diavolo, disagio suburbano, dipendenza dalle droghe e dal gioco.

 

Le nostre impressioni: seconda tranche

Altro giro, altra corsa. Quattro sono i cortometraggi visionati assieme agli studenti nel corso della stessa giornata ma dopo un breve intervallo, utilizzato anche per discutere e valutare i primi lavori.
Tra questi altri il corto che ci ha impressionato di più (non diversamente dai giurati, i quali hanno voluto assegnargli il 1° posto) è senz’altro Backflip, lavoro sperimentale realizzato da Nikita Diakur, cineasta russo operativo al momento tra Francia e Germania. I suoi insistiti, grotteschi tentativi di interagire col proprio avatar, seppur ammantati di fiducia nella crescita tecnologica (fiducia simulata anch’essa, potremmo dire), puntano l’indice in realtà sui pericoli di una cieca adesione alle novità e ai progressi dell’informatica. Scenari distopici anche nel fantascientifico, visionario Cut It Out di Inez Kristina, film-maker maltese: sempre attuale un discorso che mette radicalmente in discussione l’esecuzione degli ordini, qualora essi vadano oltre i limiti dell’etica, del buonsenso e della logica stessa. Interessante a livello visivo ma meno compatto e incisivo in termini narrativi ci è parso, a essere onesti, Pride of Lions di Symeona Maria Kanellou, Mentre si torna su parabole visionarie e inquietanti con il film classificatosi al posto, Zoon del tedesco Jonathan Schwenk: un’allegoria animata a partire da quella fantazoologia o criptozoologia così insolita, originale, della quale colpisce la capacità di lasciare il segno tanto visivamente che per la costruzione di un immaginario e di messaggi tutt’altro che scontati, banali.