fbpx
Connect with us

Irish Film Festa

‘Sunlight’ all’Irish Film Festa, la morte assistita è piena di vita

Al festival del cinema irlandese il film di Claire Dix propone tra corpi fragili e animi sensibili una commossa riflessione sul suicidio assistito

Pubblicato

il

Sunlight, Maria a sinistra, Leon a destra, Iver in sedia a rotelle al centro

All’Irish Film Festa di Roma arriva il 27 maggio Sunlight, primo lungometraggio di finzione per la regista irlandese Claire Dix, già documentarista. Ma guai a dire che non ci sia tanto di reale in questa storia. La vicenda da maneggiare sotto il cielo d’Irlanda era a rischio di retorica dei buoni sentimenti: un ex tossicodipendente ossigenato (Barry Ward) fatica ad accettare il fatto che il suo mentore (Liam Carney), malato terminale, voglia farsi aiutare a morire. Ne sortiscono avventurosi battibecchi, pagine da libro Cuore, persino mezze dispute ideologiche. Tutto, però, è sotto la luce del sole, con brutale onestà e linguaggio piano: c’è tanta vita in questo film.

Il trailer

Sunlight è prodotto da Blinder Films e distribuito nei cinema di Irlanda e Regno Unito dal 16 giugno 2023 da WildCard Distribution.

La trama

L’ex tossicodipendente Leon prova affetto e grande riconoscenza per Iver, il suo migliore amico, che lo ha aiutato a liberarsi dalla droga. Così, quando Iver riceve una diagnosi terminale e decide di lasciare questa terra, Leon è deciso a fare di tutto per impedirglielo. Costringe Iver a passare insieme un ultimo giorno a Dublino, sperando di convincerlo a resistere ancora. Ci riuscirà? (Sinossi ufficiale)

Dov’è la casa del mio amico?

Dove ti vedi tra cinque anni?. Un rigo cancellato alla peggio nel formulario di un’accademia musicale fa capire che il candidato – Leon, il protagonista di Sunlight – non ha una visione chiara del proprio futuro. All’orizzonte, la generica ambizione di fare il musicista. Tanto è vero, lo si vede nel prologo  mentre si arrovella tra i fili di tastiera e pedali, per il pezzo elettronico che intende dedicare all’amico e mentore Iver, malato terminale. Del suo passato, invece, sa fin troppo bene: ex eroinomane – ha smesso da tre anni – deve tutto, così ritiene, all’amico più anziano, ora morente.

Sunlight, Leon al microfono

Sunlight, Leon si cimenta nella musica

Tra le strade di Dublino, in cui la fotocamera di Narayan van Maele cattura splendidamente la poca luce a fior di viso, Leon si muove con passo di leggerezza quasi musicale. Schiva persino il canto da sirena del suo ex spacciatore, prima di raggiungere l’amico Iver. Quanto ancora c’è da sviluppare nella melodia narrativa di Sunlight, avverrà in meno di 90’ minuti di racconto e 24 ore di storia. Qui: tra Dubliners testoni, lottatori, che si salutano per strada, si ritrovano al pub, si azzuffano ma poi fanno pace. E continuano a lottare.

Erba di casa sua (Dublino)

In pochi metri, dunque, Leon cammina scanzonato a Dolphins Barn, si toglie la maglia, gioca con un cane, tira due calci ad un pallone. Questa transizione narrativa fa un gran bene all’atmosfera di Sunlight, prima che affiori, sullo spartito di una sceneggiatura così zeppa di ironia, l’impatto emotivo del dramma. L’assolo diventa duetto: Leon raggiunge il suo mentore e compagno Iver e il film incrocia il buddy movie col cancer movie. Ma, appunto, la salsa irlandese fa bene al tema già visto dei quasi amici e della malattia terminale. Specie se il condimento è nel fare del duetto un trio: l’angelo della morte, ossia la donna chiamata per aiutare Iver nella morte assistita, si chiama Maria (Maureen Beattie). Anche lei ha il suo retroterra di storie, che intersecherà quello dei due uomini, tra un sorso di birra, un giro a cavallo e qualche affettuoso litigio.

Sunlight, a spasso per Dublino

Sunlight, a spasso per Dublino

Non è la parte più commovente di un film commovente, ma il giro della città che i tre fanno punzecchiandosi tra questioni irrisolte brilla di vera verve cinematografica. Per Leon, il passeggio nella sedia a rotelle di Iver deve fare della giunga d’asfalto un giardino delle delizie.

La vita assistita

Tripartita è anche la sceneggiatura classicheggiante della scrittrice Ailbhe Keogan, già al lavoro di concerto con la regista Claire Dix per il corto Take Me Swimming del 2017. C’è, sì, ciò che sostanzialmente ci si aspetta: avvicinamento, allontanamento, riavvicinamento; così come la tentazione per Leon, da tempo pulito, di un’altra dose di droga a seguito di una grossa delusione.  Ma la bellezza frizzante di Sunlight, ruvida e tenera insieme, non pretendeva di farsi gustare nei colpi di scena (che non ci sentiamo di trovare). Solido come il prendo il solito! di un cliente abituale al pub, il sapore del film non si droga dell’adrenalina dell’imprevisto. È, piuttosto, nel saper restare spumeggiante anche all’atto di abbordare un tema così indigesto: il suicidio assistito. Non già dal punto di vista del “suicida”, il sofferente Iver; bensì da quello del protagonista Leon. Tra le panche di legno del pub, mentre il malato sonnecchia, la donna dice a Leon:

Faccio quel che faccio per quelli che stanno morendo, non per quelli che restano.

Il punto è questo: comunque la si pensi sulla morte assistita, è un bel problema anche quello della vita assistita. Per chi resta, rinunciando ai cari.

Boys In The Better Land

Così, a Leon non resta che esorcizzare le proprie paure, piuttosto che modificare le convinzioni dell’amico. Paura dell’abbandono, di un nuovo orfanato. A Leon, il navigato Barry Ward, già assoldato da Ken Loach per Jimmy’s Hall, dà la sua faccia di angelo con la faccia sporca. Che vorrebbe fare tanto l’angelo custode, ma teme, in realtà, di tornare angelo caduto senza la guida di Iver, vale a dire, di precipitare negli abissi della droga e dei demoni personali. È la spuma del fragile. La stessa per cui Iver, noto in città come The Viking per le sue rievocazioni vichinghe, è adesso un innocuo vecchietto sdentato con taglio di capelli a scodella: immagine tenera e dignitosa di un uomo-bambino, cedevole a ogni squinternata iniziativa del più giovane compagno. Tra orgogli virili feriti, anche la brava Maureen Beattie ha la sua storia, tra dialogando tra senso della vita, senso della morte e senso di colpa.

Sunlight, Iver truccato da vichingo

Sunlight, Iver col volto dipinto da vichingo

E mentre risuona Boys In The Better Land dei dublinesi purosangue Fontaines D.C. (solo per questo varrebbe la pena vedere il film), come non affezionarsi a questi personaggi vivi e fragili, augurando ad ognuno di loro di trovare – qua o (al di)là – la loro better land? Guardatelo, il film di Claire Dix. Buon viaggio e (citiamo ancora dalla colonna sonora) try to see the sunlight.

E niente paura: va bena anche piangere, se vi dovesse capitare, sotto il cielo d’Irlanda.

 

Taxi Drivers è media parte dell’Irish Film Festa, il festival dedicato al cinema e alla cultura irlandese

Proiezioni in lingua originale con sottotitoli in italiano

ingresso gratuito | Roma – Casa del Cinema | 25 / 28 maggio 2023

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers

Sunlight

  • Anno: 2022
  • Durata: 95'
  • Genere: Drammatico, commedia
  • Nazionalita: Irlanda
  • Regia: Claire Dix