È disponibile su Netflix In silenzio, la nuova serie spagnola, composta da sei episodi con protagonista Aròn Piper.
Un thriller mozzafiato, con interessanti risvolti psicologici.
In silenzio la trama
Sergio Ciscar ha smesso di parlare il giorno in cui ha ucciso i suoi genitori. Non ha mai collaborato con la giustizia e non ha mai rivelato la motivazione del crimine. Dopo sei anni dal delitto, esce di prigione e un team di psicologi ha l’incarico di determinare il potenziale pericolo che rappresenta per la società, osservando segretamente la sua vita.
Il volto di Sergio, interpretato da Aròn Piper (Elite) appare nell’intro della serie, mentre emana un grido a squarciagola. La bocca spalancata, il viso stravolto dalla rabbia, ma il suo urlo è coperto dal ronzio prodotto dalle telecamere a circuito chiuso.
È questa la breve inquadratura che segna l’inizio di ogni episodio della serie creata da Alitor Gabilondo e diretta insieme a Gabe Ibanez ed Esteban Crespo. Un inizio semplice, senza fronzoli, ma efficace nel trasmettere la complessità di un personaggio che da carnefice diventa vittima.
L’assassino del balcone, così è stato soprannominato Sergio, dopo la morte dei suoi genitori ha deciso di non parlare più, o meglio, lo fa solo con poche persone e tra queste non ci sono certo gli inquirenti che cercano di trovare il movente che ha spinto il giovane a sbarazzarsi del padre e della madre.
In silenzio: un delitto familiare
La sera del delitto in casa era presente anche Noa, la bambina adottata dai genitori di Sergio. Noa è stata risparmiata e ora Sergio la considera la sua unica ragione di vita.
Una volta messo in libertà vigilata e inserito in un programma di recupero, affidato a un educatore evangelico, Sergio si dà alla ricerca della sorella.
“Il mutismo di Sergio è il suo modo di dominarci. Potremo pensare che sia una difesa, ma non è così. Lo fa per attirare l’attenzione… è un narcisista maligno.”
Con queste parole Ana, interpretata da Almudena Amor (Il capo perfetto), descrive ai suoi collaboratori il profilo psicologico di Sergio, ora spiato giorno e notte da una serie di videocamere.
La sua vita diventa argomento di studio e inevitabilmente spettacolo. Uno spettacolo perverso che travolge tutti… lo stesso Sergio, Marta (la ragazza conosciuta durante la carcerazione) e persino Ana.

L’occhio del Big Brother
Sergio diventa il protagonista di un ‘grande fratello’ in tinta thriller. Gli occhi elettronici delle videocamere lo proiettano su un palcoscenico virtuale, diventando un fulcro di interesse e fascino.
Per interesse, economico o mediatico, Natanel (Ramiro Blas), l’evangelico che ha accolto Sergio nella sua comunità, si inserisce nella vicenda. Un personaggio equivoco, con una personalità frastagliata, in bilico tra il bene che professa e il male che serpeggia nelle sua azioni.
Il fascino, invece, è quello che subisce Marta, attratta da Sergio, che più di una volta mette in pericolo la relazione con il suo fidanzato per correre tra le braccia dell’assassino del balcone.
E poi c’è Ana che, nonostante cerchi di essere sempre professionale e difendere con le unghie il suo progetto, si ritrova travolta dalla macchina creata da lei stessa. Attraverso gli schermi cerca di decifrare i comportamenti di Sergio, di entrare nella sua mente e leggere il suo pensiero.
Ma le telecamere possono cogliere solo il generale e il particolare sfugge di continuo. Nonostante ciò, Ana finisce per subire il fascino di Sergio. La vita del ragazzo proiettata sugli schermi diventa uno specchio della propria. Il suo matrimonio è in crisi e Ana riversa su Sergio amore e passione. Accarezza lo schermo, come fosse quel ragazzo solo e abbandonato da tutti, proprio come lei.
Morte e solitudine
Lo spettacolo evocato da In silenzio sa di morte e solitudine, come quella provata da Sergio e da Ana. Questa decide di lasciare il suo posto di osservatrice e di intervenire attivamente nella vicenda. E la platea sulla videosorveglianza di Sergio resta inesorabilmente vuota. Uno spazio deserto dove il controllo ossessivo dell’individuo porta a conseguenze tragiche.
In silenzio è una serie claustrofobica con un doppio finale e due interpretazioni tanto distanti, quanto plausibili. Una rappresentazione dei fatti che rispecchia una società post – moderna, dove gli interessi dei potenti schiacciano i sentimenti dei singoli individui.
L’uso ripetuto della videosorveglianza non è altro che una metafora della società contemporanea, dove molto spesso le videocamere sostituiscono l’ama da fuoco. Puntare l’obiettivo equivale a mirare con la pistola: il risultato è meno assordante, ma non meno drammatico.
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