Gary – Io ero Arnold è lo speciale di 90 minuti, distribuito da NBC Universal, che racconta la vera e commoventestoria di Gary Coleman, l’indimenticabile bambino star della sitcom anni ’80, Il mio amico Arnold (Diff’rent Strokes). Il documentario offre uno sguardo intimo e profondo su un attore che ha segnato un’epoca, ma che allo stesso tempo ne ha pagato le conseguenze. Lo speciale, in onda martedì 23 settembre alle 22:55 su Sky Crime e NOW, è un’occasione unica per rivivere la sua parabola artistica e umana, e può essere rivisto on demand.

GARY — Pictured: Dion Mial — (Photo by: Peacock/Raw TV Ltd)
Bambini prodigio a Hollywood: Il lato oscuro della fama precoce
Nel cinema e nella televisione ci sono sempre stati bambini e bambine prodigio, che, scoperti in tenerissima età, hanno spesso raggiunto una fama e un successo che molti adulti faticano a ottenere in una vita intera. Basti pensare a Shirley Temple, Judy Garland, Macaulay Culkin oppure Justin Henry, candidato agli Oscar a soli 8 anni.
Le loro storie sono sicuramente esempi emblematici di talento precoce, ma anche dell’impatto che questo può avere sulla loro vita. Se da un lato il successo precoce può portare a riconoscimenti e opportunità uniche, dall’altro a volte l’ambiente cinematografico può rivelarsi il terreno per lo sviluppo di problematiche psicologiche e sociali complesse. La pressione costante, la mancanza di un’ infanzia normale, l’impossibilità, a volte, di essere qualcuno oltre il personaggio e l’esposizione mediatica possono avere conseguenze difficili sulla salute mentale e sul benessere generale degli attori bambini.

Gary Coleman: da stella di ‘Arnold’ a vittima del suo personaggio
La fama è sempre un peso, ti incastra per tutta la vita. Morirai da celebrità
Gary Coleman, occhi intelligenti e sorriso furbetto, iniziò a calcare le scene ad appena quattro anni dimostrando un’attitudine naturale davanti alla macchina da presa. Ma la consacrazione avvenne quando a dieci anni, dopo una straordinaria partecipazione ne I Jefferson, venne scelto per interpretare Arnold ne Il mio amico Arnold. Il personaggio si sovrappose a lui fino a sostituirlo totalmente. Persino la sua malattia ai reni, che lo condannò a vivere senza e a non superare il metro e quaranta, venne inserita nel programma per soddisfare la curiosità degli spettatori. A quel punto la linea di separazione tra realtà e finzione televisiva sparì completamente. Il dramma di una malattia invalidante divenne un espediente narrativo utilizzato per fare esclamare ad Arnold, l’iconica frase «Che cavolo stai dicendo, Willis?» e fare ridere il pubblico.
‘Gary – Io ero Arnold’: Un’analisi profonda tra dramma e verità
Il documentario Gary – Io ero Arnold mostra, senza cadere nel melodramma o nel sensazionalismo, i chiari e scuri del complesso mondo che ruotava attorno a Gary Coleman. Attraverso testimonianze e documenti, emerge l’influenza spesso controversa dei suoi genitori, Willie e Sue, e del suo primo agente, soprattutto per quanto riguarda le delicate questioni relative al suo patrimonio. La parte più interessante è il focus sull’impossibilità per Coleman di crescere al di fuori del personaggio di Arnold. E di scegliere liberamente di non fare più parte dello spettacolo.
Inoltre, il documentario non tralascia il rapporto tossico con la moglie, Shannon Price e l’assoluta convinzione, da parte degli amici più cari e della famiglia di Gary, che lei abbia avuto un ruolo nella sua prematura scomparsa a soli quarantadue anni. Allo stesso tempo, però, è Gary stesso che ci parla di sé e dei suoi drammi più intimi attraverso le registrazioni delle sue interviste. Gary non ha mai nascosto il suo stato d’animo, la sua rabbia e la fatica immensa per trovare serenità. Un uomo che ha lottato per essere riconosciuto come Gary Coleman, e non più solo come Arnold, che ha cercato disperatamente di riappropriarsi della propria identità al di là del personaggio che lo aveva reso celebre e lo aveva imprigionato.
Il documentario è un tributo alla sua forza e un monito sulle conseguenze spesso invisibili della fama.