Anno: 2011
Durata: 78
Genere: Docufiction
Nazionalità: Italia
Regia: Claudia Cipriani
Uscita: 26/03/2012 (Cinema Aquila – Roma)
La coppia Nicolò Volpati–Claudia Cipriani unita nell’arte come nella vita, torna nelle sale con un nuovo prodotto documentaristico prodotto da Koska, Ghira Film, Filmmaker Festival di Milano e Innovasjon Norge, l’ente norvegese preposto allo sviluppo. Precedente lavoro dei due era stato il documentario La guerra delle onde – storia di una radio che non c’era del 2008. Nel 2003 Claudia Cipriani ha collezionato una menzione al premio Libero Bizzarri per il suo documentario Ottoni a scoppio. Seguendo da una parte l’istinto della regista Cipriani e dall’altra la strada battuta da Un’ora sola ti vorrei di Alina Marazzi, il documentario, iniziato raccontando la bella esperienza dell’associazione Baia del Re nell’omonimo quartiere, finisce per raccontare delle tragedie inaspettate.
Claudia Cipriani insegna al doposcuola di un’associazione culturale che opera in un quartiere disagiato. Nel doposcuola le ore passano rincorrendo i giovani nel cortile per riportarli a studiare e fare i compiti. Va sottolineato che le riprese del documentario sono durate circa tre anni circa e che solo in un secondo momento il film ha preso la direzione che lo ha portato ad essere quello che è. Ai materiali d’archivio riportanti la King’s Bay in Norvegia, la storica base dalla quale sono partite la maggior parte delle spedizioni verso il polo nord, compresa la fallimentare spedizione di Umberto Nobile del maggio 1928, si alternano le riprese di ragazzini alle prese coi loro compiti e con le loro passioni, mentre all’esterno dei balordi impennano sulle loro due ruote. La voce narrante è quella di Claudia Cipriani che descrive come deprimente il quartiere Baia del Re, meglio conosciuto come Stadera, e sottolinea che dargli il nome di un campo base eternamente sepolto dai ghiacci, restituisce l’idea che le persone si sono fatte di questo posto, ovvero un luogo di “intenzioni fallite”.
All’interno dell’associazione si svolgono corsi di ripetizione per bocciati e ripetenti, un corso frequentatissimo d’italiano per stranieri, un corso di arabo e anche uno per barman. Inoltre vi è uno sportello che aiuta gli sfrattati e coloro che cercano di inserirsi nelle graduatorie per l’assegnazione di case popolari. Claudia Cipriani, l’insegnante-regista, fa amicizia con una ragazza della sua classe. Valentina ha il padre in carcere e la madre tossicodipendente, è testarda e vuole imparare per lasciare la Baia del Re, in quanto come lei stessa ammette: “è un quartiere di arresi e non cambierà mai”. A questo punto del documentario, appare una scritta che recita: “Quello che faccio quando filmo, è comprendere la storia che ancora non conosco” della filmmaker Claire Simon. Da questo momento in poi la mdp passa dalle mani di Claudia a quelle di Valentina, ribaltando il punto di vista, cosicché la regista, diviene oggetto del documentario. In tal modo la regista palesa più di quanto già fatto precedentemente, inserendo la sua voce fuori campo, la sua commistione con la materia raccontata. Il flusso della narrazione segue i personaggi dividendosi e moltiplicandosi in digressioni che arrivano all’inaspettato e al sorprendente. Il barista albanese che teneva il corso di barman non ottiene il permesso di soggiorno e lascia l’Italia, Valentina va in depressione e i ragazzi non studiano. Il legame tra Claudia e Valentina si fa sempre più forte, finché le due donne si trovano di fronte a dei dolori diversi che finiscono per avvicinarle definitivamente. È così che decidono di andare a visitare il luogo che ha dato il nome a quel quartiere e a quell’associazione dove si sono conosciute. Claudia e Valentina sono vicine al Polo Nord. Lo spettatore ha già preso atto del dolore di Claudia, ma di fronte alla dichiarazione di Valentina, con l’orizzonte bianco e blu del Polo, cala il gelo più totale che lascia queste due donne a combattere con la nuova vita che si presenta loro. Così il senso doppiamente catartico dell’opera emerge con tutta la sua forza. Un documentario a tratti molto costruito, costituito da materiali eterogenei, ma amalgamato da fortissimi sentimenti che trasportano in una dimensione a cavallo tra realtà e sogno.
Fabio Sajeva