‘La macchina infernale’ Inseguendo Stephen King

Disponibile da oggi 8 agosto 2024 su Netflix e basato su una storia di Louis Kornfeld, intitolata The Hilly Earth Society, La macchina infernale di Andrew Hunt riporta sullo schermo Guy Pearce, nei panni di uno scrittore in piena crisi e ossessionato da un fan misterioso.

La pellicola – il cui titolo potrebbe far pensare a quello, ben più noto, di Stephen King  – è un thriller a tutti gli effetti, sebbene la lentezza e la farraginosità del racconto penalizzino, spesso, ritmo e fruizione.

La macchina infernale | La trama

Bruce Cogburn (Pearce) vive isolato dal mondo e dalla socialità, dopo che il suo unico libro, dal titolo “La macchina infernale”, ha ottenuto un successo incredibile. Purtroppo, il blocco dello scrittore lo attanaglia e gli impedisce di dare alla luce una nuova opera. Il suo unico contatto è la sua editrice (della quale si sente solo la voce al telefono), che tenta di spronarlo e di dargli qualche appiglio a cui aggrapparsi per non lasciarsi schiacciare dalla misantropia.

Quando, improvvisamente, cominciano ad arrivare lettere di un fan alquanto appassionato, per non dire ossessionato, Bruce decide di rintracciarlo e di soddisfare le sue richieste, sperando di poter essere lasciato in pace. In realtà, dietro questa strana e disturbante attenzione, si cela qualcosa che si lega al passato dell’uomo, e che gli procura incubi ogni notte.

Troppa carne al fuoco penalizza la fruizione

Uscito in sala solamente negli Stati Uniti e nel Regno Unito (distribuito da Paramount Pictures) – mentre in Italia è arrivato su piattaforma – il film richiama alla mente una serie di prodotti simili, mettendo forse troppa carne al fuoco. La gestione delle varie linee narrative, che inevitabilmente vanno a incrociarsi, si rivela più difficile del previsto e costringe a sforzi interpretativi. Lo spiegone finale risolve, in parte, la situazione, ma non valorizza di certo la pellicola.

La storia ti ricorderà.

Il passato e il presente si mescolano, tra flashback e incubi, innescando meccanismi particolari, dai quali dipende la riuscita del progetto. Inoltre, la sovrapposizione dei piani temporali, se da un lato arricchisce la trama, dall’altro la complica. Insomma, prima di approcciarsi a La macchina infernale, è necessario abbassare le aspettative e godersi ciò che di buono, comunque, si vede.

I rimandi a Stephen King

Il protagonista affronta una delle crisi più comuni, considerando il lavoro che svolge. Il modo in cui viene raccontato ricorda molto lo scrittore di Shining, con le dovute differenze. Non a caso, il segreto della sua sofferenza è da rintracciarsi nel suo passato. Il primo, grande, colpo di scena riguarda esattamente questo, ed è, senza dubbio, uno dei punti di forza della trama.

La narrazione, abilmente sviluppata in capitoli, dissemina rimandi, più o meno espliciti e consapevoli, ad alcune delle opere di King. Le suggestioni funzionano e arrivano, grazie anche a una regia lucida, non invadente, supportata da una fotografia gravida (a cura di Sara Deane) e dalla partitura musicale ad effetto di Nathaniel Levisay.

La società statunitense viene posta sotto la luce dei riflettori, tra politica delle armi, sogno americano, importanza della memoria e necessità della fama. Sebbene l’obiettivo di un film come La macchina infernale sia l’intrattenimento, la storia non lascia completamente indifferenti in termini di riflessioni.

Ho bisogno di sapere di essere più di un libro pieno di rabbia.

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