Presentato Fuori Concorso, al Noir in Festival, My Name is Alfred Hitchcock per la regia di Mark Cousins, originale documentario e omaggio al genio del noir.
Il primo film di Alfred Hitchcock risale esattamente a un secolo fa. E ciononostante la sua modernità è sconcertante. A distanza di un secolo, il regista di Psycho rimane uno dei filmmaker più influenti e più amati della storia del cinema.
Mark Cousins, che cura l’omaggio e la regia di questo bellissimo documentario, si pone una doppia domanda: che posto occupa la sua vasta opera e che eredità ha lasciato nella società odierna? Attraverso l’uso della sua stessa voce e osservando da vicino l’autore con un approccio nuovo e radicale vengono sviscerati i temi, le passioni, le manie, i coup de théâtre di Hitch.
Nel rivedere i titoli della sua immensa carriera – dagli intensi film muti, alle leggendarie opere degli anni Cinquanta e Sessanta, fino ai suoi ultimi lavori, Hitchcock ci trasporta dentro un’odissea in modo giocoso e rivelatore.
“I liked Madeira in my soup” racconta fiero nel film, – meaning – “Aggiungo sempre un tocco di originalità a quello che faccio” e questo è stata la sua forza.
Hitch mai banale, mai scontato rifuggiva la noia, anche visiva e immergeva tutto in una grande sensibilità. Anche l’enorme capacità psicologica di descrivere i tratti caratteriali dei personaggi, in tic, nevrosi, abbandoni, seduzioni o nelle scelta delle riprese, fa di lui un Maestro Assoluto
La recensione ‘My Name is Alfred Hitchcock’ al Noir in Festival
Documentario e bellissimo omaggio rivolto al grande maestro del ‘thriller’ Alfred Hitchcock “My Name is Alfred Hitchcock” stupisce per originalità, profondità di tematiche esplorate originalità dei e punti di vista. Esplorando omniscenza, fantascienza e metafisica, Hitch lascia il segno. Dalle facce infastidite come quella di Janet Leigh Marion in Psycho, ai tre conigli che escono da un cilindro inaspettati, all’abito viola che si apre a ventaglio visto dall’alto come una macchia di sangue la sua fantasia non ha confini. Ne dubbi
Il regista si racconta. Narra che da sempre voleva fotografare persone che parlano e dice: “volevo assolutamente evadere quello che ere prevedibile. Rifuggivo sempre dai toni scontati”.
“Volevo scappare da me, dalla mia pelle, dalla mia inglesità”
Controllava i toni di colore, predisponendo sempre delle cromie elegantissime, uno studio dei colori e idee perfetti. Fece spesso omaggio a Cezanne, che amava molto, perché la sua geometria non era quella del mondo, e amava tutta l’arte in generale.
Due parole sul regista Mark Cousins
Regista e scrittore irlandese-scozzese. I suoi film, tra cui The Story of Film: An Odyssey. What is This Film Called Love? Life May Be, A Story of Children and Film, Atomic, Stockholm My Love. I am Belfast e The Eyes of Orson Welles, sono stati presentati in anteprima ai festival di Cannes, Berlino, Sundance e Venezia. Hanno vinto il Prix Italia, un Peabody, lo Stanley Kubrick Award e l’European Film Award.
Ha girato in Iraq, a Sarajevo durante l’assedio, in Iran, in Messico, in Asia, in America, in Europa. Ha pubblicato: Imagining Reality: The Faber Book of Documentary e The Story of Looking. Ha collaborato con Tilda Swinton a eventi cinematografici sperimentali. Il suo documentario di quattordici ore Women Make Film è un tentativo di ripensare il cinema. Tra i suoi film più recenti: The Storms of Jeremy Thomas, The Story of Looking e The Story of Film: A New Generation
‘My Name is Alfred Hitchcock’ la produzione
Come produttore John Archer di Hopscotch Films ed ha una distribuzione italiana di I Wonder Pictures