In sala dall’1 dicembre, Una mamma contro G.W. Bush è un film diretto da Andreas Dresen, presentato alla 72° edizione del Festival di Berlino, dove ha vinto i premi per la miglior performance da protagonista e per la miglior sceneggiatura. SI basa sulla vera storia di Murat Kurnaz, un giovane tedesco di origini turche detenuto illegalmente nella prigione di Guantanamo dal 2001, e della battaglia legale della madre per il suo rilascio.
La sinossi di Una mamma contro G.W. Bush
Rabiye Kurnaz è una donna tedesca di origini turche che conduce una vita all’apparenza ordinaria ma frenetica. Si prende cura dei figli nella loro casetta a schiera a Brema ed è lei ad animare la famiglia. Poco dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, suo figlio Murat viene accusato di terrorismo ed è tra i primi a essere spedito nel campo di prigionia di Guantanamo. La donna non si dà pace e inizia una dura battaglia, avventurandosi in un viaggio nei meandri della politica mondiale. Insieme all’avvocato per i diritti umani Bernhard Docke, che presto si schiera dalla sua parte, si batte per il rilascio di Murat, arrivando fino alla Corte Suprema degli USA.
Il messaggio
Sono passati ormai più di 20 anni dall’apertura di Guantánamo, il campo di prigionia situato sull’isola di Cuba, l’11 gennaio 2002. Vent’anni di una ferita in continua espansione, una macchia indelebile nella storia degli Stati Uniti e nella loro immagine di difensori di libertà e democrazia. Il cosiddetto “buco nero dei diritti umani”, al cui interno non si può guardare. Non è la prima volta che il cinema racconta tale abisso e dà voce a storie legate alla prigione, ma il film di Andreas Dresen segue un approccio trasversale alla vicenda, narrando la prigionia di Murat Kurnaz attraverso la madre e la sua indomita lotta per riportarlo a casa. Murat compare a stento, nel finale e in qualche foto o video, e il film si apre dopo la sua fuga verso il Pakistan, apparentemente per studiare il Corano.
Le crepe della democrazia
Non sappiamo cos’ha fatto, non sappiamo cosa gli è successo a Guantánamo e non vediamo il campo di prigionia, che appare come un luogo irraggiungibile e insondabile, lontano da ogni comprensione e immaginazione. Tutto ruota attorno a Rabiye, dalla narrazione all’immagine, e Dresen la segue costantemente nel suo perenne viaggio tra paesi, avvocati, politici e infiniti ostacoli. Una vera e propria odissea per un ritorno a casa, che in questo caso consiste nella riunificazione della propria famiglia, accompagnata e guidata dall’avvocato Docke, una figura quasi virgiliana in questa discesa infernale, conquistato dalla tenacia e dall’ingenuità della donna.
Attraverso la lotta di Rabiye, Una mamma contro G.W. Bush svela il fallimento dei princìpi democratici proprio in quei paesi che sono associati alla loro difesa, portando alla luce le incoerenze e le ombre che li abitano. Eppure, soprattutto grazie a Meltem Kaptan (nei panni della protagonista), il film assume toni da commedia, con un tiepido umorismo che si compone persino di sketch. L’interpretazione e il personaggio della Kaptan assorbono così l’intero film, smussando il dramma e l’animo provocatorio senza però generare una satira efficace.
Una mamma contro G.W. Bush Il trailer
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