Orlando: un vecchio e una bambina si preser per mano…
Orlando Zurro (un Michele Placido che ne dà un’ottima e realistica interpretazione) è un vecchio agricoltore di settantacinque anni che, dal giorno in cui la moglie è morta, vive solo nella sua cascina in un piccolo borgo della Ciociaria zappando la terra e allevando galline. Il figlio Valerio da tempo se ne è andato, emigrato in Belgio e, per questo, mai perdonato dal padre che ha troncato ogni rapporto con lui.
Il giorno in cui Orlando riceve una telefonata da Bruxelles con la notizia che il figlio è gravemente ricoverato in ospedale, dopo alcuni tentennamenti, decide di partire per la capitale belga. Purtroppo non riuscirà a vedere il figlio ancora in vita, ma, scoprirà di avere una nipotina di dodici anni, Lyse (Angelica Kazankova) della quale ignorava l’esistenza.
Inizia così fra i due un rapporto complesso. Orlando è una persona chiusa, difficile, che non dà confidenza. Lyse, cresciuta senza la madre, poiché al momento del parto si era rifiutata di riconoscerla, con le sue forze di bambina tenta di scardinare l’apparente ostilità del nonno e di arginare il tentativo di sradicarla dal posto in cui vive per portarla a vivere con sé in Italia. Al rifiuto di Lyse, il vecchio si ritrova di fronte a un bivio: o restare in Belgio ad accudire la nipote o, come prospettatogli da un assistente sociale (Fabrizio Rongione), tornarsene al paese rinunciando a esserne il tutore e permettendo l’affidamento della bambina a un’altra famiglia.
Due mondi, due generazioni che si scontrano e poi, lentamente, si accettano
Orlando è un film estremamente delicato, intimista, che vuole indagare i meccanismi fra due estranei uniti, però, da un legame di consanguineità.
Daniele Vicari è bravo nel raccontarne la storia senza scivolare nel banale. Soprattutto non giudica le scelte di Orlando, qualunque esse siano, dettate dalla comprensibile paura nell’affrontare qualcosa che non conosce, in un mondo che gli appare, a lui che è sempre vissuto in campagna e non capisce la lingua, estremamente ostile. Né, d’altro canto, giudica gli atteggiamenti di rifiuto di Lyse nell’affrontare, a sua volta, un percorso che la porterebbe lontano dalle sue abitudini, dalle amicizie, dalla vita fino allora conosciuta e già pesantemente colpita dalla morte del padre.
Quello che i due intraprendono è quindi un percorso di avvicinamento irto di insidie, di incomprensioni, ma anche della crescita lenta di un affetto. Voluto e, in qualche modo, forzato dalla piccola Lyse che, paradossalmente, appare la più matura fra i due.
Nell’incontro fra nonno e nipote, il mondo contadino e arcaico del vecchio si deve integrare con quello moderno della Generazione Z, alla quale appartiene Lyse. E questa assimilazione da parte di entrambi dei rispettivi valori non può che favorire la nascita di un rapporto vero fra nonno e nipote facendo di Orlando un film sull’accettazione e sulla tolleranza reciproca.
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