‘Rodéo’: un dramma nel mondo dei biker nell’opera prima di Lola Quivoron
Presentato in concorso alla 40ª edizione del Torino Film Festival, Rodéo è il primo lungometraggio della giovane regista francese. In sala dal 6 Luglio
Nella periferia di una grande città francese, Julia (la sorprendente Julie Ledru) vive per un’unica cosa: farsi accettare a tutti i costi da una banda di giovani biker che praticano, clandestinamente, il “cross-bitume”, cioè uno sport estremamente pericoloso fatto di acrobazie e impennate su moto di grossa cilindrata.
Un mondo, quello descritto dalla Quivoron, in cui i personaggi vivono costantemente ai margini della società. La stessa Julia, rifiutata dalla famiglia, vive di espedienti. Considerata una puttana, unicamente in quanto donna e ribelle, dai ragazzi che frequentano il quartiere, ruba spesso. Soprattutto le moto, a cavallo delle quali – unici attimi della sua vita – si sente veramente libera. Lo fa rispondendo agli annunci delle vendite dell’usato, presentandosi in maniera gentile ed educata ai proprietari per convincerli a lasciarla provare il mezzo prima dell’acquisto, per poi allontanarsi a grande velocità sgasando sull’acceleratore.
Ma per Julia il percorso di accettazione nella banda non è semplice. Per farlo, convince così alcuni ragazzi a partecipare alla rapina estremamente rischiosa di un furgone con il carico di moto costose.
Un film ruvido, non esente da imperfezioni, che mette in evidenza una complessa figura femminile
Lola Quivoron realizza, con Rodéo, un film che alterna momenti dall’alto tasso adrenalinico ad altri molto più intimi, allo scopo di mettere in evidenza la complessa figura di Julia che, se da un lato mostra il suo spirito ribelle, incurante delle regole, dall’altro, rivela tutta la sua grande fragilità e la necessità di affetto, che cerca in Ophélie (Antonia Buresi, anche sceneggiatrice insieme alla regista), la moglie di Domino, il capo della banda che dirige i suoi uomini direttamente da una prigione, e nel loro figlioletto Kylian (il piccolo Cody Schroeder).
Ne deriva un film piuttosto ruvido, interessante se pure non esente da imperfezioni. Come, ad esempio, l’uso insistito della macchina a mano utilizzata in maniera vorticosa per riprendere con primissimi piani il volto di Julia, seguendola freneticamente sin dal piano sequenza iniziale. Una tecnica ormai forse troppo abusata, utilizzata per descrivere l’estremo disordine e l’inquietudine che cova nei personaggi borderline come Julia, una figura che ricorda molto da vicino quelle marginali descritte nelle opere dei fratelli Dardenne. Tuttavia, l’insistere troppo su questo tipo di inquadrature provoca, alla fine, una certa stanchezza visiva, risultando oltretutto superfluo per l’economia del film.
Film realistico nel descrivere un determinato mondo ai margini della società
Rodéo risulta quindi un film estremamente realistico nel descrivere un determinato mondo che si muove ai margini – molto interessanti, per come sono state realizzate e filmate, le lunghe sequenze delle corse in moto e delle acrobazie dei biker – e che innesta nel racconto inserti onirici che, in alcuni casi, possono apparire poco giustificati; in altri, come nel caso della sequenza finale, utili a evidenziare lo spirito libero di Julia e come questa sua libertà non potrà mai essere cancellata da nulla, indipendentemente da ciò che le può riservare la vita.
Con questo film, già vincitore del premio Coupe de Coeur du Jury al festival di Cannes, Lola Quivoron ha voluto rendere omaggio a tutte le Julia di questo nostro mondo. Giovani donne che tentano con ogni mezzo di non soccombere in una società profondamente maschilista che le considera meno di niente (significativo a tal proposito come a Julia venga affibbiato il soprannome di Sconosciuta). Lo fa con una storia che racconta in maniera aspramente drammatica un disperato tentativo di emancipazione femminile.
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