Basata sull’omonimo romanzo di Emily St. John Mandel, Station Eleven va in onda, in esclusiva su TimVision, dal 24 giugno 2022. Dieci episodi incentrati sulle vicende di un gruppo di personaggi, alle prese con una pandemia di portata globale e dall’effetto mortale.
Station Eleven | La trama
Durante una piece teatrale a Toronto, l’attore principale, Arthur Leander, (Gael Garcia Bernal) ha un attacco di cuore e muore sul palco. Jeevan (Himesh Patel) assiste alla scena ed è il primo ad accorrere, sebbene non sappia assolutamente come intervenire. Una volta fuori, decide di accompagnare a casa la giovane Kirsten (Matilda Lawler da teenager, Mackenzie Davis nella versione adulta), rimasta senza passaggio dopo l’accadimento.
Recitare è la cosa che amo di più al mondo.
La chiamata di un’amica infermiera getta però Jeevan in uno stato di ansia e preoccupazione: sembra infatti che una terribile influenza stia contagiando sempre più persone, per cui si consiglia di restare isolati. Dopo aver speso quasi diecimila dollari in un supermercato, il ragazzo si reca a casa del fratello Frank (Nabhaan Rizwan), insieme a Kirsten. Passano ottanta giorni e il pianeta Terra, intanto, ha perso le sue sembianze.
Dalla vita vera alla finzione, il mondo dopo la pandemia
L’idea di riprendere una simile situazione di crisi, dalla quale ancora oggi il mondo non è ancora completamente uscito, risulta interessante e rischioso al tempo stesso. Se dal primo episodio si volesse evincere la chiave del progetto, sarebbe probabilmente quella dell’intrattenimento con un gusto per l’horror più raffinato e arguto. Ma solo nel corso delle puntate sarà possibile goderne appieno.
Tutta la presentazione iniziale serve a preparare il terreno per ciò che accadrà dopo. Così facendo, prende forma un’atmosfera postapocalittica tra le migliori, di quelle ansiogene, opprimenti, tentacolari. Aiutano, in tal senso, gli intermezzi stilisticamente impressionanti, che spiazzano e pongono domande di cui forse non si vorrebbe conoscere la risposta.

Perché va bene divertirsi guardando una serie tv, ma è fondamentale provare qualcosa sulla propria pelle per valutarla oltre la pura e semplice sufficienza.
Tra Shakespeare e Independence Day, di flashback in flashback
Station Eleven lavora tanto sulla coscienza, sulla riflessione e sul ricordo, quanto sulle sensazioni, le percezioni e le emozioni. Il gioco di flashback continui dà modo di conoscere più a fondo i vari personaggi in scena, legandoli tra loro in maniera talvolta sorprendente e indissolubile.
Shakespeare entra in campo subito, a bruciapelo, forse a suggerire la tragedia che di lì a poco si consumerà. La figura del “bardo” appare predominante nell’opera letteraria della Mandel ed eleva, inevitabilmente, tutto ciò che tocca. Lo stesso accade alla serie creata da Patrick Somerville, attraversata da una vena malinconica e poetica, a metà strada tra The Road e Y: L’ultimo uomo.
Io voglio speranza.
Ma i riferimenti non terminano qui, trovando la loro via di espressione anche in divertenti citazioni come il monologo presidenziale di Independence Day. Alla base, sembra sempre esserci una minaccia esterna, della quale non si conoscono le origini, ma solo le conseguenze. Ed è necessario che gli uomini si uniscano e la fronteggino, magari a suon di battute. La compagnia di attori che si fa chiamare Sinfonia itinerante accoglie i superstiti e dona speranza in un mondo ormai prosciugato – almeno apparentemente – di qualsiasi risorsa.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.