Il 2022 è l’anno dei truffatori in tv: tante le storie che raccontano di inganni e false identità (Inventing Anna), di persone che fingono di essere altre persone ( a se stesse e a agli altri) per imboccare l’impervia strada che porta ad una (effimera) ricchezza o popolarità.
Presentato in anteprima nel Regno Unito a febbraio, e arrivato ora su Prime Video, il nuovo dramma psicologico Chloe le maschere della verità ne è il perfetto esempio. Thriller in 6 episodi dell’inglese BBC il serial, creato da Alice Seabright, anche regista con Amanda Boyle, il serial è interpretato da Erin Doherty e Billy Howle.
Anche Chloe inizia con un background di finta umiltà: Becky Green (Erin Doherty) trascorre i suoi momenti di ozio scorrendo ossessivamente il dito sui social media. La sua esistenza trascorre in modo apparentemente insignificante tra le cure alla madre malata e una serie di lavori (e di incontri) occasionali. Con l’espressione spenta di qualcuno le cui abitudini le fanno perdere la completa cognizione del tempo, Becky sembra particolarmente presa dal profilo di una certa Chloe Fairbourne (Poppy Gilbert). Le scene di apertura della serie sono costellate di selfie di Chloe, cene, momenti vari della sua vita.
Finchè non accade l’imprevisto e Becky dà il via a una serie infinita di piccole/ grandi bugie orchestrate per dar corpo alla sua ossessione.
Finzione e maschera nella serie Chloe
Il ‘fingo di essere qualcun altro’ ha una lunga tradizione nella narrativa. La regista di “Chloe”Alice Seabright fa suo il tema con un’ immediata semplicità ed efficienza nel modo in cui mette in moto tutti i pezzi del puzzle costruito.
La lenta costruzione del ‘personaggio Sasha’ da parte di Becky è diligente e meticolosa come il serial stesso, costruito con attenta cura dei dettagli, sebbene a volte il divario tra ‘dove inizia e dove finisce’ la maschera sia un po’ confuso nei passaggi intermedi.
Senza rivelare troppo di una trama che necessita del no-spoiler, possiamo dire che il racconto in Chloe è tutto su Becky e il suo scivolare lentamente all’interno di un mondo non suo e che ha sempre visto solo da lontano. Seabright inquadra tutte le sue azioni e le rende molto concrete, quasi palpabili. Dall’iniziale scena della colazione con cereali, alle liti con la madre, al suo ‘spiare’ le vite degli altri in modo sistematico in contrasto col disordine in auto e negli ambienti in cui vive, Becky è un puzzle costante di eventi (deprimenti in realtà) ma è soprattutto anche il ritratto di una donna sola e infelice.
Delusione, sogni ad occhi aperti, incubi, insicurezza e ancora insicurezza. Il pre-Sasha è costellato da una solitudine da social media che disarma per quanto è veritiera e tremendamente attuale.
Desiderio di essere compreso
La cosa più immediata ( e anche la più efficace) di “Chloe” è il modo in cui attinge a un desiderio quasi universale di essere compreso e valorizzato (oltre che ‘noto’).
Becky entra nella vita di Chloe più di quanto avrebbe potuto immaginare e lo fa anche grazie all’intensa e credibile interpretazione di un’ottima Erin Doherty (The Crown). Tutto è filtrato attraverso la prospettiva di Becky, con Seabright che a volte pone il pubblico ad osservare la realtà direttamente con gli occhi di Becky.
Perdendosi nel brillante mondo dell’alta società, Becky/Sasha perde però di vista se stessa. Più Sasha si intrufola nel mondo di Chloe, più la vita di Becky cade a rotoli: rischia di perdere il lavoro, non riesce a mantenere una relazione fissa e contemporaneamente non riesce a smettere di indagare.
D’altronde in un mondo filtrato come si può capire cosa è reale e cosa no? Cosa vuol dire davvero oggi stare con gli altri? Cosa si prova a ‘sentirsi’, a trovarsi nel momento presente, a vivere esperienze con persone reali e non da dietro a uno schermo?
Temi attuali
Chloe Le maschere della verità parla di tutto questo ma affronta anche un altro tema importante. SexEducation, Ginny e Georgia,Euphoria , Trinckets e altri serial hanno recentemente affrontato la tematica della salute mentale. Attacchi di panico, ansia, disturbi alimentari non sono più un tabù per la Tv (soprattutto rivolta oggi ad un pubblico teen) e il fatto che si affrontino problemi così delicati (e in modo del tutto aperto /senza filtri) ha contribuito a ‘sdoganare’ la bipolarità, l’alzhaimer, il suicidio , l’autolesionismo e altri temi scomodi per una generazione oggi molto più consapevole.
Di motivi dunque per guardare la serie ce ne sono tanti, ma alla fine resta in primo piano quello più evidente: un’ottima protagonista di un serial convincente e ben orchestrato che sa utilizzare al meglio i propri strumenti.
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