Forever Young di Valeria Bruni Tedeschi: il teatro, la giovinezza, la vita
A Cannes, Valeria Bruni Tedeschi ha raccontato con i dovuti filtri gli anni di formazione teatrale alla scuola Amandiers di Nanterre, creata da Patrice Chéreau e Pierre Romans. In sala ora dal 1 Dicembre
L’abbraccio del teatro alla giovinezza è impossibile da dimenticare.
Una fotografia vivida, densa e pastosa ha immerso il Festival di Cannes nei lontani anni 80′ e nella giovinezza di Les Amandiers For ever young.
Il film arriva in sala dal 1 Dicembre con Lucky Red.
Un gruppo di ragazzi capitanati dalla biondissima e vitale Stella supera l’esame di ammissione alla famosa scuola di teatro Amandiers di Nanterre, creata da Patrice Chéreau e Pierre Romans nella banlieue parigina. Lanciati in corsa verso il futuro con dentro sogni, speranze, riscatti, i giovani si approcciano al mestiere d’attore e alla vita, affrontando una prima, grande tragedia.
Forever Young
Difficilmente ci si scorderà di questi ragazzi e ragazze pazzoidi, scalmanati, pieni di talento, di ormoni ed energia. Les Amandiers, il nuovo lungometraggio di Valeria Bruni Tedeschi, si è preso tutto l’affetto del pubblico in sala. Un respiro corale, vibrante: verso il teatro, in primis. Verso un momento della vita nel quale si è ancora entusiasti, illusi, capaci di credere ai sogni, di attendersi soltanto il meglio dall’esistenza.
In Les Amadiers la regista decide di non mostrarsi davanti alla macchina da presa, pur se (e probabilmente anche perché) il racconto la coinvolge personalmente. Che la esplosiva e innocente Stella (l’incontenibile Nadia Tereszkiewicz) non sia altri se non l’alter ego di Valeria Bruni Tedeschi, è immediatamente chiaro. Ma la decisione di raccontarsi e di raccontare quella fetta di vita e di approccio al teatro che ha portato sempre con sé, non è sua.
“A suggerirmi l’idea di Les Amandiers, il mio nuovo film, è stato un amico, Thierry de Peretti. È stato come un grande regalo. La scuola è stata fondamentale per me, per il mio lavoro e per la mia vita. Le persone che ho incontrato lì e le cose che vi ho vissuto sono ancora dentro me”. La base autobiografica rimane solo per espandersi nell’immaginazione: le interviste fatte ai veri Les Amandiers sono state un ottimo spunto di partenza e di sviluppo del racconto, precisa la regista.
Al centro, il teatro
Forever young è un omaggio a questa forma espressiva e creativa, meravigliosa. I provini che gli aspiranti corsisti devono superare sono il primo livello di ingresso. Si può fare, tutto: si può essere incontenibili, urlare, strepitare, rendersi ridicoli, esternare ogni intimo pensiero. Ci si può cercare, si può imparare a stare insieme agli altri, a superare se stessi. Dagli esercizi fisici a quelli vocali, dall’assegnazione delle parti per il primo spettacolo ufficiale, comprendiamo che il mestiere dell’attore è una vocazione, una predisposizione spirituale, fisica, emotiva.
Dentro il teatro c’è la vita e la vita entra necessariamente nelle dinamiche dei ragazzi. Ognuno si porta appresso il mondo da cui proviene, esternato in una gravidanza prossima, in un matrimonio a 19 anni, in una dipendenza dalla droga che neppure il teatro riesce a domare e sconfiggere. Il sesso sfrenato e leggero, l’arrivo dell’amore. L’Aids che aleggia minaccioso come uno spettro. Gli insegnanti mitizzati, punti di riferimento, si rivelano viziosi, contraddittori, egoisti, intransigenti, gelosi. Valeria Bruni Tedeschi affida all’ex compagno Louis Garrel il ruolo diPatrice Chereau, indossato con grande autoironia.
Un film troppo caricato, probabilmente. Ma irresistibile.
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