Russian Doll è un serial disponibile su Netflix: i sette episodi della seconda stagione sono disponibili sulla piattaforma dal 20 aprile 2022.
La trama
Dopo il misterioso loop temporale durante il suo 36° compleanno, Nadia scopre che una linea della subway la porta a decenni prima, nel corpo della madre mentre era incinta di lei. Comincia allora ad analizzare questo inquietante déjà-vu, provando a rispondere a questa domanda sia con la logica che attraverso una serie di consulenze spirituali: si trova allora costretta a scavare dentro se stessa e nella storia della sua famiglia per trovare la soluzione.
La recensione
Sono stati necessari ben tre anni per rivedere Natasha Lyonne (già star in quella serie perfetta che è stata Orange Is The New Black) nella prosecuzione delle avventure della storia da lei ideata, in Russian Doll: un’attesa che però è stata ripagata dalla visione delle nuove sette puntate della seconda stagione.
L’high concept è un tipo di lavoro narrativo che può essere facilmente riassunto in una frase sintetica, in contrasto con il termine opposto low-concept, maggiormente impegnato nello sviluppo dei personaggi o altri dettagli non facilmente sintetizzabili.
Nadia si ritrova in un misterioso anello temporale che la riporta ripetutamente alla festa del suo 36° compleanno, dopo bizzarre morti che la coinvolgono: con questa sinossi semplice e diretta, Russian Doll appartiene senza dubbio alla prima categoria, sviluppando una suggestione fantastica con declinazioni inedite e gustose.
Ma se la prima stagione si incartava dopo qualche episodio, ricorrendo ad arzigogoli narrativi sempre più contorti per tenere in piedi la trama lungo tutti i dieci episodi, questa volta la storia svicola e sembra adagiarsi su un low-concept, preferendo intelligentemente percorrere la strada dell’approfondimento.
Scartato allora il loop, Russian Doll si reinventa con un allungo logico e coerente e si avvinghia stretta intorno alla sua protagonista: che ha le fattezze e il mood con cui non sempre si empatizza della sua attrice-ideatrice Lyonne, ma sa dare a volte la giusta dose di profondità e intensità riuscendo a migliorare uno show che non sembrava poter continuare a lungo.
La storia prende allora le sembianze di un intricato e complesso viaggio esistenziale che non disdegna parentesi visionarie, entrando nella contorta psicologia della sua protagonista e diventando, lentamente ma inesorabilmente, un racconto di redenzione, condito da dialoghi che restituiscono un sagace cinismo e un umorismo nerissimo e coltissimo, in un intricato ma affascinante gioco di specchi che va in profondità e gioca le sue carte su più livelli, riprendendo la metafora della matriosca del titolo.
Questo senza dire che la parte metafisica prende insospettabilmente il sopravvento, anche se potrebbe essere un’arma a doppio taglio la messa in scena di continui plot twist che rendono le risposte alle tante domande della storia impalpabili e sfuggenti.
La seconda stagione dà alla Lyonne un maggior peso sia nella scrittura che nella regia, e gli episodi prendono un andamento ondivago e turbinoso nonostante la precisa volontà di rendere Russian Doll una storia generazionale al femminile, sposando l’idea dell’eterno ritorno (e degli abusatissimi viaggi nel tempo) con interessantissimi movimenti di macchina per una serie insospettabilmente mai banale