
Le immagini iniziali disturbanti, fra lo sputo del protagonista (Corin Nemec) e il rapido movimento di primissimi piani e dettagli, ci immergono nella realtà sfocata, o meglio nell’irrealtà, di un misterioso day after. Infatti, il giorno in cui John e Lynn hanno deciso di divorziare, con tanto di avvocati e di clausole di separazione, nel cielo si è levato alto il fungo di una bomba disastrosa, che ha messo la parola fine ad un mondo in cui ci si può amare. Fatale destino quello di un uomo e una donna che prima si erano scelti e poi non riescono più a comprendersi, ma per la coppia di Nuclear family (2010) il capolinea del mondo potrebbe rappresentare un nuovo inizio e, via via che si svela la trama fantascientifica, il lungometraggio appare sempre meno correlato al nucleo atomico e sempre più focalizzato sul nucleo affettivo di cui si è e ci si sente parte, che è l’unica speranza di salvezza dalla catastrofe.
Kyle Rankin torna al Science+Fiction dopo due anni dall’acclamata proiezione del suo Infestation (2009), con questo mix di film apocalittico, medical thriller e prison movie, girato nel bosco dove è solito andare a passeggio, nei pressi di Los Angeles. Non sapendo a priori se il lavoro avrebbe trovato uno sbocco sul web, in televisione o tramite dvd, ha deciso di creare una serie di episodi mozzafiato di breve durata, che ha poi montato in sequenza. Il regista statunitense è il primo ad ammettere che ci sono dei piccoli buchi di sceneggiatura come l’escamotage dell’arma che si inceppa, ripetuto più volte, o come l’inspiegabile scelta della protagonista, che in una situazione di estremo pericolo prende una pistola invece di un’arma più potente. In compenso, nulla da eccepire al ritmo e alla suspense di un film che ha anche il pregio di far riflettere su quello che succede quando la massa, troppo occupata a “fare più soldi possibile per comprare cose inutili”, si disinteressa delle decisioni politiche e governative.
Se Nuclear family lascia la speranza concreta di trovare una via d’uscita, non va altrettanto bene nelle altre attesissime proiezioni del Science+Fiction: per vedere il mondo definitivamente devastato dai morti viventi o dagli extraterrestri, i fans e gli accreditati del festival organizzato da La Cappella Underground hanno sopportato lunghissime file alle casse del Multiplex Cinecity e non tutti sono riusciti ad applaudire il cult Zombi (Dawn of the dead, 1978) e L’arrivo di Wang (2011), presentati di persona rispettivamente da George A. Romero e dai Manetti Bros.
Alla fine, la giuria del concorso internazionale, composta da Sergio “Alan D.” Altieri, Jan Doense e Tullio Avoledo, ha assegnato l’Asteroide al film inglese Monsters (2010) di Gareth Edwards “per il suo preciso, trasgressivo approccio alla tematica della presenza aliena sulla Terra”. Mentre il premio del pubblico è andato allo statunitense e vampiresco Stake land (2010) di Jim Mickle.
Lady L. Hawke