Anno: 2011
Distribuzione: Warner Bros
Durata: 130′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Gran Bretagna/Germania
Regia: Roland Emmerich
Era realmente William Shakespeare il genio che si celava dietro la fine tragica di Amleto, il fervido amore di Romeo o il tormentato senso di colpa di Lady Macbeth?
Parte da questo storico interrogativo il lungometraggio firmato dal tedesco classe 1955 Roland Emmerich, il quale, abbandonate le catastrofi a suon di massicce dosi di effetti speciali concepite in titoli del calibro di Independence day (1996) e 2012 (2009), comincia dai giorni nostri per poi catapultare lo spettatore nel periodo dei disordini politici dell’Inghilterra elisabettiana, al fine di affrontare la secolare questione che ha affascinato studiosi e brillanti intellettuali; da Mark Twain a Sigmund Freud, passando per Charles Dickens.
Concentrandosi su un momento in cui gli scandalosi intrighi politici e le illecite storie d’amore alla Corte Reale vengono portati alla luce in un inaspettato luogo come il teatro di Londra, infatti, Emmerich pone il Rafe Spall di One day (2011) nei panni del Bardo e il Rhys Ifans di I love Radio rock (2009) in quelli del conte di Oxford nel tentativo di offrire una possibile risposta al dubbio nei confronti di colui che fu figlio di un mugnaio analfabeta di Stratford; quindi, fornito di un lessico talmente ristretto da spingere difficilmente a far credere che sia stato l’autore di capolavori della letteratura quali Il mercante di Venezia, Enrico V e Re Lear, tanto più che non esistono prove del fatto che abbia viaggiato in terre straniere e che ne abbia imparate le lingue.
E, sicuramente, con un cast comprendente anche Vanessa”Blow.up”Redgrave nel ruolo della Regina Elisabetta I e il Sebastian Armesto di Marie Antoniette (2006) in quello del celebre commediografo Ben Jonson, è la prova degli attori a rappresentare il maggiore pregio dei circa 130 minuti di visione.
Perché, sorvolando sugli inevitabili elogi al curatissimo lato relativo a costumi e scenografie, l’insieme messo in piedi dall’autore de L’alba del giorno dopo (2004) tende eccessivamente a travolgere lo spettatore con un’infinità di dialoghi e un notevole numero di personaggi; rischiando non poco di confonderlo e, di conseguenza, di trascinarlo nella morsa della noia.
Allora, anche se Anonymous rimane un documento di celluloide di sicuro originale e interessante per quanto riguarda l’argomento affrontato, sorge spontaneo affermare che preferiamo Emmerich quando si trova alle prese con i disaster movie.
Francesco Lomuscio