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Blax and the City ovvero ´Harlem´. La nuova serie Amazon

Prodotta da Amazon Studios e creata da Tracy Oliver, Harlem è la nuova serie comedy Amazon Original composta da 10 episodi che segue le vicende di un gruppo di amiche di Harlem. Nel cast Meagan Good, Grace Byers, Jerrie Johnson e Tyler Lepley.

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harlem serie tv

Ciò che caratterizza maggiormente la nuova serie Amazon Harlem, ideata e prodotta da Tracy Oliver, sceneggiatrice per cinema e tv di commedie black al femminile, è l’effetto déjà vu. Incentrata sulle disavventure delle quattro protagoniste, trentenni figlie della borghesia nera intente a bilanciare carriera, amore, vita personale e professionale sullo sfondo del noto quartiere newyorchese, la serie sembra un aggiornamento di Sex and the City, espressione dell’emancipazione femminile bianca di Manhattan di fine anni Novanta.

Harlem e gli stereotipi

Harlem dovrebbe essere il ritratto, in bilico tra sorellanza e girl power, della generazione a cui specificatamente si rivolge e che esalta in una vezzosa ruffianeria che finisce per ricalcare modelli simili di film come Donne (Forest Whitaker, 1995) o Il viaggio delle ragazze (Malcolm D. Lee, 2017). Un insieme di stereotipi che non allontanano il prodotto dalla blaxploitation degli anni Settanta che, giocando sull’immaginario negativo legato agli afroamericani, finiva per alimentare vecchie concezioni diffuse, invece che contribuire efficacemente al progresso della causa nera.

Nonostante il ritmo sostenuto e alcune battute azzeccate, la serie presenta grosse lacune nella contestualizzazione di Harlem (si passa da un locale, un edifico o uno scorcio caratteristico all’altro, tralasciando o appena accennando ai grandi problemi sociali e culturali legati al quartiere e alla città) e ancora di più nella caratterizzazione dei personaggi, espressioni di una femminilità stereotipata e ben poco progredita.

Paragonate nel primo episodio alle donne della tribù himalaiana Mosuo note per la loro emancipazione e avanzamento sociale, le ragazze di Harlem risultano lontane anni luce da quel modello.

Harlem  le protagoniste (incomplete infelici e non realizzate)

Camille è professoressa di antropologia alla Columbia, esperta delle forme di corteggiamento nelle diverse culture, ma incapace di superare una relazione interrotta bruscamente anni prima. Quinn è una stilista emergente alla ricerca di una completa indipendenza economica, inguaribile romantica in disperata attesa del grande amore; Tye è la creatrice di una dating-app per queer, lesbica che dietro l’aggressivo aspetto mascolino cela un’incapacità a legarsi stabilmente con qualcuno; Angie è un’aspirante attrice e cantante originaria del Bronx, simpatica e un po’ cafona, sempre a caccia di uomini. A ben guardare, quello che le accomuna – e che lascia più perplessi – è l’incapacità di accettare l’essere nubili, finendo ognuna per cambiare continuamente compagno (o compagna), limitandosi a rapporti occasionali a lungo andare poco appaganti e costruttivi.

Possibile che ancora oggi essere donna libera e indipendente sia sinonimo di una sottile isteria sentimentale che finisce per renderle incomplete, infelici, non realizzate senza un partner al proprio fianco? Che ciò porti regolarmente a mettere in gioco tutto, compresa la carriera, per appagare tale mancanza? Che, in definitiva, sia questa la sola questione di cui una donna più o meno benestante debba o si possa occupare, nonostante l’etnia e le differenze di genere che indubbiamente ne condizionano la vita sociale?

Torna allora in mente la serie Netflix del 2017 She’s Gotta Have It di Spike Lee, adattamento al contesto socioculturale contemporaneo del suo primo lungometraggio incentrato sulle vicissitudini sentimentali della protagonista, felicemente divisa fra tre amanti espressioni di altrettanti modi di vivere la propria maschilità.

Un racconto sincero e diretto, femminista e antimisogino, dell’essere donna oggi, espressione delle reali difficoltà e delle battaglie ancora da vincere per raggiungere una vera equiparazione dei sessi, a dimostrazione che i problemi sono ben più complessi; risolvibili certo, ma solo con l’assunzione di maggior consapevolezza degli stessi e delle dinamiche che regolarmente ancora li innescano.

La strada è ancora lunga e certo non porta ad Harlem.

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