Quattro film di Paul Thomas Anderson per prepararsi all’arrivo di Licorice Pizza
Con il suo ultimo film californiano il regista Paul Thomas Anderson torna nella sua amata San Fernando Valley. Ecco altre quattro volte dove ha deciso di “giocare in casa” con incredibili risultati.
“Conforto. Gioia. Mi piace il suo aspetto. Mi piacciono i suoi sapori e i suoi odori. Non conosco altro che possa amare di più.”
Questa è la risposta di Paul Thomas Anderson alla domanda fatta durante l’intervista a Variety sul perché ambientasse tanti film nella San Fernando Valley. D’altronde si tratta del quartiere dove il regista è cresciuto e dove tutt’ora dimora, quindi sembra naturale che trovi un certo comfort nel giocare in casa.
Il suo ultimo film, Licorice Pizza, è già fuori con una distribuzione limitata nelle sale statunitensi e sta ricevendo recensioni più che entusiaste. Si tratta di una storia ambientata nella San Fernando Valley degli anni ’70 in cui vengono mostrate le avventure di un goffo teenager interpretato da Cooper Hoffman (figlio di Philip Seymour Hoffman, attore feticcio del regista) e una fotografa ventenne interpretata da Alana Haim(strumentista e cantante del gruppo Haim, per il quale PTA ha girato diversi videoclip). Ci sarà amore, ci sarà sorpresa e ci saranno anche tanti personaggi appartenenti alla vecchia e nuova Hollywood.
In attesa che questa pellicola arrivi in Italia possiamo ripercorrere tutte le altre volte che il regista ha deciso di giocare in casa.
Boogie Nights – L’altra Hollywood
Primo film di PTA nella Valley e primo vero grande successo del regista. Il film gira intorno a Eddie Adams, in arte Dirk Diggler (interpretato da un giovane Mark Wahlberg), un ragazzo estremamente dotato che si trova catapultato nel mondo del cinema porno. In questo mondo troverà una nuova famiglia: il produttore Jack Horner (Burt Raynolds) che diventerà il suo nuovo padre, l’attrice Maggie (Julianne Moore), la madre di tutto il gruppo e Reed Rothchild (John C. Reilly), co-star e fratello.
L’arco della storia va dalla fine degli anni ’70 all’inizio degli anni ’80, un periodo di cambiamento per gli Stati Uniti e soprattutto per l’industria dello spettacolo. Le grandi produzioni vengono sostituite da ciò che costa poco ed è di facile consumo, aiutando chi vuole guadagnare facilmente ma sfavorendo chi vuole fare le cose a regola d’arte. Ci viene mostrato come anche l’industria del porno viene intaccata da questa rivoluzione. I sogni di gloria dei nostri personaggi diventano in poco tempo ricordi, ciò che rimane sono fonti di guadagno sicuro.
Anderson con questo film mostra il prezzo del talento: le vittorie, il successo ma anche il declino e la perdita di tutto. Vedremo l’ascesa e la caduta di un ragazzo a cui è stata promessa la fama eterna senza specificare che tutto ha prima o poi una fine.
Magnolia
Un film Corale con la C maiuscola dove tutto è connesso e niente è lasciato al caso. Anderson mette insieme un corposo film da 180 minuti in cui vediamo le vite, i problemi e i traumi di personaggi di ogni genere.
Quello che vedremo sarà una serie di episodi intrecciarsi tra di loro lungo il corso di una giornata a Los Angeles. C’è un fil rouge che lega tutti i personaggi, a volte per legami di sangue e altre per pura coincidenza.
Magnolia è un film di perdite, rancori, traumi infantili e conflitti adulti, un film che mostra come i fantasmi del passato non siano mai facilmente esorcizzabili. Dietro a un guru della seduzione femminile (Tom Cruise) c’è un ragazzo abbandonato dal padre, dietro una giovane ereditiera (Julianne Moore) c’è una donna con sensi di colpa, dietro un bambino prodigio (Jeremy Blackman) c’è un padre che ha sempre riposto ogni speranza su di lui.
PTA usa la grande durata di questo film per farci capire ogni singola motivazione dietro il carattere dei personaggi. Vediamo cosa li fa andare avanti e cosa li tiene bloccati. Si trovano tutti su un cammino che sembra già tracciato per loro, prevedibile come il meteo, ma anche paradossale come la svolta biblica che ci aspetta verso il finale.
Ubriaco d’amore
Dopo il monumentale Magnolia, Anderson si è concesso una storia apparentemente semplice: una commedia romantica su un uomo che scopre una falla nella promozione di budini che li permette di guadagnare miglia aeree gratuite. Ma questo film è molto di più.
Barry Egan, interpretato da un sorprendente Adam Sandler, lavora in un grande ufficio con una piccola scrivania dove si occupa di vendita di prodotti di toeletta. Ha sette sorelle che invadono costantemente la sua privacy, facendolo sentire piccolo e debole. Barry però non è niente di tutto ciò, anzi è un uomo con una forza interiore sorprendente.
Avrà un incontro fortuito con Lena Leonard (Emily Watson), seguito in poco tempo dalla prima cena fuori. I due si piacciono subito e c’è la giusta chimica che ci fa sperare che rimangano insieme fino alla fine. Nel mentre Barry è perseguitato da una compagnia di “telefonate hot” che lo minaccia per la restituzione di soldi. Si tratta naturalmente di una truffa per spillare più soldi possibili al povero malcapitato.
Tutto ciò è accompagnato da un impianto visivo molto particolare. Anderson, insieme direttore della fotografia Robert Elswit, sfrutta appieno le peculiarità dell’anamorfico riempiendo il film di “flare”, riflessi di luce dati dalle caratteristiche della lente. Questi riflessi colorati danno carattere al film e creano un ambiente quasi fiabesco.
Il film inizia con il ritrovamento di un organetto, sappiamo quindi che la musica giocherà un ruolo importante. Le dolci orchestrazioni di Jon Brion aiutano a creare quell’atmosfera sognante di cui un film come questo aveva bisogno.
Vizio di forma
Sempre ambientato negli anni ’70, sempre a Los Angeles (la San Fernando Valley c’è anche qua, ma sommersa da tante altre location). PTA sceglie di adattare il lungo e intricato romanzo di Pynchon fatto di investigazioni, misteri e tanta confusione. Confusione è anche la parola giusta per descrivere il protagonista: Larry “Doc” Sportello (Joaquin Phoenix), un investigatore costantemente perso e mai troppo lontano dal prossimo spinello. Gli verrà chiesto dall’ex ragazza Shasta Fay (Katherine Waterston) di aiutare il suo amante Mickey Wolfmann (Eric Roberts) per evitare che sua moglie e il suo amante lo mettano in un ospedale psichiatrico. Sembra già intricato così ma la situazione si farà sempre più complicata. Durante il film Doc viene sballottato da una parte e dall’altra cercando di capire esattamente cosa stia succedendo, ma appena sembra arrivato a una soluzione gli si presenta un mistero più grande.
È quasi inutile cercare di seguire la storia di questo film, l’intento di Anderson è infatti di confondere lo spettatore esattamente come è confuso il protagonista. Questo è un film che va visto per i personaggi: particolari e spesso comici, difficilmente dimenticabili. Da Owen Wilson che interpreta un infiltrato hippy in fuga, a Josh Brolin che interpreta uno strano poliziotto che si fa chiamare Bigfoot; il roaster di attori superbi riesce a portare ogni tipo di caratteristica in questo grande minestrone.
Se Boogie Nights raccontava il passaggio dagli anni ’70 agli anni ’80, questo film mostra il passaggio dai ’60 alla decada successiva. Vediamo infatti un mondo di hippy che, abituati a una vita più semplice, si trovano catapultati in un marasma che sembra quasi insensato, fatto di cospirazioni, droghe pesanti, ricchi che cercano di sfruttare i poveri e tanto altro. Doc rappresenta bene questa idea con la nostalgia verso i tempi passati in cui lui e Shasta vivevano una vita felice e tranquilla, lontani da quello che sarebbe poi successo.
Si tratta di uno dei film più diversi di PTA, probabilmente per le caratteristiche del libro da cui è tratto. Chi si aspetta un film simile agli altri forse verrà deluso, ma sicuramente è difficile che dimenticherà molti dei momenti assurdi quanto divertenti presenti in questa pellicola.
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