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I migliori film di Woody Allen on demand

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Woody Allen è sicuramente tra i registi americani più prolifici. Ad oggi la sua filmografia conta quarantotto lungometraggi, escludendo: una serie tv, una manciata di film per la televisione e un lungometraggio in collaborazione con due mostri sacri della Nuova Hollywood – Coppola e Scorsese – nel film New York Stories.
Negli ultimi anni il suo nome è stato nella bocca di tutti, a causa delle vicende giudiziarie con la sua ex compagna Mia Farrow; ma questo non ha scalfito l’inventiva del regista newyorkese. Nel 2020 esce la sua autobiografia A Proposito di niente, nonché il suo ultimo film: un omaggio al grande cinema classico con cui il giovane Woody è cresciuto e si è formato – ‘Rifkin’s Festival.

Grazie ai servizi streaming presenti nelle case di ogni appassionato di cinema, andiamo a ripercorrere brevemente, ma con uno sguardo cosciente e analitico, le migliori opere di Allen presenti nei cataloghi online.

‘Harry a pezzi’ (1997) – Amazon Prime Video

“Quindi, per rispondere alla domanda che non avete fatto, non mi sveglio
mai con il terrore di avere perso il mio senso dell’umorismo,
né ho
mai sofferto di blocco dello scrittore. Ne soffre invece
Harry Block, il
protagonista di Harry a pezzi.”
(A proposito di niente, Woody Allen, 2020)

Con questo slancio, tratto dalla sua autobiografia, si può riassumere tutto il disagio del suo film. Probabilmente l’inconveniente più grande di uno scrittore, insieme a quello di essere rapito da una fan accanita – come ci racconta Stephen King in Misery.
Nella storia di Harry Block (Woody Allen), scrittore che ha in sé un alienante blocco dello scrittore che lo trafigge, e accusato (giustamente) di raccontare nei suoi libri solo i segreti intimi dei suoi familiari, incontriamo tutta la poetica del regista originario di Brooklyn.
Se da una parte la trama è ispirata in gran parte al Posto delle fragole – non tanto per la condizione psicologica di Harry, ma per l’onorificenza datagli dalla sua università, che lo condurrà a un viaggio ai limiti della follia – dall’altra possiamo scorgere le sue influenze felliniane.

I personaggi della storia prendono vita nella sua mente, riuscendo anche a dialogare con essi, conducendolo in una crescita spirituale che lo porteranno all’accettazione del blocco, fino a fargli trovare un nuovo spunto – una rinascita. Per quanto distaccato dall’estetica, i metodi e le incursioni naturali del suo inconscio riescono a essere degni del regista riminese; da Allen giudicato il suo secondo maestro dopo lo svedese Ingmar Bergman.
Da sottolineare uno splendido cameo di Robin Williams, qui inquadrato fuori fuoco. Non vedremo mai il suo viso per tutta la durata della pellicola, diventando inevitabilmente uno dei tratti distintivi e iconici del film.

‘Accordi e disaccordi’ (1999) – Amazon Prime Video

All’alba del nuovo millennio, Woody Allen volle omaggiare la musica jazz, riuscendoci egregiamente.
Accordi e disaccordi, tramite la tecnica del falso documentario già sperimentata in Zelig, racconta la storia di Emmet Ray (Sean Penn), un istrionico ma talentuoso chitarrista di gipsy jazz.
Tramite questo personaggio – Penn fu candidato agli Oscar – Allen riesce a fare una incursione pregiata in uno dei suoi generi che tanto lo ha caratterizzato nel corso nella sua carriera, e che lo ha iconizzato. Il Jazz, la sua seconda passione dopo il cinema (e le donne) viene omaggiato con classe e maestria.
Emmet è il secondo chitarrista jazz più bravo dopo Django Reinhardt. Questo lo porta a vivere con una costante insicurezza: lo vediamo nei modi sfarzosi in cui ama vestirsi o esibirsi, mostrandosi per quello che per natura non è – nella speranza di ottenere l’accettazione della platea.

Protagonista assoluta della pellicola è chiaramente la musica. Abituati ad ascoltarla nei suoi classici titoli di testa, qui il jazz riempie ogni scena, accompagnando lo spettatore in questo viaggio nelle burrascose cittadine dell’America degli anni Trenta. Una critica verso quella società, mostrandola per la sua vera natura (analfabetismo e criminalità), ma riuscendo anche a descrivere un’umanità inaudita nei personaggi che compongono la storia – in special modo in Hattie (Samantah Morton), una ragazza sordomuta che farà innamorare il protagonista.

‘Match point’ (2005) Chili

Prima incursione europea da parte di Allen.
Dopo aver già girato alcune scene nel vecchio continente (si ricordi La Dea dell’AmoreTaormina- e Tutti dicono I love youVenezia-,; Match Point rappresenta il primo film interamente europeo (anche di produzione) della sua immensa filmografia.
Ambientato in una fredda e gelida Londra, il film risulta un unicum della sua carriera. Allen abbandona la tipica musica jazz che caratterizza le sue pellicole, in favore della musica lirica – che  conferisce una carica drammatica più intensa a tutta l’opera. Infatti, Match Point, non è una commedia, ma un melodramma con tinte appartenenti al genere thriller.

Allen, per l’occasione, si è lasciato ispirare dal celebre classico di Dostoevskij Delitto e Castigo, di cui ruba – in parte – la trama e il dramma morale del protagonista. La storia di Chris (Jonathan Rhys Meyers), fidanzato con la figlia di un ricco uomo d’affari, che si innamora di Nola (Scarlett Johansson) compagna di suo cognato, sembra la trama perfetta per una tipica commedia alleniana.
Ma così non è. Infatti, i forti sentimenti, i sensi di colpa e la passione, si tramuteranno in qualcosa di più grande – l’omicidio. Tematica poco nota nei film di Allen, da allora vista giusto in Crimini e misfatti (uno dei capolavori del suo cinema) e in Misterioso omicidio a Manhattan, che conteneva però alla base una idea di commedia.

Non ci resta che farsi travolgere dall’impeto amoroso di Chris e Nola per godere appieno questa folgorante opera, che segna anche una certa rinascita per il buon vecchio Woody.

‘Café Society’ (2016) – Netflix

“Se i miei film sono belli da vedere, è perché ho cominciato a lavorare con Davy
Walsh per proseguire con Gordon Willis, Sven Nykvist, Zhao Fei, Vilmos
 Zsigmond, Harris Savides, Carlo Di Palma, Javier Aguirresarobe,
Remi
Adefarasin e Vittorio Storaro.”
(A proposito di niente, Woody Allen, 2020)

Grazie alla collaborazione con Vittorio Storaro – tre volte premio Oscar – i film di Allen segnano un rilancio da un punto di vista estetico. Café Society, oltre ad essere il suo primo film girato interamente in digitale, segna la loro primissima collaborazione, che porteranno avanti per i successivi tre film: La ruota delle meraviglie, Un giorno di pioggia a New York Rifkin’s Festival.

Ambientato nella Hollywood degli anni ’30, il giovane Bobby (Jesse Eisenberg), stanco della sua vita nel Bronx, decide di andare a trovare il lavoro dei suoi a Los Angeles-Hollywood, tramite suo zio Phil, un importante agente cinematografico – interpretato da uno straordinario Steve Carrel.
Quella che viene dipinta da Allen, ormai un veterano di quell’ambiente, è una Hollywood dissacrante, e non è un caso che la storia venga ambientata proprio agli albori dello star-system: giusto a sottolineare che nulla è cambiato e nulla cambierà in futuro. Un posto capace di costruire un personaggio, distruggerlo, per poi ricostruirne un altro, in un loop apparentemente infinito.
Nonostante la trama sia, a prima vista, banale, l’estro di Allen permette all’opera di conferirgli una carica simbolica davvero notevole. Gli attori vengono visti come personalità promettenti sì, ma anche come piccoli burattini guidati dagli agenti – i veri mattatori di questa industria.

Dolente ma anche speranzoso. Da sottolineare un’eccellente prova di Kristen Stewart.

‘Rifkin’s Festival’ (2020) Amazon Prime Video

Girato prima della pandemia, e poi rifiutato in America a causa delle vicende giudiziarie, Allen tenta di omaggiare il cinema classico che tanto lo ha forgiato da ragazzino. Dopo più di quaranta film sul groppone viene lecito pensare a una certa ridondanza sugli argomenti, ed è ciò che avviene qui. Ma non per questo un film deve essere sminuito: la ripetitività delle tematiche è determinata dall’autore, ma il regista è Woody Allen riuscirà sempre a saper mischiare il proprio mazzo con una certa maestria, creando dei risvolti di trama brillanti e mai banali.
Qui Allen torna nella sua amata Europa. Mort Rifkin (Wallace Shawn) accompagnerà sua moglie Sue (Gina Gershon), all’annuale festival cinematografico di San Sebastián: tra visioni oniriche da parte del protagonisti e deliri amorosi della coppia, si crea una situazione già vista, ma anche interessante e avvincente.

Le incursioni di Mort all’interno dei grandi classici della cinematografia fanno da motore trainante della vicenda: , Fino all’ultimo respiro, L’angelo sterminatore, Quarto potere, Il posto delle fragole Il settimo sigillo (con Cristoph Waltz nel ruolo della morte e qui con la battuta finale del film).

La Morte: Non ti preoccupare, un giorno tornerò e allora penserai che è troppo presto.
Mort: Come tornerai? Quando?
La Morte: Dipende. Tu fumi?
Mort: no.
La Morte: Mmh, il trucco è mangiare tanta frutta e verdura e fare a meno dei grassi saturi.”

Guidato dalle influenze che hanno fatto nascere il suo cinema, Allen gira quest’opera con sapienza, probabilmente una delle più intime tra i suoi ultimi lavori, e che nulla ha da invidiare ad altre commedie uscite nello stesso periodo.

 

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