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Transformers 3

“Per prima cosa, è giusto chiarire che questa pellicola andrebbe presa per quello che è: un prodotto per l’intrattenimento”.

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Optimus Prime e i suoi fedeli Autobot sono di nuovo in azione per combattere i pericolosi Decepticon, intenzionati a conquistare definitivamente la Terra.  Ancora una volta, toccherà a Sam Witwicky (Shia LaBeouf) andare in aiuto dei suoi amici robot. Insieme dovranno vedersela con un nuovo, temibile avversario.

Per prima cosa, è giusto chiarire che questa pellicola andrebbe presa per quello che è: un prodotto che rientra nel cosiddetto primal enjoyment, con quella sospensione dell’incredulità che certi film di serie B necessariamente richiedono; con la cruciale differenza che ormai la “B” sta solo a indicare i contenuti della storia e non certo i soldi del budget. Michael Bay firma anche questo terzo episodio della serie dedicata ai mitici giocattoli della Hasbro, il quale, pur evidenziando una certa stupidità di fondo, si rivela come il migliore della saga.

Dopo un incipt a dire il vero entusiasmante, dove scopriamo da cosa è realmente scaturita la corsa allo spazio degli anni ’60 intrapresa dall’Unione Sovietica e dagli Stati Uniti, torniamo al presente per ritrovare Sam alle prese con i suoi soliti problemi esistenziali. Costui, dopo la laurea, si appresta ad affrontare il mondo degli adulti e soprattutto quello del lavoro. Avrà pure «salvato il mondo due volte» – parole sue – ma sembra che nessuno voglia dargli uno straccio di impiego. Alla fine, soprattutto grazie alla sua nuova ragazza, ne trova uno in una grossa compagnia. A proposito della “bambola” di turno, persa la caldissima Megan Fox, Bay la rimpiazza ottimamente con l’inglesina posh Rosie Huntington-Whiteley, la cui utilità al fine della storia, come del resto accadeva per la stessa Fox, si evince dalla prima scena in cui compare, non lei, bensì il suo fondoschiena, pedinato per vari secondi da una ridicola carrellata. Tuttavia, come affermato sin dall’inizio, Transformers 3 va preso per quello che è: un prodotto di mero intrattenimento e di pregevole fattura, seppur di ben scarso senso.

Si mormora che Bay abbia intenzione di interrompere il suo lavoro col franchise della Hasbro. Questo spiegherebbe il motivo per cui questo suo ultimo film è decisamente ripetitivo, presentando tutto quello che avevamo già trovato nei due precedenti capitoli, solo meglio confezionato in un ottimo 3D e con degli effetti visivi sempre più affinati.

Ciononostante al regista californiano bisogna stavolta, qualunque possa essere l’apprezzamento personale nei confronti del suo cinema, rendere atto che ha fatto del suo meglio per portare a compimento il concetto tutto americano di larger than life. Difatti, questa sua saga robotica ha sempre cercato di seguire le orme di James Cameron, anche egli autore di film di grande effetto, ma sicuramente di ben altra qualità narrativa e non solo.

Sebbene molto ben congegnato in alcuni nodi di sceneggiatura che si collegano ad avvenimenti realmente accaduti, con una suggestiva lettura “alternativa” della nostra storia recente, questo titolo trasuda, come per i due film che lo hanno preceduto, di un irritante americanismo che strizza davvero troppo l’occhio all’utilizzo del deterrente bellico come unica soluzione a qualsiasi problema. Diciamo che, vista da noi europei, la pellicola di Bay fa ridere e diverte. Però, nella mente di molti americani essa potrebbe solleticare un certa idea a credersi sempre di più i padroni del mondo, e per chi non dovesse essere d’accordo con loro, beh, allora son guai!

Per concludere, sappiamo che viviamo in un’epoca assai buia e da sempre la fantascienza, sia scritta che su celluloide, ha sofferto delle inquietudini e distorsioni culturali presenti nella società nella quale nasceva. Dunque, pretendere da un film come Transformers 3 di tenere a mente o almeno avere una visione critica del panorama politico internazionale di oggi sarebbe alquanto ingenuo. Trattasi di un prodotto, nulla più. La storia, malgrado la lunghezza, non annoia quasi mai e, a onor del vero, va considerato che almeno questa volta si è tentato di lavorare un po’ sul soggetto, grazie all’idea di proporre una contro-lettura degli ultimi sessant’anni, tutta incentrata sul primo contatto tra l’essere umano e questi sofisticati robot senzienti, capaci persino di provare dei sentimenti, in barba ad Asimov e a tanti altri grandi maestri del genere.

Riccardo Rosati

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