Con la sua terza ed ultima stagione, siamo costretti a salutare per sempre Il metodo Kominsky, la serie Netflix, creata da Chuck Lorre, prodotta da Warner Bros Television, vincitrice del Golden Globe 2019, come migliore serie comica e in uscita il 28 Maggio sulla piattaforma.
Già sei anni fa, a proposito di Youth, il film di Paolo Sorrentino, abbiamo riflettuto su come e quando sia crollato il tabù della vecchiaia al cinema. E non tanto la paura del tempo che passa, ma proprio l’angoscia di un’anzianità oramai conclamata, nel corpo e nella mente che tradiscono: le rughe, l’artrosi, la paura della morte che si avvicina.
«Siamo passeggeri di una nave che affonda lentamente »
dice Sandy (Michael Douglas) ne Il metodo Kominsky, e noi diremmo neanche tanto lentamente.
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Film drammatici, come Amour, Nebraska, Remember, o commedie (Pranzo di ferragosto, Marigold Hotel, E se vivessimo tutti insieme) si sono inoltrati, col sorriso e con le lacrime, nel terreno scivolosissimo dell’ultima stagione della vita, coraggiosamente. Dopo l’ assenza spensierata dagli anni Cinquanta del Novecento fino al Duemila circa.
Il tema della vecchiaia nelle serie tv
Un tema così volutamente scongiurato, ed ora alla moda, sarebbe prima o poi approdato anche alle serie tv. Ci ha pensato Netflix con due lavori che un po’ si somigliano e un po’ no: Grace and Frankie e Il metodo Kominsky.
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Michael Douglas e Alan Arkin, NETFLIX © 2021
L’originalità di queste strane coppie (sono sempre strane le coppie che la letteratura e il cinema ci raccontano, costruite sulle affinità, ma soprattutto sulle differenze) è data da una comunicazione maschile e femminile che si avvale dello stereotipo, ma nello stesso tempo lo supera.
Frankie e Jane sono molto donne nella loro intimità: parlano di orgasmi (soprattutto Frankie, la più disinibita), inventano il vibratore per chi soffre di artrite, raggiungono una confidenza tutta femminile. Salvo poi irrigidirsi nella difesa dei loro spazi, e confessare l’importanza dell’una per l’altra solo se costrette, ricalcando modalità brusche, più maschili che femminili.
Sandy e Norman ne Il metodo Kominsky sanno dirsi quanto si vogliono bene, anche loro se obbligati, ma con parole che esprimono la dedizione reciproca, rare nel consueto rapporto tra uomini.
Consolando l’inconsolabile Norman, Sandy riesce a dire « Ti voglio bene» con naturalezza. Entrambi occupano lo spazio dell’amico oltre misura, nascondendosi dietro un cinismo virile che è solo di facciata.
Il loro distacco dalle emozioni è visibilmente ostentato, come quello di Norman davanti al cadavere di un amico, nel momento in cui afferma di essere sollevato perché non è toccato a lui. Sandy fa il finto scandalizzato, ma non può dargli torto, dal momento che nell’ultimo mese ha partecipato a quattro funerali, uniche ragioni mondane delle sue giornate.
Michael Douglas e Nancy Travis ne “Il metodo Kominsky”,
NETFLIX © 2021
Il metodo Kominsky trama della prima stagione
Sandy Kominsky (Michael Douglas) è un attore non più quotato, anzi per niente, ma che sa trovare le sue soddisfazioni nella scuola di recitazione gestita con la figlia Mindy. Con lei vive un rapporto a ruoli invertiti, nel senso che Mindy (Sarah Baker) si preoccupa della sua salute, del suo futuro sentimentale, e pure della scuola per tutti gli aspetti pratici.
Sandy si appoggia emotivamente all’amico Norman (Alan Arkin), il quale però fin dal primo episodio perde la moglie, Eileen (Susan Sullivan) e vive un lutto intollerabile. Aggravato dai comportamenti strambi della figlia, Phoebe (Lisa Edelstein) tossicodipendente, sempre sopra le righe. Compare fin da subito anche Lisa (Nancy Travis), la donna con la quale Sandy vuole costruire un rapporto più solido.
Il metodo Kominsky trama della seconda stagione
Sandy fa i conti con le scelte sentimentali della figlia: vuole andare a convivere con Martin (Paul Reiser) che ha il doppio dei suoi anni. Praticamente, coetaneo di Sandy, il quale, dopo aver avuto sempre relazioni con donne molto giovani, ora deve accettare a denti stretti una realtà che non gli piace. Norman tenta una storia con una sua vecchia fiamma, sgattaiolando dal fantasma della moglie con la quale ha parlato durante tutta la prima stagione.
Il metodo Kominsky trama della terza stagione
Possiamo dirlo perché lo si vede già nell’incipit di questa terza stagione: Sandy vivrà il tempo che gli rimane senza la presenza del suo amico Norman, che non c’è più fin da subito. A vivacizzare però nel bene e nel male le sue giornate, l’arrivo della sua ex moglie Roz (Kathleen Turner).
Cr. ERIK VOAKE/NETFLIX © 2021
Riflessioni sulla terza stagione
Eravamo abbastanza preoccupati per la terza stagione de Il metodo Kominsky perché ci era parso che già nella seconda ci si fosse immalinconiti. I problemi di salute e della scuola per Sandy cominciavano a pesare e se si rideva ancora lo si faceva in maniera un po’ più amara. L’assenza di Norman poi, anticipata da tutte le indiscrezioni, ha fatto temere ancora di più.
Il trailer però ci ha già in parte rassicurati. Pieno com’è di sorprese, nuovi problemi e soluzioni originali, con la promessa di un Sandy in piena forma e un ritmo ancora incalzante.
Il buon ritmo e qualità dei dialoghi di tutte e tre le stagioni
Come nelle stagioni precedenti, scrittura e montaggio sono costruiti in modo che la commozione ci colga all’improvviso, ma la cadenza degli eventi è tale da non farci sostare nell’emotività. Piuttosto, un andirivieni di situazioni disperanti che, per fortuna, continuano a farsi umoristiche.
Roz non potrebbe mai sostituire Norman, ma i dialoghi tra i due ricordano l’intimità del gioco con lui, quelle provocazioni possibili se si conosce l’altro meglio di se stessi. Solo Roz sa cogliere gli stati d’animo di Sandy e permettersi di dirgli che quando il tono gli sale di un’ottava si capisce che non è a suo agio, e poi: «Quando cominci col dire onestamente stai preparando una bugia».
Dialoghi sempre brillanti, intelligenti, carichi di umorismo e di affettività. Che non ci fanno mai dimenticare, comunque, quelli dell’amicizia con Norman, la consuetudine durata più di cinquant’anni e raccontata nelle due stagioni precedenti.
C’è una voluta, malcelata, tenerezza nelle relazioni di questa serie, anche quando si ricorre alle battute prosaiche. Norman ammonisce Sandy dicendogli che la volgarità è la scorciatoia delle menti pigre, ma spesso le funzioni corporali o gli amplessi sono riferiti con divertita grossolanità.
E c’è fin da subito la voglia di giocare con le contraddizioni dei personaggi, soprattutto quelli principali e soprattutto quello di Sandy Kominsky, che invita gli allievi a contattare le emozioni ed è il primo a fuggirne.
The Kominsky Method
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Le parole di Michale Douglas-Sandy Kominsky
Ma è un ottimo maestro, che durante le sue lezioni, parlando di prestazioni attoriali agli allievi, spiega indirettamente anche il successo di questa serie
“Cosa distingue la comicità dal dramma? Qual è la distanza tra i due generi? Gli esseri umani parlano, piangono, hanno paura, ridono, s’infuriano. Quali di queste cose è più importante e degna della nostra attenzione? Nessuna. Sono uguali. Non interpretiamo la comicità. Non interpretiamo il dramma. Interpretiamo la verità. Interpretate la realtà del momento. Se devi stimolare una risata, succederà. Non dovete forzarla, anzi forzarla è la cosa peggiore che si possa fare”.
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