Scritta e creata da Ori Elon e Yehonatan Indursky e prodotta da Dikla Barkai, la terza stagione di Shtisel è uscita il 25 marzo su Netflix.
Noi di Taxidrivers ci siamo già occupati di Shtisel. A chi non la conosce, consigliamo la lettura che segue, sulla prima e la seconda stagione.
Shtisel: una serie Netflix poco conosciuta rispetto ai suoi tanti meriti – Taxidrivers.it
Shtisel 3 su Netflix: la trama della serie tv
Anche in questa nuova stagione, la serie continuerà ad esplorare le dinamiche della famiglia Shtisel, a cui fa capo il patriarca Shulem, rabbino e cheder locale. La storia è ambientata a Geula, quartiere popolato dagli ebrei charedì. La comunità che vi vive segue rigide usanze e la violazione delle norme spesso causa il caos all’interno della famiglia. Gli altri membri degli Shtisel, però, si mostrano più aperti a uno stile vita moderno e si trovano a volte in contrapposizione ai loro vicini di Mea She’arim, la comunità adiacente Geula, nota invece per il suo estremismo religioso.
Eravamo un po’ rammaricati, l’anno scorso, per la poca risonanza che la serie israeliana aveva avuto in Italia. Poi, sarà stato il successo di Unorthodox, con cui condivide molto, o il fatto che il passaparola ha ben funzionato, beh, ad attendere la terza stagione con ansia ora eravamo davvero in tanti.
Con Unorthodox, Shtisel ha in comune il tema dell’appartenenza, se pure le soluzioni siano del tutto opposte. Nella prima serie, la protagonista, Ester (Shira Haas), sceglie la via dell’allontanamento dai dettami familiari e sociali; in Shtisel, Ruchami (Shira Haas, bravissima nei due ruoli) sposa la mentalità ultra-ortodossa fino in fondo; salvo, ora, nella terza stagione, cercare strade nuove per soddisfare i suoi bisogni più intimi.
Unorthodox official Trailer Netflix 2020 – YouTube
Shtisel, la terza stagione: ancora tra tradizione e modernità
In generale, tutti i personaggi di Shtisel vivono al confine tra tradizione e modernità che, loro malgrado, si affaccia nella vita di ciascuno. O meglio, in una scomoda linea di confine, che col tempo si sta facendo sempre più sottile.
Se ci siamo divertiti quando la nonna Shtisel scopriva Beatiful in televisione nella casa di riposo, ora gli elementi di contaminazione con l’esterno della comunità Haredì si moltiplicano: dalle donne che prendono la patente, all’ipotesi, addirittura, di una maternità surrogata. Hanno tutti il cellulare, oramai, se pure di modelli sorpassati e senza internet. Bevono parecchio, per di più. Akira, detto Kive (Michael Aloni) e gli amici annegano i loro fallimenti niente di meno che nello Stock 84!
Shtisel la terza stagione. Si scioglierà il conflitto tra padre e figlio?
Il nostro amato Kive! Anche lui, la figura che più emerge in questo racconto corale, deve fare i conti coi cambiamenti. Quelli interiori sempre più complessi, ostacolati dalla figura tragicomica del padre Shulem (Doval’e Glickman), e gli accadimenti della vita che vorrebbero lasciarlo solo.
Lo ritroviamo ancora in lotta con il conservatorismo paterno.

Dov Glickman “Shulem” e Michael Aloni “Akiva” nella terza stagione di Shtisel – Ohad Romano – Courtesy of Yes Studios
E, anche se Shulem sembra aver accettato le scelte artistiche del figlio, ed essere più rassegnato alla sua svagatezza, Akiva, nonostante sia diventato padre, fatica a spezzare fino in fondo quel legame: uno degli aspetti più intriganti della serie. Perché il normale conflitto padre-figlio è amplificato dall’ebraismo vissuto in maniere diverse: il padre guarda al passato per rassicurarsi, il figlio, se pure con timore, è spinto verso il futuro.
Kive però è sulla via dell’emancipazione. Non siede più a fumare sullo stesso balcone delle due stagioni precedenti: da solo o con il padre, nella luce notturna dell’angusta stradina, nel quartiere di Geula, a Gerusalemme. Anzi, ci sembra proprio che nella terza stagione non fumi più. Nel finale, bellissimo, della seconda, sorrideva, con la milionesima sigaretta in una mano, la tavolozza nell’altra. Ora, il suo cuore e la sua mente sono davvero altrove, gli mancano solo gli ultimi passi per andare, quelli che tengono desta tutta la nostra attenzione.
Gli altri personaggi: uguali, ma più maturi
Gli altri personaggi li ritroviamo là dove li avevamo lasciati allora (quattro anni fa):
La sorella di Kive, Giti (Neta Riskin), ancora più ostinata, nel voler mantenere la famiglia fedele alle leggi dell’ortodossia, con qualche attimo di cedimento, finalmente
Suo marito Lippe (Zohar Strauss), che dopo aver ampiamente disubbidito, ha messo la testa a posto, ma rimane debitore della moglie, eternamente. Anche lui, con qualche momento di riscatto
I figli, Ruchami (Shira Haas), nella sua stravaganza, e il maschio, ora innamorato, cresciuto nello studio della Torah. Rappresentano la nuova generazione che cerca di individuarsi, ognuno a modo proprio
Il fratello di Akiva, Zvi Arye (Sarel Piterman), il personaggio più statico, anche lui dedito allo studio, anche lui succube della moglie oltre modo intraprendente.
Perché le donne, come avevamo già affermato, reagiscono alla sudditanza continuando a esercitare tutta la loro forza di volontà. Con l’inganno, la seduzione, la determinazione.

“Akiva” Michael Aloni nella terza stagione di Shtisel – Courtesy of Yes Studios
Gli interpreti di Shtisel e i riconoscimenti internazionali
Gli attori che si fanno carico di personaggi così complessi, credibili grazie a loro e all’ottima scrittura, sono il meglio che Israele possa offrire. Per questo la realizzazione di una quarta stagione non è assicurata, per la difficoltà di averli disponibili tutti insieme, ora che, come meritano, sono conosciuti oltre i confini di Israele.
Shira Haas è stata nominata agli Emmy e ai Golden Globe per Unorthodox; e Shtisel ha avuto ben sedici nomination per gli Israeli Tv Academy Awards (categorie Miglior serie drammatica, Miglior regista, Miglior sceneggiatura, Miglior attore protagonista per Dov Glickman e Miglior attrice protagonista sia per Shira Haas che per Netta Riskin). Ma, soprattutto, hanno avuto riconoscimenti internazionali, e nuove, interessanti, proposte di lavoro.
Una quarta stagione?
Forse però converrebbe lasciare Kive, Shulem e gli altri con l’epilogo di questa terza stagione che è stata, bella, sì, quanto le precedenti, ma ammantata da una malinconia che non se ne vuole andare. Fin dal primo episodio, ci si è dovuti confrontare con i lutti, anche se alla fine Shulem, in un momento di saggezza, si riconcilia con i cari estinti, invitando i familiari a non tenerli prigionieri dei loro ricordi.
Si è scavato di più nella profondità dei personaggi, con la consueta sobrietà, mai una sbavatura, una scena di troppo, in un equilibrio ammirevole, formale e narrativo.
“Straordinaria sceneggiatura,
meravigliosa recitazione,
personaggi che saltano vivi e umani fuori dallo schermo”
Io Donna
Noi, ovviamente, una quarta stagione la vorremmo. Ma non ci piacerebbe se il dramma dovesse prevalere sull’umorismo, sull’ironia tipicamente yiddish, di cui è intriso ogni frammento di Shtisel.
Per ora, si sta parlando dell’ipotesi di un remake americano con la regia di Kenneth Lonergan, premio Oscar per Manchester by the sea. Se si realizzerà, saremo i primi a vederlo. Lasciando da parte i confronti con l’originale, che rimane un piccolo capolavoro.
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