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AHS Double feature: il trailer e la recensione di tutte le stagioni

La serie antologica creata da Ryan Murphy si appresta a rilasciare la decima, misteriosa stagione: vediamo cosa è successo finora...

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American horror story  è una serie horror antologica creata dal Re Mida Ryan Murphy, prodotta da FX e disponibile in Italia su Amazon Prime Video.

Le stagioni prodotte finora sono 10,e hanno vinto in totale ben sedici Grammy Awards e due Golden Globes, lanciando talenti (come Evan Peters, Sarah Paulson) o rispolverando interpreti straordinari (Jessica Lange, Francis Conroy).

La decima stagione ha come titolo ufficiale Double Feature, così descritta nella featurette ufficiale: due storie di terrore in una sola stagione. Una vicino mare, una vicino alla spiaggia.

Ecco il nuovissimo trailer:

Tema principale dunque il mare, e due storie per la costruzione che vede unirsi vampiri e alieni (che in un frame si baciano…!).

E’ stata rilasciata a fine marzo 2021 la prima foto ufficiale dal set con protagonista Macaulay Culkin, che potete vedere più sotto.

Ma American horror story porta addosso i segni profondi del suo autore.

American Horror Story è un grandioso show della paura: dentro convivono l’America di oggi, raccontata in maniera intelligente e spaventosa, e le sue tensioni razziali e politiche, tra rimosso e rimorso.

1, Murder House: Ryan e il sodale Brad Falchuck scelgono una casa infestata per dare il via alla loro giostra degli orrori, dichiarando amabilmente cosa sarà la loro creatura, ovvero metafore urlate e citazionismo sfacciato, pescando sempre con competenza da uno sterminato immaginario horror.

Spazio circoscritto dentro cui affastellare ogni tipo di archetipo, ma anche sinonimo di famiglia.

Per passare alla  storia, sarebbe bastato l’esordio di Evan Peters (vedi WandaVision), ma c’è di più. Dentro e fuori la murder house transitano continui brandelli d’imaginario a stelle e strisce macchiate di sangue, portando alla luce il rimosso che è anche rimorso di un Paese fatto a brandelli, dalla strage di Columbine alla Dalia Nera, dai matrimoni traditi alla genitorialità malata vissuti nell’apparente sicurezza delle mura casalinghe. Solo per perpetuare l’orrore.

2, Asylum: la serie conferma di stabilirsi sempre tra genio e cattivo gusto. Asylum arriva tra grandiose aspettative viste il trionfo della stagione precedente, e paga lo scotto dell’illustre predecessore.

La seconda stagione spinge l’acceleratore e mostra che sono tutti colpevoli e nessuno è innocente, l’oscurità è ovunque. Murphy si conferma come prestigiatore di classe, ammaliando per tutta la durata della stagione non sempre riuscita, che si spinge ben oltre un’invasiva politcally correctness mettendo in scena una realtà cruda e alienante.

Continuando a girovagare tra gli orrori della storia americana: questa volta tocca ai manicomi. Interpretazioni straordinarie.

3, Coven: con la sua terza stagione, la creatura di Murphy rinuncia all’identificazione con un luogo dell’horror spostandosi a New Orleans e incontrando una categoria: le streghe.

Questa volta la paura latita, ma il fascino rimane e si alza: Jessica Lange è voluttuosa e incredibile, lo show conserva un fascino inimitabile specialmente in rapporto alla lente deformante della bellezza decadente della Louisiana.

Al di là dell’annacquata metafora femminile, Coven parla di oppressione, razziale e di classe: in una girandola narrativa che non rinuncia mai allo stile.

4, Freak Show: se la serie antologica è un circo degli orrori, la quarta stagione, Freak Show, abbraccia la sua essenza a livello letterale.

Ci spostiamo in un circo dove sono esibiti i reietti della società: ma più che di discriminazione, Freak Show parla sulla natura intrinsecamente mostruosa dello show-biz. Il gioco di Murphy è scoperto ma non logoro: il gusto dell’accumulo diventa stile, e l’atmosfera creata è impareggiabile.

5, Hotel: è qui che la trama smette di essere una preoccupazione per la serie, tornando contemporaneamente al gore più spinto. Talmente fuori misura, con Lady Gaga in orge vampiriche, che siamo vicini al sublime.

Ma l’albergo covo di vampiri che si cibano con gli inquilini è la storia meno interessante.

6, Roanoke: dopo una stagione sfiatata, la migliore (insieme a Cult e Murder House).

Roanoke esplicita l’ovvio ma lo fa con una forza che non può lasciare indifferenti: siamo dalle parti del metacinema, si ritorna alla casa come luogo di accumulo (di) orrore ma insieme si dà risalto al senso della serie che contempla e descrive la degenerazione del non-luogo per eccellenza, ovvero il mezzo di comunicazione: la tv.

Il reality show come luogo di orrore sociale, Kathy Bates smagliante e una carica perturbante di segni e segnali rendono Roanoke un gioiello.

7, Cult: l’orrore in piena era Trump.

Non c’è bisogno di svelarlo, è davanti ai nostri occhi. Cult ribalta il punto di vista e il Male smette di essere sovrannaturale, è vicino a noi, anzi siamo noi.

E lo scenario politico è solo un pretesto per addentrarsi nelle profondità oscure dell’animo, con un finale di stagione che resta in sospeso come chiosa perfetta.

8, Apocalypse: con l’ottava stagione si torna a visitare gli archetipi, e qual è l’angoscia più radicata di tutte se non l’Apocalisse?

In questo modo, AHS gioca con la materia orrorifica tipica della serie, spostando l’attenzione poi su due concetti da far tremare le vene e i polsi, ovvero il caos e il peccato.

La cosa forse però più curiosa è che Apocalypse vuole collegare con un filo rosso pressoché invisibile tutte le stagioni dell’antologica di Murphy: personaggi che tornano e personaggi che cambiano nome, tutto nell’universo di AHS è saldato a fuoco in una catena visiva e narrativa che non lascia nulla in sospeso, scendendo nel profondo di cosa può significare, oggi, la parola intrattenimento seriale.

Aulica e scanzonata, biblica ma pop, tra erotismo e terrore, stra salti temporali e incroci di stagioni, AHS: Apocalypse è una scommessa azzardata ma vincente.

9, 1984: dopo otto stagione così dense, era forse venuto il momento di rilassarsi e non prendersi troppo sul serio.

Potrebbe essere questa la chiave di lettura di 1984, che mette in panchina politica e horror sovrannaturale per mettere insieme i più famosi slasher della storia, da Halloween a Venerdì 13 fino a Scream, senza dimenticare neanche Piccoli Brividi.

Il risultato è un divertissement troppo leggero con il fiato corto e che viene a noia a metà stagione.

Il successo incredibile della serie è stato baciato anche da un’accoglienza particolarmente calorosa dal punto di vista critico: per elencarne tutti i premi e le candidature, è stata creata un’apposita pagina Wikipedia, che testimonia tra gli altri la vittoria nel 2012 e nel 2016 rispettivamente di Jessica Lange e di LAdy Gaga.

Inoltre, AHS ha generato due spinoff: American Crime Story viene presentata come una cugina di AHS, da cui ricalca il titolo e la formula variando però il genere. Dal fantastico/horror si passa a raccontare celebri casi di cronaca, di enorme impatto mediatico negli States (e non solo): la prima stagione è sul caso O.J.Simpson, mentre la seconda -basata sul delitto Versace- riprende la vita di Andrew Cunanan e gli eventi che li hanno portato ad uccidere lo stilista. American Crime Story condivide molti attori con AHS: dalla Paulson a Connie Britton, fino a Darren Criss e Max Greenfield.

Nel maggio del 2020 è lo stesso Murphy poi dal suo profilo Instagram ad annunciare la sua volontà di girare un secondo spinoff, intitolato American Horror Stories, con episodi autoconclusivi di un’ora ciascuno. Il 26 dello stesso mese, la rete FX ordina ufficialmente la prima stagione della serie    che sarà distribuita su Hulu. Nel novembre dello stesso anno, sempre Murphy dichiara che la prima serie sarà composta da 16 episodi e scaverà nei miti e nel folklore horror.

Intanto, aspettiamo con ansia la decima stagione di AHS intitolata Double Feature, che vede tra i protagonisti Macaulay Culkin.

 

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American Horror Story

  • Anno: 2011
  • Durata: 9 stagioni, 103 episodi
  • Distribuzione: Amazon Prime Video, FX, Fox
  • Genere: horror
  • Nazionalita: Stati Uniti
  • Regia: Ryan Murphy, aavv