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Non uccidere: al Noir in Festival, il thriller psichedelico di David Victori

In concorso alla trentesima edizione del Noir in Festival, il secondo lungometraggio del regista spagnolo è un incredibile, frenetico e violento thriller che scava nell'animo umano.

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Alla trentesima edizione del Noir in Festival è stato presentato in concorso, in anteprima italiana, il film spagnolo Non uccidereNo mataràs è il titolo originale, Cross the line quello internazionale – di David Victori, che è alla sua seconda regia dopo l’horror The Pact.

L’opera di Victori è un unicum, un incredibile e allucinogeno thriller, una sorta di Fuori orario scorsesiano in acido, dove però scompare ogni forma di umorismo nero: al suo posto c’è una storia nerissima e ansiogena di violenza, follia e perdizione che scava nel cuore di tenebra dell’essere umano e pone inquietanti interrogativi sulla colpa e sul confine fin dove può spingersi un uomo.

La trama Non uccidere (2020)

Scritto dallo stesso regista insieme a Jordi Vallejo e Clara Viola, è ambientato a Barcellona e ha come protagonista Dani (Mario Casas): un ragazzo mite che ha accudito il padre ammalato fino alla morte, e che ora si trova da solo con la sorella Laura (Elisabeth Larena). Una sera Dani conosce casualmente una ragazza, Mila (Milena Smit), che lo travolge in un vortice di follia destinato a cambiare per sempre la sua vita. Prima lo porta a farsi un tatuaggio nel negozio dove lavora, poi lo fa salire in casa sua, ma mentre i due stanno per avere un rapporto sessuale, irrompe nell’appartamento il violento fidanzato della ragazza: dopo un crudele scontro, Dani uccide l’uomo per legittima difesa, mentre Mila, disperata, si getta dalla finestra. In preda al panico più totale, il protagonista fugge e cerca di eliminare ogni indizio che lo possa ricondurre al misfatto: in questa drammatica notte, chiederà aiuto anche alla sorella avvocatessa.

Non uccidere film

Un Fuori orario in stile Refn

Se da una parte il regista aveva forse in mente il sopra citato film di Martin Scorsese – ma noi amanti del fumetto ci vedremmo bene anche il Dylan Dog di Dopo mezzanotte – dall’altra lo stile frenetico e psichedelico sembra ispirarsi a quel genio di Nicolas Winding Refn: sia quello degli esordi, con l’uso esclusivo della macchina a mano che ricorda la trilogia di Pusher, sia quello della maturità, con le luci al neon che dominano le scene come in Drive, Solo Dio perdona e The Neon Demon. Può sembrare un paradosso, ma Non uccidere si pone un po’ alla confluenza fra uno stile immediato e realista, e un altro allucinato e iperrealista, alternandoli e mescolandoli. David Victori realizza un autentico bombardamento sensoriale, un’esperienza audiovisiva che non può lasciare indifferenti, una sinestesia di immagini e suoni non fine a se stessa ma funzionale a creare un mondo ansiogeno e vertiginoso: la macchina da presa compie ogni sorta di movimento possibile e immaginabile – viene in mente anche il Gaspar Noè di Climax, che a sua volta ha ispirato film visionari come Bliss di Joe Begos – mentre le sonorità ossessive e dissonanti ci accompagnano insieme al protagonista in questo viaggio infernale.

Non uccidere: un thriller allucinogeno 

Fin dall’inizio il regista dà prova del suo virtuosismo con la macchina a mano – del resto, è una tecnica utilizzata da cineasti illustri, una su tutti Kathryn Bigelow – attraverso un lungo piano-sequenza che, seguendo Mario Casas in un’inquadratura oggettiva, ci porta dalla stanza col padre malato fin giù per le scale, in strada e di nuovo in casa, dove il ragazzo scopre che il genitore è morto. Ma questo è solo un assaggio di ciò che David Victori sa fare con la cinepresa, perché il trip allucinogeno verrà dopo. Così come il regista dà prova di creatività artistica alternando piani-sequenza con stacchi bruschi di montaggio, che sarà una costante di tutto il film. La prima parte è dedicata alla presentazione del personaggio, un ragazzo mite impiegato presso un’agenzia viaggi, a cui dà volto l’ottimo Mario Casas: un attore che in Spagna è parecchio conosciuto per varie serie-tv ma anche per due film di Alex de la Iglesia, Le streghe son tornate e El Bar. Il contrappunto di Daniel è Mila, interpretato da Milena Smit, al suo esordio in un lungometraggio ma altrettanto efficace nel ruolo di questo essere notturno (anche nell’estetica, pallida e dai capelli neri, ricorda un vampiro).

 

Camera a mano e caleidoscopi di luci

L’incontro con la ragazza dà il via a quello che è il focus del film, concentrato nell’unità di tempo di una notte. Sempre con la camera a mano, viviamo in modo crudo e senza filtri il progressivo sprofondare in una realtà perversa e inquietante: perché Mila, lo capiamo presto, è una ragazza mentalmente instabile, e quella che sembrava la piacevole avventura di una notte si trasforma in un incubo. Il che è tradotto anche graficamente nell’utilizzo sempre più insistente di luci al neon rosse, blu e fuxia – per le quali il paragone con Refn e Noè non è affatto azzardato. Prima nel negozio di tatuaggi, poi in casa, dove lo sventurato Dani si trova a vivere tutti assieme gli eccessi che non aveva mai provato in vita sua. Quando l’atto sessuale sta per essere consumato in tutta la sua carnalità – c’è una bella inquadratura della Smit a seno nudo – entra però in scena la tragedia, col brutale fidanzato Ray (Fernando Valdivielso). Dunque, in un caleidoscopio di neon colorati e inquadrature vorticose, ha luogo il violento e sanguinario scontro corpo a corpo, con l’aggressore pugnalato a morte al collo e la ragazza che si lancia dalla finestra. Le inquadrature frenetiche si susseguono senza sosta, fino a un lungo e incredibile piano-sequenza da capogiri (nel vero senso della parola) che accompagna Dani su e giù per le scale e poi in strada. Dopo di che, ha inizio una nuova serie di peripezie disperate in una Barcellona notturna, spettrale e impersonale, che potrebbe essere qualsiasi altra città. Le luci al neon si alternano a quelle più neutre della strada, le sonorità martellanti continuano, i rapidi stacchi di montaggio si susseguono ai piani-sequenza, mentre la camera a mano non molla per un istante i personaggi, trasportandoci con forte pathos nell’incubo ad occhi aperti del protagonista.

Cane di paglia

Citare tutto vorrebbe dire fare uno spoiler eccessivo – c’è un incontro con la polizia, il ritorno nel negozio di tatuaggi, l’aiuto della sorella – ma è fondamentale menzionare l’involuzione del personaggio da ragazzo mite a belva feroce: prima contro Ray, poi in un sottopassaggio contro alcuni ragazzi che lo hanno aggredito, e coi quali dà vita a un’altra violenta lotta. Il tutto è propedeutico a un climax di tensione pazzesca nel finale, costruito in modo volutamente anomalo: il film si chiude infatti sul volto insanguinato e belluino di Mario Casas e strozza l’attesa sulla sua prossima mossa, ma proprio per questo ha un valore aggiunto. Dani si macchierà di un nuovo omicidio? Non lo sappiamo. Quello che è certo è che il ragazzo, per sopravvivere, ha subito una trasformazione radicale e definitiva, come il Cane di paglia di Sam Peckinpah.

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Non uccidere

  • Anno: 2020
  • Durata: 96 minuti
  • Genere: Thriller
  • Nazionalita: Spagna
  • Regia: David Victori