Asia di Ruthy Pribar ovvero I mille volti dell’amore madre-figlia raccontati in un dramma al femminile che commuove e sorprende.
Il cinema israeliano, nonostante le numerose conferme relative alla varietà ed originalità della sua produzione passata e presente – nota in Italia anche per i tanti Festival e rassegne dedicate – continua a stupire e a stupirci. Come in ‘Asia’, esordio al lungometraggio della regista israeliana Ruthy Pribar (classe 1982), ed opera oggi reperibile in esclusiva su MioCinema, la piattaforma che, a nove mesi dal suo debutto, persegue nell’intento di affiancare e rafforzare la proposta cinematografica in sala, rinnovando la sua veste grafica, migliorando la fruibilità e proponendo novità editoriali come l’idea degli “Original”, titoli in esclusiva (fra i quali appunto ‘Asia’).
Madre e figlia un rapporto difficile
Il film racconta la storia di un rapporto difficile tra una madre troppo giovane e una figlia ormai adolescente le cui strade, solo a causa di una malattia degenerativa della ragazza, si ritrovano e si avvicinano come mai prima. Protagoniste sono le due ottime attrici Alena Yiv e Shira Haas, rivelazione della serie televisiva “Unorthodox” e giovane talento del cinema israeliano.
Il successo al Tribeca Film Festival
Presentato al Tribeca Film Festival 2020, dove ha vinto premi per la migliore attrice (Shira Haas), la migliore fotografia (Daniella Nowitz) e il premio Nora Ephron, per la regista Ruthy Pribar, il film ha vinto otto premi al 30° Israeli Academy Awards (Ophir Awards), tra cui quelli per la migliore attrice protagonista, migliore attrice non protagonista e miglior film: tale ultimo riconoscimento gli è valso la candidatura, come proposta israeliana, agli Oscar 2021.
La trama di Asia di Ruthy Pribar
La trama e l’ atmosfera del film non concedono nulla al sentimentalismo, soprattutto nella prima parte, in cui Asia, trentacinquenne immigrata russa a Gerusalemme e madre single, vive l’affanno quotidiano tra il lavoro da infermiera, la storia clandestina con un medico sposato e gli sporadici incontri con la figlia Vika, che vive nel suo mondo di adolescente lontanissimo dalla madre. Per Asia la maternità è sempre stata una lotta più che un istinto naturale e la sua giovane età la spinge ad avere una vita privata movimentata e fuori dai canoni tradizionali. Vika, riservata e spigolosa, è nel fiore dell’adolescenza, passa le sue giornate aggirandosi nello skatepark con i suoi amici ed è alle prese con i primi amori e con la scoperta della sessualità.
Le due donne, in sostanza, pur vivendo sotto lo stesso tetto, con esistenze che si incrociano quotidianamente, interagiscono a malapena, concentrate ciascuna sulla propria vita e sentono quasi con fastidio il semplice doversi relazionare, vissuto quasi come una reciproca ingerenza. Ma la routine e il difficile rapporto madre-figlia verranno messi alla prova da un evento inatteso che cambierà per sempre i loro destini: la malattia degenerativa di Vika, sopita da tempo, riaffiora e si aggrava improvvisamente, obbligando entrambe a posizionarsi su nuove strade.
Asia interviene a sostegno costante della figlia, diventando finalmente la madre di cui Vika ha davvero bisogno e la malattia diventa l’opportunità per rivelare e far vivere a pieno la forza dell’amore che, nascosto e non detto, pure esiste tra loro. L’esito, si lascia intendere da una grave crisi respiratoria poi rientrata, sarà comunque drammatico ma quel che importa è ritrovarsi unite nell’ora più buia.
Chi é Ruthy Pribar
Laureata alla Sam Spiegel Film School, la regista Ruthy Pribar, prima di giungere al lungometraggio, ha realizzato alcuni cortometraggi, in particolare “Last calls” e “The Caregiver” (premiati e selezionati in molti Festival) incentrati sul tema del prendersi cura degli altri e della solidarietà fra persone, nel caso di “Asia” l’indagine è all’interno di relazioni familiari che, dapprima ostiche e distanti – specchio di individui alla ricerca di sé e della propria indipendenza – si rinsaldano in un legame indissolubile nel momento della più imponderabile emozione umana, quella sospesa tra la vita e la morte.