Time: la recensione del documentario di Garrett Bradley
Time, di Garrett Bradley, è un documentario presentato con successo al Sundance a inizio anno. Al valore civile e politico unisce anche una straordinaria intimità ottenuta tramite l'utilizzo di filmati di famiglia girati dalla protagonista nel corso di 20 anni. Disponibile su Amazon Prime Video
Time è un documentario diretto da Garrett Bradley, distribuito su Amazon Prime Video, dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma. Prodotto in collaborazione con il The New York Times, fu presentato a gennaio al Sundance Film Festival, dove è stato premiato per la regia. Dietro alla storia civile e politica che racconta, mostra una straordinaria intimità, dando una natura narrativa al documentario e alle immagini di archivio e raggiungendo una grande forza lirica ed emotiva.
Trama di Time
Racconta la storia di Sibil Fox Richardson, una madre di sei figli che attende da circa 20 anni che il marito Robert venga scarcerato dal penitenziario della Louisiana. La coppia nel 1997 rapinò una banca: Sibil ha scontato tre anni e mezzo di prigione, mentre il marito fu condannato a 60 anni senza condizionale. Adesso passa le giornate attendendo per telefono che il giudice si pronunci sul caso, sperando di poter presto riunire la famiglia.
Recensione
Nel 2002 Alina Marazzi, con Un’ora sola ti vorrei, esplorava ed esaltava il concetto di film-diario, ripreso da Caro Diario di Nanni Moretti ed ampliato. Fu uno dei primi film in Italia ad utilizzare materiale misto, come filmini di famiglia, diari, lettere. Garrett Bradley con Time realizza un’opera, per certi versi, simile, che come il film-documentario della Marazzi lavora sul tempo e sulla memoria. Entrambi al loro interno contengono la necessità di colmare un vuoto legato all’assenza di una persona, la madre di Alina Marazzi e il marito di Sibil, con l’ausilio-guida della voce fuori campo della protagonista. Il film di Bradley però non è in forma autobiografica e non lavora sul proprio passato e sulla propria vita, bensì su quella di Sibil Fox Richardson.
Sibil e il marito Robert, nel 1997, rapinarono una banca, spinti dalla povertà in cui vivevano e dalla disperazione provocata. Una rapina a mano armata che costò a lei, incinta di pochi mesi, una detenzione di tre anni e mezzo, mentre al marito andò decisamente peggio. Sessant’anni senza condizionale, da scontare nel penitenziario della Louisiana. Una pena immensa, sproporzionata, che ha diviso la famiglia e ha portato due dei figli a nascere e crescere senza una figura paterna vicina. Sibil ha lottato a lungo per la sua famiglia e per dare voce alle persone nella sua condizione, tenendo conferenze e organizzando incontri. Bradley, già regista di alcuni cortometraggi, si interessò alla sua figura, decidendo di realizzare un corto documentario su di lei.
Il valore civile e la grande intimità
Una volta iniziato il progetto, Sibil mise a disposizione della regista decine e decine di ore di filmati di famiglia realizzati da lei nel corso degli ultimi 20 anni. Immagini girate come immenso diario da mostrare in futuro al marito, in cui si vedono lei e i figli, impegnati nelle più pure azioni quotidiane. A quel punto Time si prospettò come lungometraggio, alternando quei filmati ad immagini girate nel presente, che ci rendono partecipi della spasmodica attesa per un possibile rilascio di Robert. Ne emerge un documentario dal chiaro valore civile e politico. Un’accusa verso il sistema giudiziario statunitense e la reiterata disparità di trattamento a discapito della comunità di afroamericani; problema sempre più pressante nella società americana. Ma anche una riflessione più ampia sul senso e sul peso della giustizia, che spesso sembra presentarsi come unicamente punitiva.
La storia mostrata e il suo valore civile rappresentano l’involucro di Time, che al proprio interno si mostra come un film straordinariamente intimo. Un cinema che scava in profondità nella persona e nella famiglia con estrema sincerità. Bradley attinge al materiale d’archivio unendo filmati di famiglia ad immagini girate professionalmente. Partendo dalla base documentaristica, tramite il montaggio e un lirismo che avvolge il film, si giunge a sfumature narrative che lo rendono quasi conforme al cinema di finzione. Con un realismo e una spontaneità che, però, sono spesso preclusi ai prodotti di quel tipo.
Varietà di forma e di formato
Le immagini del passato e quelle del presente contrastano totalmente nella forma. I filmati di famiglia realizzati da Sibil sono grezzi, mossi, di qualità non eccellente. Ma proprio per questo contengono una bellezza colma di genuinità che non può che emozionare. Con il passaggio alle immagini del presente cambia il formato visivo e soprattutto l’estetica, con una bellissima fotografia, di una limpidità eterea. Un contrasto estetico molto forte che genera, però, un’armonia poetica. Bradley lavora soprattutto sulla scala dei piani, lasciando spesso comunicare i volti e gli sguardi, oltre all’inserimento di inserti che sembrano quasi un commento dell’enunciatore. Una carrellata nel bosco, inquadrature delle nuvole che in un caso portano ad una visione del penitenziario dall’alto, come se fosse un controcampo di una soggettiva. Sono immagini che sottolineano la libertà data dall’amore e dal legame familiare a contrasto dell’immobilismo quasi claustrofobico della loro situazione.
Oltre alla tematica sociale, Time è il racconto di una madre che lotta per riunire la propria famiglia. Che passa le giornate nell’infinita attesa che il giudice riesamini il caso e dia una risposta. Mantenendo grande calma di fronte ai continui e beffardi “non sappiamo ancora niente”. Una donna la cui forza d’animo erompe non solo nei discorsi che tiene in pubblico ma anche in ogni momento quotidiano, in ogni sguardo, in ogni risposta pacata e in ogni commento fuori campo ai filmati del passato. E questo temperamento le consente di crescere da sola sei figli senza mai perdere la speranza di ritrovare il marito.
Speranza e attesa che plasmano e governano lo scorrimento del tempo. Come da titolo, Timesi pone anche come riflessione sul tempo della vita. Un tempo scandito, in quanto i 20 anni dall’inizio di tutto sono costantemente ricordati e sono sempre presenti anche fisicamente, nella persona dei due gemelli che nacquero proprio quando Sibil era in prigione e che sono cresciuti senza un padre. Ma contestualmente è un tempo sospeso, teso quasi all’astrazione ed equidistante dal passato e dal futuro, dal ricordo e dalla speranza. Un flusso multidirezionale che nel finale viene riavvolto, rimarcando un percorso indelebile.
Trailer di Time
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