fbpx
Connect with us

Film da Vedere

Novecento – Atto I di Bernardo Bertolucci

Bernardo Bertolucci: “Per me Novecento è un microcosmo, come già lo era un po’ Strategia del ragno. Un granello di terra fa sognare e il microcosmo di Novecento dovrebbe essere davvero così: una minuscola regione d’Italia molto ingrandita e dunque per certi versi diventata – parola orribile – universale“.

Pubblicato

il

Novecento – Atto I è la prima parte del film diretto da Bernardo Bertolucci nel 1976. Dramma storico ambientato in Emilia, regione natale del regista, assembla un cast internazionale, raccontando le vite e l’amicizia di due uomini, il possidente terriero Alfredo Berlinghieri (De Niro) e il contadino Olmo Dalcò (Depardieu), all’interno dei conflitti sociali e politici tra fascismo e comunismo che ebbero luogo in Italia nella prima metà del XX secolo. Presentato fuori concorso al 29º Festival di Cannes, il film è stato poi selezionato tra i 100 film italiani da salvare. Il dipinto che fa da fondo ai titoli di testa del film è Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Il film fu sequestrato per oscenità e blasfemia dal Pretore di Salerno nel settembre del 1976. Il giudizio era dovuto in parte alla scena di pedofilia perpetrata da Attila ai danni di un ragazzino e per la bestemmia in dialetto esclamata dal contadino ritardato Demesio. Successivamente venne giudicato non osceno da un tribunale e rimesso in circolazione.

Nei cinema italiani il film venne proiettato, con grande successo, in due fasi successive (Novecento Atto I Novecento Atto II). Negli Stati Uniti si dovette proporre una sola pellicola ridotta a quattro ore, ma questo film non ebbe successo, principalmente per la sua matrice ideologica e la presenza delle bandiere rosse. Sul set del film, il regista Gianni Amelio girò il documentario Bertolucci secondo il cinema. Durante le riprese, iniziate il 2 luglio 1974, la troupe del film di Bertolucci sfidò più volte a calcio la troupe del film Salò o le 120 giornate di Sodoma, che Pier Paolo Pasolini stava girando nelle vicinanze: tenuto conto che il poeta e regista morì assassinato il 2 novembre 1975, le riprese di Novecento, uscito nelle sale nel 1976, impegnarono Bertolucci per un arco di quasi due anni. Con Gérard Depardieu, Robert De Niro, Burt Lancaster, Sterling Hayden, Romolo Valli, Alida Valli, Stefania Sandrelli, Dominique Sanda, Giacomo Rizzo.

Trama
Nati lo stesso giorno, Alfredo Berlinghieri (De Niro), figlio di proprietari terrieri, e Olmo Dacò (Depardieu), figlio di loro contadini, vivono in parallelo, ma con le differenze dell’appartenenza a due diverse classi sociali, i loro casi personali e gli accadimenti italiani: l’adolescenza, il servizio militare, la Prima Guerra Mondiale, l’avvento del fascismo. Intanto, entrambi si sono sposati. 

Bernardo Bertolucci: “Per me Novecento è un microcosmo, come già lo era un po’ Strategia del ragno. Se si guarda al microscopio un granello di terra, è come se si vedesse l’universo nel grande planetario di un film di Nicholas Ray. Un granello di terra fa sognare e il microcosmo di Novecento dovrebbe essere davvero così: una minuscola regione d’Italia molto ingrandita e dunque per certi versi diventata – parola orribile – universale“.

All’origine di quello che è probabilmente il film più ambizioso ed epico della nostra cinematografia c’è una terra, la bassa Emilia della provincia di Parma specialmente, che l’autore conosce fin troppo bene. Novecento non è un apologo sull’Italia unita, ma un romanzo regionale che ha la capacità di non essere provinciale. Attraverso il background padano, Bernardo Bertolucci trova l’opportunità di creare una saga plebea e nobile al contempo, con un linguaggio personale, sporco e nudo che riesce a non far scadere mai la storia in una narrazione da lunga serialità in costume, oltre i manicheismi e le banalità, le superficialità e i luoghi comuni. Se proprio volessimo seguire la scissione (a scopi commerciali) in primo e secondo atto, potremmo dire che la prima parte è limpida e a momenti nostalgica, e la seconda più selvaggia, politica e mèlo.

Ma il film va considerato nella sua totalità epica, nelle sue fluviali ma mai pesanti cinque ore che abbracciano quarantacinque anni (più breve epilogo con una vecchiaia che si riappropria del liquido amniotico con puerile disillusione) di storia principalmente vissuti in una fattoria che è metafora della lotta di classe (Novecento è un film sul concepimento, la nascita, lo sviluppo e l’apoteosi della lotta classe), annuncio della fine di un’era (non è un caso che Alfredo Berlinghieri senior, l’ultimo vero padrone, sia interpretato da Burt Lancaster, già corpo del Principe di Salina de Il Gattopardo, parabola sulla fine di una idea di vita) e teatro di guerra (dagli opportunismi del mediocre Giovanni, figlio di Alfredo, impersonato da Romolo Valli, alla sfida impari tra la splendida Dominique Sanda e la sgraziata Laura Betti in interni padronali; crescita della consapevolezza socialista tra i contadini Dalcò, con i primi scioperi).

StaFilm su un mondo in lenta decomposizione da una parte e in rapida affermazione di sé dall’altra: è evidente che il suo cuore batta senza compromessi a sinistra (risulta emblematica la grande bandierona cucita con tutte bandiere di diverse tonalità di rosso), ma è anche vero che c’è quasi un certo rispetto nella rappresentazione dell’immobile Alfredo junior, padrone suo malgrado ma incapace di agire perché divorato da un amore infelice, e perfino una sorta di ambiguità nell’eloquenza finale del palese eroe Olmo Dalcò.

Insomma, film estremo e classico al contempo, saga antica e moderna, polifonico (sequenze anche documentaristiche, come lo sventramento del maiale, che danno bene l’idea di cosa voglia dire la vita in campagna) e melodrammatico (l’annuncio della morte di Verdi nell’incipit è programmatica), impreziosito dalla impressionistica fotografia di Vittorio Storaro e da un Ennio Morricone stranamente sobrio (più l’imprescindibile Franco Arcalli nella doppia veste di montatore e sceneggiatore). Ovviamente è un film d’attori, con un cast da far tremare i polsi: i divini Robert De Niro e Gérard Depardieu come protagonisti e portavoce; il titanico confronto tra Burt Lancaster (che trova la morte che il principe Fabrizio non trovava nel film) e Sterling Hayden; la volitiva Stefania SandrelliPaulo BrancoMaria Monti e Giacomo Rizzotra i paesani; la famiglia Berlinghieri con Domenique SandaRomolo ValliAnna Maria Gherardi e Werner Bruhns; le partecipazioni di Alida Valli (una vedova decadente) e Francesca Bertini (una suora poco clericale). Ma, forse, su tutti restano inevitabilmente impressi nella memoria l’agghiacciante Attila (nomen omen) di Donald Sutherland e Laura Betti nei panni della brutale cugina Regina, le figure più dannate, mefistofeliche e crudeli di tutto il cinema italiano: due animali capaci di uccidere chiunque per matta bestialità, secco cinismo e folle calcolo.

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers

  • Anno: 1976
  • Durata: 155'
  • Distribuzione: CG Entertainment
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia, Francia, Germania
  • Regia: Bernardo Bertolucci