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Sole, opera prima scomoda, ruvida e atipica.

Il primo lungometraggio di Carlo Sironi affronta il tema delicato della maternità surrogata e lo fa con uno stile scarno ma assai efficace.

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Sole, il lungometraggio del regista romano Carlo Sironi – figlio d’arte in quanto il compianto padre Alberto è stato fra i registi della fortunata serie televisiva dedicata al Commissario Montalbano – è un’opera prima estremamente interessante, per quanto scomoda, ruvida e piuttosto atipica nel panorama della cinematografia italiana contemporanea.

Presentato all’ultima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, il film è ora disponibile su alcune piattaforme di cinema on demand quali “Apple iTunes”, “Chili”, “Google Play”, “Rakuten” e “TimVison”.

Una vicenda minimale che propone temi forti ed attuali

La vicenda è scarna, minimale, ma ha il grande merito di porre lo spettatore di fronte a temi forti quali quelli dell’emarginazione sociale e, soprattutto, della maternità surrogata, cioè quella pratica assai discutibile di portare a compimento la gestazione di un figlio per conto terzi.

Sironi segue, passo dopo passo, le vicende di Ermanno (Claudio Segaluscio), giovane ventenne che campa di piccoli furti e passa il suo tempo di fronte a una slot machine e di Lena (Sandra Drzymalska), coetanea polacca all’ottavo mese di gravidanza. Fabio (Bruno Buzzi), uno zio di Ermanno, offrirà diecimila euro a Lena affinché la bambina che porta in grembo venga poi affidata dopo la nascita, tramite l’adozione fra parenti, a lui e alla moglie Bianca (Barbara Ronchi), mentre Ermanno, in cambio di denaro, dovrà fingere di esserne il padre per i vari adempimenti legali.

Tutto il film di Sironi, sceneggiato dallo stesso regista insieme a Giulia Moriggi e Antonio Manca con dialoghi ridotti all’essenziale, è racchiuso in questa vicenda. Una storia nella quale domina la solitudine e l’apparente incapacità di Lena ed Ermanno a immaginare un qualsiasi, possibile rapporto affettivo. Due giovani anime alle quali, apparentemente, la vita scorre via senza che esse riescano a comprendere che esiste la possibilità di riuscire ad acciuffarne una parte, magari minima, ma essenziale per non affondare.

Una pellicola che parla di solitudini

Sole, titolo che indica il nome che Fabio e Bianca sceglieranno per la nascitura, è una pellicola che parla di solitudini. Quelle di Ermanno e Lena, soprattutto, ma anche quelle dei due adulti, incapaci ad accettare una vita senza la compagnia di un figlio.  Solitudini esistenziali che sembra non possano avere consolazione. Non vediamo mai un sorriso comparire sul volto dei due giovani protagonisti, sempre indifferenti a quanto ruota loro intorno. Salvo poi rendersi conto, una volta avvenuto il parto, che la nascita della bambina potrebbe rappresentare per entrambi un’ancora di salvezza.

Quasi tutto il film è girato nell’appartamento spoglio dove viene condotta Lena per portare a termine la gravidanza e nel quale Ermanno la chiuderà a chiave ogni qualvolta uscirà per andare a giocare d’azzardo o a compiere i suoi piccoli traffici. L’appartamento e il bar delle slot machine, così come lo studio medico dove Lena viene condotta per le necessarie ecografie al feto, rappresentano delle prigioni. Fisiche ma, soprattutto, dell’anima. Nelle quali non penetra luce a illuminare la povera vita dei due.

Un barlume di speranza tuttavia sorgerà, paradossalmente, durante un blackout. Nel momento in cui, alla tremolante fiammella di una candela, Lena ed Ermanno si renderanno conto di essere reciprocamente attratti e troveranno, l’una nelle braccia dell’altro, un minimo rifugio.

Come afferma il regista in una intervista apparsa su questa medesima testata, il vero senso della sua opera è racchiuso proprio qui: Sole è un film che, pur affrontando l’ingombrante tema delle nascite surrogate, alla fine  lo travalica “interrogandosi sull’amore e sull’innamoramento e, soprattutto, sull’attrazione…”. I due ragazzi non hanno ricevuto affetto nella loro breve vita e “non essendogli mai stato insegnato, all’inizio li vediamo incapaci di donarsi all’altro e ancor più di essere madre e padre”.

Uno stile asciutto e scarno, perfetto a comunicare allo spettatore il vuoto esistenziale dei personaggi

Sole è girato con uno stile asciutto e scarno che ricorda molti lavori dei fratelli Dardenne. Ma, per ammissione dello stesso regista, è molto influenzato anche dal cinema di Robert Bresson. Ed è un film che lascia ben poco all’estetica: la fotografia dell’ungherese Gergely Pohárnok (già direttore della fotografia in Tutti i rumori del mare, Miele, Alaska ed Euforia) è perfetta a comunicare allo spettatore il vuoto esistenziale che attanaglia i vari personaggi, mentre il formato 4:3 utilizzato, ha la reale funzione di concentrarsi su di loro, senza nulla concedere a quanto li circonda.

Tutto il film è percorso da una violenza di fondo che viene esplicitata, soprattutto, nelle incursioni che Bianca compie presso la bambina, comportandosi come se lei fosse la vera madre, indifferente alla sofferenza che, visibilmente, prova Lena.

Da rimarcare, infine la prova attoriale soprattutto della giovane attrice polacca Sandra Drzymalska e di Claudio Segaluscio, giovane attore non professionista, capaci entrambi di comunicare con gli sguardi tutto il malessere che li corrode.

Marcello Perucca

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  • Anno: 2019
  • Durata: 102'
  • Distribuzione: Kino produzioni, Rai Cinema
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia, Polonia
  • Regia: Carlo Sironi