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Film da Vedere

Toby Dammit di Federico Fellini, con Terence Stamp

Nel ’68 Federico Fellini gira un film-cesura che divide la sua filmografia in un prima e in un dopo: Toby Dammit, tratto da Edgar Allan Poe. Il regista affronta un’esperienza densa di presagi su quello che sarebbe stato da lì in poi il suo cinema. Eccellente il protagonista, Terence Stamp

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Toby Dammit è un episodio di Tre passi nel delirio, un film collettivo del 1968, liberamente ispirato a racconti di Edgar Allan Poe, diretto da Federico Fellini, Louis Malle e Roger Vadim. Sceneggiato da Bernardino Zapponi e Federico Fellini, con la fotografia di Giuseppe Rotunno, il montaggio di Ruggero Mastroianni, le scenografie di Pietro Tosi e le musiche di Nino Rota, Toby Dammit è interpretato da Terence Stamp, Salvo Randone, Polidor, Milena Vukotic, Marina Yaru, Antonia Pietrosi, Ferdinand Guillaume, Ernesto Colli, Aleardo Ward, Paul Cooper. Il film contiene dei riferimenti al film Operazione Paura (1966) di Mario Bava, da cui riprende lo stilema visivo della bambina vestita di bianco che maneggia un pallone, presente nel film, insieme a qualche altra soluzione visiva.

Sinossi
Un attore alcolizzato accetta di girare un western all’italiana perché gli viene offerta una Ferrari, ma ossessionato da un inconscio richiamo finirà per trovare la morte dopo una folle corsa.

Nel ’68 Federico Fellini gira un film-cesura che divide la sua filmografia in un prima e in un dopo. Si tratta di Toby Dammit , un mediometraggio di 43’ incapsulato in un film a più mani, di quelli che negli anni Sessanta erano frequenti, incontravano il gusto del pubblico e spesso contenevano autentiche perle miste a prodotti di media caratura. Pensiamo a La ricotta e a Cosa sono le nuvole? di Pier Paolo Pasolini, ad esempio.

Decisamente oltre Roger Vadim e Louis Malle, autori delle altre due parti di Tre passi nel delirio (titolo completo del film), Fellini affronta un’esperienza densa di presagi su quello che sarebbe stato da lì in poi il suo cinema. Intorno a Toby Dammit i due mondi di Fellini si separarono e non è un caso che il primo lungometraggio girato successivamente fosse Fellini-Satyricon (1969), un ritorno al cinema dopo quattro anni di assenza e di crisi.

Toby Dammit nel ’68 era stato un impegno condiviso, meno faticoso di un intero film, ma forse per questo occasione per una pausa di riflessione necessaria, non più procrastinabile. Fellini ha sempre rifiutato etichette politiche, eppure il suo cinema è sempre stato profondamente politico nel senso più vero e profondo del termine. Il suo è un discorso mai interrotto sullo stato dell’arte, sulle sorti del cinema, sul tramonto dell’occidente, sui suoi falsi miti, sull’individuo e le sue mortifere crisi d’identità.

Roma prima di Cristo e dopo Fellini”, fu la frase di lancio del Satyricon, e andò molto oltre il suo immediato intento propagandistico. Satyricon trovava in quel Basso Impero prossimo alla catastrofe le tracce di una storia ciclicamente destinata a ripetersi nel presente, gli uomini e le donne si somigliavano, pulsioni, libidini, sogni e delusioni erano gli stessi. “Si potrebbe dire per esempio che quella di Petronio è una società al tramonto, alla quale seguirà un’epoca nuova, quella cristiana, con un indirizzo nuovo, un linguaggio assolutamente sconosciuto, che lascia gli uomini in un profondo smarrimento. Lo stesso smarrimento, forse, la stessa golosità di vivere, la stessa ricerca sgangherata di oggi di fronte alla sensazione che si sta verificando un mutamento molto profondo, al quale la nostra generazione non è preparata…” diceva Fellini del film.

Lo sguardo lungo di Fellini ne individuò i segni e ne definì le forme con l’esattezza di un matematico e la fantasia di un artista. A partire da Toby Dammit, un breve film che incomprensibilmente risulta il meno conosciuto del regista, quasi perso fra i colossi della sua filmografia, la svolta fu decisiva e densa di conseguenze. Quanto alle collaborazioni non ci sono variazioni, il solito staff storico attornia il regista, così che sceneggiatura, montaggio, musica e fotografia sono sempre a livelli di eccellenza. Quello che mette saldamente le radici nell’anno in cui è girato, il ’68, è il protagonista, Toby Dammit, interpretato da un superbo Terence Stamp. A Fellini si addice, quasi fosse sua, la celebre apostrofe di Majakovskij: “Per voi il cinema è spettacolo. Per me è quasi una concezione del mondo.”

I rossi e i blu saturi di Roma (1971), il cicaleccio volgare e sfrenato prima che crolli il muro di Prova d’orchestra (1979), il percorso di autodistruzione di Casanova (1976), il naufragio di E la nave va (1983), gli enormi saloni onirici dominati da potenti matriarche de La città delle donne (1980) e, infine, il patetico ballo per spettacolini televisivi di Ginger e Fred (1986): in Toby Dammit c’è già tutto e soprattutto c’è Roma, la Gran Madre che soffoca nel suo abbraccio incestuoso. Non è il diavolo con i suoi trucchi ad uccidere Toby, è quella Roma ingorgata, caotica, stracciona e cafona, supponente e ignorante, cresciuta a dismisura in dieci anni, senza che urbanisti e ingegneri potessero arginare, sanificare, migliorare nulla.

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  • Anno: 1968
  • Durata: 43'
  • Genere: Horror, Drammatico
  • Nazionalita: Italia Francia,
  • Regia: Federico Fellini